Governo Renzi: c’eravamo tanto riformati…

di Andrea Antonuzzo

Una riforma al mese, partendo da un lavoro urgente sulle riforme costituzionali ed elettorali entro febbraio; poi a marzo l’emergenza lavoro, ad aprile la riforma della pubblica amministrazione, a maggio il fisco, a giugno la riforma della giustizia”. Ricordate? Tutto doveva essere fatto nei primi cento giorni. La road map annunciata a febbraio dall’allora Presidente del Consiglio incaricato Matteo Renzi avrebbe dovuto invertire la rotta di una crisi economica e sociale senza precedenti, rilanciare consumi e investimenti e modernizzare la macchina burocratica del Paese “dopo vent’anni di stallo”. L’intenzione del nuovo Governo era di “arrivare al semestre di presidenza italiana dell’UE, a luglio, con le richieste che l’Italia fa all’Europa e non solo l’Europa a noi”. Ma quali di queste riforme, a più di sei mesi dall’insediamento del Governo Renzi, sono realmente andate in porto? E in che misura? Vediamo le principali:

LAVORO: della rivoluzione annunciata a marzo con il famoso Jobs Act, che avrebbe dovuto contribuire ad un arresto del tasso di disoccupazione (a luglio al 12,6% secondo l’Istat) si è vista, finora, qualche briciola. Il decreto cd. Poletti (34/2014), convertito in legge a maggio, si occupa della deregolamentazione dei contratti a termine (possibilità di rinnovo senza causale fino a 3 anni, entro un massimo di 5 proroghe; obbligo per le aziende di non superare, a pena di sanzioni, il rapporto del 20% tra dipendenti con contratti a termine e dipendenti a tempo indeterminato), dei contratti di apprendistato (stabilizzazione obbligatoria al 20% nelle aziende con almeno 50 dipendenti; nuove norme sulla retribuzione e sulla formazione professionale), dei contratti di solidarietà e del Documento Unico di Regolarità Contributiva online. Il decreto ha lasciato tuttavia in sospeso alcune questioni cruciali; dagli ammortizzatori sociali, ai contratti di inserimento a tutele progressive, fino allo sfoltimentodella giungla delle oltre 40 forme contrattuali. Questi temi sono oggetto di una legge delega, attualmente in esame alla Camera, la cui approvazione è prevista entro la fine dell’anno;poi spetterà ai decreti legislativi governativi dettare le misure volte a incidere concretamente sull’assetto e la disciplina del mercato del lavoro.

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: Il copione non cambia: in agosto è stato convertito in legge il decreto cd. Madia (90/2014), contenente disposizioni in materia di pensionamenti d’ufficio (per i dipendenti delle P.A., esclusi i magistrati e i professori universitari, che abbiano raggiunto il massimo dei contributi pensionistici e i 62 anni d’età), mobilità obbligatoria (fino a 50 km dalla sede in cui i dipendenti prestano servizio, esclusi gli aventi diritto ai congedi parentali e i soggetti tutelati dalla legge 104/1992), divieto di conferimento di incarichi di consulenza a titolo oneroso a personale in quiescenza, assunzioni nei Vigili del Fuoco e nuove norme sul turnover. Il decreto, inoltre,conferisce maggiori poteri all’Autorità nazionale anticorruzione in materia di contratti d’appalto a rischio, mentre si limita a un vademecum per l’informatizzazione dei procedimenti amministrativi in materia edilizia e per l’avvio di attività produttive. Per il resto, il cuore della riforma, soprattutto in materia di semplificazione e razionalizzazione degli uffici pubblici e taglio delle società partecipate, sta nel disegno di legge delega che verrà discusso in Senato da settembre. Anche in questo caso, quindi, non sarà possibile valutare risultati tangibili fino all’adozione dei decreti legislativi.

SCUOLA: In attesa di essere sciolto resta anche il nodo di quei 4000 insegnanti che avevano maturato il diritto alla pensione nel 2012 ma che per un errore della legge Fornero sono rimasti bloccati. Il Governo, dopo la bocciatura di un emendamento al decreto sulla P.A., aveva promesso che il problema sarebbe stato inglobato nelle “linee guida” sulla scuola, la cui presentazione era prevista per il CdM del 29 agosto (era stata annunciata una “bomba” che avrebbe “stupito tutti”), ma alla fine tutto è slittato a data da destinarsi, insieme alla discussione su una riforma complessiva del sistema scolastico (la quarta negli ultimi anni).

GIUSTIZIA: Dopo le linee guida di giugno, il CdM del 29 agosto ha licenziato, insieme al decreto cd. “sblocca-Italia”, la riforma della giustizia. Il pacchetto presentato dal ministro Orlando prevede: un decreto legge per le questioni urgenti relative alla giustizia civile, dal dimezzamento dell’arretrato alla riduzione dei tempi del processo di primo grado attraverso interventi sui termini processuali, dalla selezione della domanda di giustizia (competenza in materia di divorzi e separazioni ad altre autorità, laddove siano consensuali, e incentivi a nuove forme di arbitrato e negoziazione) a una maggiore specializzazione dei tribunali per le cause relative a imprese e famiglie;i ddl e ddl delega dovrebbero invece intervenire sulla responsabilità civile dei magistrati (tema sempre spinoso), sui tempi del processo penale (riduzione dei tempi dell’udienza preliminare e razionalizzazione dei ricorsi in appello), sul contrasto alla criminalità economica (reintroduzione del falso in bilancio e nuovo reato di autoriciclaggio) e sulla pubblicazione delle intercettazioni non aventi rilevanza penale (altra questione non proprio pacifica). Manca invece per ora un intervento organico e radicale sulla disciplina della prescrizione nei processi penali. C’è da scommettere che per quei provvedimenti che toccano questioni politicamente nevralgiche l’iter parlamentare sarà tormentato e pieno di insidie.

Al netto dell’interminabile discussione che tiene banco ormai da mesi sulle rifome costituzionali ed elettorali, e volendo trarre un bilancio complessivo di questi mesi, la sensazione, emersa dopo le prime settimane di consueta “luna di miele”, è che la straordinaria macchina delle promesse e degli annunci, battuti ai ritmi forsennati della comunicazione politica a suon di twit, slide e pesciolini rossi, abbia cominciato ad ingolfarsi e a perdere qualche colpo: il termine di cento giorni per realizzare le riforme si è dilatato a mille; le annunciate riforme epocali hanno finora partorito decreti legge contenenti alcune misure urgenti, mentre la soluzione dei nodi cruciali è stata affidata a leggi delega o addirittura linee guida, con prospettive di operatività molto dilatate nel tempo. Sarà davvero questa #lavoltabuona?

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