Non si uccide in nome di Dio.

a cura di Nicola Pigna –

Non erano ancora del tutto digerite le immagini cruente che circolavano in mondovisione sulle decapitazioni perpetrate dai terroristi dell’Isis, che siamo, per l’ennesima volta, posti dinanzi ad un macabro episodio di cronaca nera che vede come protagonisti esponenti dell’integralismo islamico. Questi eventi non possono che condurci ad una profonda e doverosa riflessione sul rapporto che sussiste tra il mondo occidentale e il mondo dell’Islam. A tal proposito, viene alla mente un libro molto duro di Oriana Fallaci che ho riletto quest’estate mentre provavo a capire perché la reazione occidentale fosse stata così inefficace nel contrastare il terrorismo dopo l’11 settembre.

Credo che l’Islam sia una complessissima realtà che non insegna molto di diverso rispetto al Vangelo.  Almeno nelle intenzioni. Credo, piuttosto, che tutte le volte che si sia posto Dio al centro di questioni politiche di carattere globale, siano generate conseguenze catastrofiche. La pretesa superiorità spirituale ha, infatti, da sempre creato conflitti, anche entro i seguaci dello stesso Dio.

Quanto a noi Cristiani, abbiamo poco da dire e tanto da farci perdonare. Crociate, Guerre di religione o stermini sono stati il più grande sacrilegio che si potesse compiere con il Vangelo in mano. Ebbene tutto quel sangue, tutte quelle guerre, tutto quel dolore ci hanno aiutati a maturare. Ci hanno ridato la forza di guardare all’uomo nella sua sacralità, nella sua uguaglianza, nella bellezza della sua diversità e nella profondità del suo essere, prescindendo da come si vorrebbe che fosse. L’uomo ha dignità suprema perché è creato a immagine di Dio, questo insegna la dottrina cristiana. Quel grande folle di Gesù, per parafrasare Erasmo, altro non ha fatto che dare a questo mondo un tratto di maggiore umanità. Ha insegnato valori rivoluzionari che la storia non conosceva e che il mondo aveva paura di attuare. Ebbene proprio per questa paura si sono commessi, nel nome di Dio, i peggiori misfatti, le più aberranti distruzioni, le più oppressive diseguaglianze. La commistione di potere e religione è nefasta quando la cultura dell’assoluto nega la grammatica della critica. Discernere tra bene e male è l’opposto dell’adesione ideologica.

Marx, dal canto suo, aveva ragione nel vedere nella religiosità cieca, miope e immatura un potente narcotico per i popoli. La Bibbia, e tanti testi sacri di altrettante religioni, ci insegna che la scelta di fede deve essere libera, autonoma. D’altronde l’unica religione ad ammettere il libero arbitrio è la cristiana, anzi mi si lasci dire la cattolica poiché in talune famiglie protestanti si parla ancora di “predestinazione” lasciando alla libertà dell’uomo di volersi salvare una marginalità drammaticamente inesistente. Quindi la cultura ha un ruolo fondamentale nel consentire alla coscienza di formarsi, di crescere e di scegliere. L’onestà intellettuale è un’esigente pratica che impone l’ascolto, l’incontro, il vaglio critico, ma sempre e comunque il rispetto. Penso che i paesi islamici siano solo all’inizio di un percorso di maturazione che li porterà ad uscire dai loro schemi verso una proposta di fede più libera e rispettosa delle scelte dell’individuo. Non è difficile immaginare che l’incontro con la cultura Occidentale faccia bene all’Islam almeno quanto alla Cristianissima Europa fece bene l’Illuminismo.

Concludo queste mie brevi riflessioni con una provocatoria riflessione di Oriana Fallaci tratte dal libro succitato. In larga parte, quanto dice la scrittrice è di difficile apprezzamento, ma traccia un quadro nitido di uno scontro di civiltà già in corso da qualche decennio, almeno nelle sue forme moderne.

Oggi è una giornata triste per l’informazione e per chi ama quel mondo. Gli eventi di Parigi lasciano aperta una ferita nel cuore dell’Europa e di chi ama il giornalismo e lo sente come missione.

Oriana Fallaci, da “La rabbia e l’orgoglio”: “A me dà fastidio perfino parlare di due culture: metterle sullo stesso piano come se fossero due realtà parallele, di uguale peso e di uguale misura. Perché dietro la nostra civiltà c’è Omero, c’è Socrate, c’è Platone, c’è Aristotele, c’è Fidia. C’è l’antica Grecia col suo Partenone e la sua scoperta della Democrazia. C’è l’antica Roma con la sua grandezza, le sue leggi, il suo concetto della legge. Le sue sculture, la sua letteratura, la sua architettura. I suoi palazzi e i suoi anfiteatri, i suoi acquedotti, i suoi ponti, le sue strade. C’è un rivoluzionario, quel Cristo morto in croce, che ci ha insegnato (e pazienza se non lo abbiamo imparato) il concetto dell’amore e della giustizia. C’è anche una Chiesa che mi ha dato l’Inquisizione, d’accordo. Che mi ha torturato e bruciato mille volte sul rogo, d’accordo. Che mi ha oppresso per secoli, che per secoli mi ha costretto a scolpire e dipingere solo Cristi e Madonne, che mi ha quasi ammazzato Galileo Galilei. Me lo ha umiliato, me lo ha zittito. Però ha dato anche un gran contributo alla Storia del Pensiero: sì o no? E poi dietro la nostra civiltà c’è il Rinascimento. C’è Leonardo da Vinci, c’è Michelangelo, c’è Raffaello, c’è la musica di Bach e di Mozart e di Beethoven. Su su fino a Rossini e Donizetti e Verdi and Company. Quella musica senza la quale noi non sappiamo vivere e che nella loro cultura o supposta cultura è proibita […]. Ed ora ecco la fatale domanda: dietro all’altra cultura che c’è? Boh! Cerca cerca, io non ci trovo che Maometto col suo Corano e Averroè coi suoi meriti di studioso.

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