Rinnegare se stessi.

a cura di Giuseppe Venneri –

Desidero aprire questo articolo con un omaggio all’Europa, nel giorno del quattordicesimo anniversario della proclamazione della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, riportandovi una parte del suo preambolo:

Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà; l’Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

L’Unione contribuisce al mantenimento e allo sviluppo di questi valori comuni, nel rispetto della diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli europei, dell’identità nazionale degli Stati membri e dell’ordinamento dei loro pubblici poteri a livello nazionale, regionale e locale”.

Nell’emozionante lettura di queste significative parole, tutti noi, cittadini europei, non possiamo astenerci da una profonda riflessione circa l’effettiva realizzazione di tali principi costitutivi della nostra Europa.

A tal proposito, ho deciso di porre alla vostra attenzione un fatto (simbolico) accaduto questa settimana in quel di Bergamo, dove il preside dell’Istituto comprensivo “De Amicis” ha deciso di vietare l’allestimento del Presepe, ritenendolo  “discriminatorio” verso quegli alunni che professano un’altra religione, nonostante l’insurrezione dei genitori che hanno manifestato l’intenzione di raccogliere le firme affinché il preside ritiri questo provvedimento. Una polemica che si ripete ogni anno, se non qui in altre scuole italiane, e che genera sempre vivaci discussioni.

Prima di entrare nel merito della vicenda, è necessario focalizzarsi sul significato e sulla storia del “corpo del reato”, il Presepe.

La derivazione etimologica di tale termine è da far risalire al Vangelo di Luca, secondo il quale: “Mariapeperit filium suum primogenitum, et pannis eum involvit, et reclinavit eum in praesepio: quia non erat eis locus in diversorio.”

In questa accezione, “praesaepe” viene concepito nel senso di “grebbia”, “mangiatoia”, per indicare l’umile luogo in cui, secondo le Sacre Scritture, Maria ha dato alla luce Gesù. Ed è proprio nella stessa denominazione che si riflettono i significati che sono strettamente collegati alla tradizione del Presepe. La nascita di Gesù avvenne in circostanze drammatiche: Dio volle farsi uomo nascendo come un povero figlio di “migranti” privi di dimora, costretti prima a cercare alloggio in una stalla, “perché non c’era posto per loro nell’albergo” (secondo il Vangelo di Luca), e poi a rifugiarsi in Egitto per sottrarsi ad una persecuzione assassina, quella del re Erode.

Al di là del suo significato religioso, il presepe ha anche il valore “laico” di rievocazione storico-artistica della nascita di un grande maestro di vita, il cui insegnamento, fondato sui valori di libertà, solidarietà e fratellanza, ha largamente orientato l’evoluzione della civiltà umana divenendo il fondamento costitutivo della civiltà europea: ragion per cui anche nel mondo non cristiano si accetta di contare gli anni dalla data convenzionale della sua nascita.

La tradizione del Presepe si fa convenzionalmente risalire a San Francesco d’Assisi che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione della Natività. La scena ci è tramandata grazie alla celebre rappresentazione pittorica di Giotto (vedi immagine) e alla breve descrizione di Tommaso da Celano, cronista della vita di San Francesco: « si dispone la greppia, si porta il fieno, sono menati il bue e l’asino. Si onora ivi la semplicità, si esalta la povertà, si loda l’umiltà e Greccio si trasforma quasi in una nuova Betlemme ». Questa tradizione si diffuse, così, durante tutto il Medioevo fino a radicalizzarsi più profondamente nelle varie regioni, durante il Settecento, assumendo connotati e caratteristiche peculiari nelle rispettive terre, dando vita alle molteplici tradizioni presepistiche ereditate sino ai giorni nostri: da quella napoletana a quella bolognese, passando, poi, per quella provenzale e quella catalana. Nel corso dei secoli, il Presepe è, così, diventato un fattore culturale profondamente radicato nei popoli europei, che ha contraddistinto l’identità degli stessi, anche al di là del suo originario significato religioso.

Tornando all’avvenimento in questione, a mio avviso, non ci sono, alla luce di quanto detto, ragioni che facciano pensare che una tale rappresentazione possa minimamente essere uno strumento di offesa e discriminazione. Il metodo adottato dal preside – e da tutti gli altri soggetti in circostanze analoghe – comporta, inoltre, una formazione del fanciullo basata su un approccio “ideologico” alla conoscenza del mondo esterno, tipico del divieto e della censura, e non “critico”, tipico del dialogo. E proprio in ciò consiste il vero ostacolo alla integrazione e ad una convivenza fondata sulla tolleranza e il rispetto.

In conclusione, richiamando il preambolo della “Carta di Nizza”, l’Europa, oggi più che mai, deve costruirsi e reggersi su quella tavola di valori condivisi che accomunano le diverse culture delle genti del Vecchio Continente. La realizzazione di una società multiculturale non deve poter comportare in nessun caso la rinnegazione della propria cultura, delle proprie radici e, quindi, la rinnegazione di noi stessi.

 

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