Intervista all’On. Prof. Antonio Martino.

A cura di Paolo Fontana, Valerio Forestieri ed Emilio Mazzeo –

Siamo nella sede della Fondazione Einaudi a colloquio con un ospite di eccezione, l’On. Prof Martino.  Ex Ministro degli Esteri e della Difesa nei Governi Berlusconi, già deputato di Forza Italia e del Popolo della Libertà, vanta anche una carriera accademica di altissimo profilo. Economista di fama internazionale, è stato l’allievo prediletto di Milton Friedman a Chicago. Ricordiamo inoltre il suo passato da docente e Preside della nostra Università e possiamo affermare, senza tema di smentita, che si tratta di uno dei massimi intellettuali liberali viventi, in Italia e non solo. Per queste ed anche per altre ragioni questa chiacchierata che il Professore ha voluto concederci è per noi motivo di particolare emozione. Iniziamo questa nostra intervista con una domanda che è pressochè obbligata, considerando che prima dell’elezione di Sergio Mattarella quello dell’On. Prof. Antonio Martino era stato uno dei nomi ipotizzati per la successione a Giorgio Napolitano.

Professore, si sente più onorato per essere stato indicato da Silvio Berlusconi quale candidato dei moderati alla Presidenza della Repubblica, oppure più deluso per il fatto che la Sua candidatura non sia poi stata effettivamente portata avanti?  

Mi ha fatto certamente piacere che  Berlusconi abbia pensato a me come candidato alla Presidenza della Repubblica, ma ancora più mi ha fatto piacere che  quando lo ha detto ai parlamentari di Forza Italia è  partito un applauso fragoroso. Deluso dal fatto che poi non abbia effettivamente sostenuto la mia candidatura non lo sono, perchè non ho mai veramente creduto che lui si sarebbe  impegnato in quella battaglia, tanto che quando alla “zanzara” mi chiesero quale commento facessi, dissi che si trattava di uno scherzo da prete (sorride, ndr).

Questa intervista ha luogo nel particolare contesto dell’apertura della Scuola di liberalismo della Fondazione Einaudi. Che cos’è il liberalismo oggi ? E’ possibile una riunificazione politica dei liberali? C’è una forza politica che sia veramente  in grado di dare cittadinanza alle istanze della cultura liberale?  

Guardi, la mia impressione è che l’elettorato italiano sia in grande maggioranza di centrodestra. Certamente non è di sinistra. Una gran parte di questo elettorato non di sinistra però non va più a votare,  in parte deluso dalla mancata realizzazione della rivoluzione liberale promessa e in parte schifato dal fatto che a rappresentare le nostre idee siano state mandate persone che spesso non erano liberali, e che talvolta non erano nemmeno presentabili. Inevitabilmente questo ha alienato le simpatie del nostro elettorato. Oggi, il problema di chi vuole impedire il ritorno di un dominio assoluto della sinistra è di cercare di riportare alle urne queste persone. Per raggiungere questo obiettivo servirebbero tre elementi che oggi non ci sono: un insieme di idee chiare, concrete, credibili, calendarizzate e condivise, che costituiscano un programma politico; persone che sappiano battersi per queste idee e che per capacità personali e professionali siano considerate presentabili dai potenziali elettori; una organizzazione in grado di combinare questi due fattori. Oggi purtroppo questa organizzazione non c’è, perché Forza Italia è in una situazione di grave crisi organizzativa, economica e anche di leadership, perché Berlusconi, sia per motivi giudiziari che per motivi di età, non ha più in mano il controllo completo di questo organismo. Quindi si deve trovare un altro modo per dare cittadinanza alle istanze liberali. Potrebbe essere fatto anche in Forza Italia, ma bisognerebbe che Berlusconi o si facesse da parte o si attivasse per consentire gradatamente un ricambio della classe dirigente.

Secondo Lei nella Destra italiana si riuscirà ad avere un cambio di rotta nella linea politica?

Dal punto di vista della politica bisogna considerare due elementi. Per l’immediato, il quesito è il seguente: “Deve ancora Berlusconi mettersi d’accordo con Renzi nell’ambito di questo c.d. Patto del Nazareno, per ottenere qualcosa in cambio, oppure no?” Ma questo è un discorso complicato che preferisco non affrontare. Il punto che mi interessa è invece un altro, ossia stilare un programma di cambiamento dell’Italia in modo che sia assolutamente comprensibile da tutti, che sia impegnativo per chi lo presenta e che venga sottoscritto dal maggior numero di soggetti politici, che però poi una volta arrivati al Governo non lo accantonino (usa un termine più colorito, ndr), come invece è accaduto troppe volte negli ultimi vent’anni.

Norberto Bobbio nel saggio “Destra e Sinistra” pensava di poter tracciare una linea di netta demarcazione ideologica tra i due poli antitetici della politica italiana. Matteo Renzi ha travalicato la concezione di Bobbio non soltanto nella prassi, ma dichiaratamente, come ha ribadito in occasione della nuova ristampa dell’opera del filosofo torinese. Esistono, dunque, ancora differenze tra destra e sinistra? Se sì, quali ? 

Guardi, le rispondo indipendentemente dal saggio di Bobbio. Una volta a sinistra c’erano i convinti assertori della sovranità popolare, quelli che credevano nella democrazia; a destra invece stavano coloro che non ci credevano e che magari simpatizzavano per i colonnelli greci. Oggi invece è esattamente il contrario, perché quelli che credono nella sovranità popolare stanno a destra.

 Secondo Bobbio a sinistra credevano nell’uguaglianza tra gli uomini, mentre a destra nella disuguaglianza.

Questo aspetto interessava  Bobbio perché ai suoi tempi era all’ordine del giorno, a me invece preme ancora sottolineare la situazione attuale e le profonde differenze rispetto a quella del passato. Prima a sinistra c’erano i libertari e i garantisti, mentre a destra viceversa c’erano i forcaioli. Oggi è il contrario, perché i forcaioli sono a sinistra e i libertari sono a destra. Una volta a sinistra c’erano coloro che ritenevano necessario un profondo cambiamento – anche rivoluzionario- della società; ora quelli che vogliono cambiare la società non stanno più a sinistra, ma a destra. Quelli che difendono lo status quo sono i sinistri! Quindi i forcaioli, i conservatori  e i reazionari sono a sinistra, mentre i liberali, i garantisti e i democratici sono a destra, ed è per questo che noi potenzialmente potremmo avere la maggioranza.  E’ cambiato completamente il mondo! Ricordo che prima del 1994 Tiziana Maiolo era deputata di Rifondazione Comunista; era così libertaria da volere la liberalizzazione delle droghe, e stava a sinistra. Poi alle elezioni del  ‘94 si presentò con noi, perché aveva immediatamente percepito che a sinistra era cambiato il vento! Alberto Asor Rosa ha scritto che al tempo del Governo Berlusconi carabinieri e polizia avrebbero dovuto rovesciare il governo per garantire la democrazia, perché per la sinistra c’è democrazia solo se al Governo ci sono loro, altrimenti non c’è.

E’ la presunzione di superiorità morale rispetto all’avversario che ha per decenni caratterizzato buona parte della Sinistra italiana.

Fortunatamente è un fenomeno che si sta diradando. Piuttosto è incredibile quello che sta succedendo con la disgustosa sudditanza della politica nei confronti dell’abuso di potere di un pugno di procuratori. Non tutta la magistratura, perché la magistratura sana esiste ancora. Ma quello che più rileva è la magistratura militante, che difende i privilegi dei magistrati e quindi ottiene anche le simpatie di quelli che non condividono le stesse idee, e che poi vuole sopraffare la politica e intromettersi nel potere legislativo. Sono arrivati al punto di arrestare un parlamentare di Forza Italia per far venir meno un voto alla maggioranza di  Governo.  Sono cose che una volta erano inconcepibili.

Cambiamo tema. Dal cambiare l’Italia passiamo al cambiare l’Europa. Suo padre, Gaetano Martino, fu tra i promotori dell’Unione Europea. Come immagina l’Europa tra vent’anni? Si arriverà a realizzare uno Stato federale –come era nel progetto originario- oppure il processo di integrazione è destinato ad arrestarsi?

Guardi, mio padre organizzò da Ministro degli Esteri la Conferenza di Messina esattamente 60 anni fa, l’1 e il 2 giugno 1955. Lo fece perché l’anno prima il parlamento francese non aveva ratificato il Trattato della Comunità Europea di Difesa (CED), e lui voleva rilanciarla. Si trovavano a 10 anni dalla fine della guerra. Gli uomini di quelle generazioni erano stati segnati da due guerre mondiali catastrofiche e soprattutto dalla scomparsa dell’Europa come attore protagonista nelle relazioni internazionali. Prima del 1914 il termine “civiltà” non aveva il plurale, c’era solo la civiltà europea, e poi c’erano altri modi strani di vivere. Dopo il 1945 l’Europa era diventata -come disse un americano-  “the most valuable real estate in the world”.  Dunque che cosa volevano loro? Volevano la pace e che l’ Europa ridiventasse il centro del mondo. Avevano provato l’unificazione politica, ma la CED era fallita; allora, nella notte di quel 2 giugno, pensarono di utilizzare l’integrazione economica come strumento sia per arrivare alla pace, sia per giungere all’unificazione, quando eventualmente i tempi fossero stati maturi. Tutto questo poi diede vita alla Conferenza di Venezia del ‘56 e al Trattato di Roma del ‘57 di cui mio padre fu firmatario. Se lui vedesse oggi quello che l’UE ha fatto in nome dell’ideale europeo, si rivolterebbe nella tomba!  Io non sono euroscettico come mi hanno sempre definito, io sono ferocemente anti-Unione Europea, perché sta screditando il più nobile ideale che la Storia abbia offerto all’Europa nel ventesimo secolo, realizzando in nome dell’Europa delle porcherie ingiustificabili! I tempi non erano maturi per l’unificazione politica nel 1955 e non lo sono nemmeno oggi, perché non c’è nessuno Stato membro dell’Unione, nemmeno il Lussemburgo, che sia disposto a rinunciare alla propria sovranità nazionale in materia di difesa o di politica estera. La signorina Mogherini occupa un posto totalmente e perfettamente inutile, perché non esiste una politica estera dell’Unione Europea e fondamentalmente non esiste nemmeno l’Unione Europea. Mi spiego meglio. Gli Stati Uniti d’America –che sono cinquanta stati- non sono meno uniti perché ogni Stato ha una targa automobilistica diversa.  L’Unione Europea invece, non potendo unificare un bel niente, ha pensato di introdurre una targa automobilistica uguale per tutti. Vogliono persino inventarsi una patente europea! Lei conosce la storia della Direttiva UE in materia di preservativo? Mise molto in imbarazzo l’allora Ministro della Sanità italiano, che nel recepire la Direttiva indicò una lunghezza maggiore di quella europea; questo fece montare –a livello europeo- la questione del motivo per cui il nostro Ministro della Sanità aveva ritenuto che gli italiani avessero bisogno di un po’ più di spazio (ride, ndr). Guardi, negli Stati Uniti circola la stessa moneta. Tutti gli Stati usano il dollaro, ma ognuno è libero di seguire la politica tributaria e di bilancio che crede. In Texas, per esempio, non esiste l’imposta statale sul reddito; il bilancio è in ottime condizioni e l’economia è in rapida crescita. I lavoratori si spostano dalla California per andare a lavorare nel Texas, e il tasso di interesse che il Texas paga sui suoi titoli è molto basso. La California invece è in dissesto: le finanze sono sfasciate, ha fatto un welfare state costosissimo e il tasso di interesse sui titoli californiani è molto alto. Tuttavia io non ho mai sentito un americano preoccuparsi per lo spread tra i titoli di stato californiani e quelli texani. Questa è assolutamente una invenzione da dementi, che ritengono che se un Paese dell’Unione Europea non è in grado di pagare i suoi debiti debba essere un altro Stato a pagarli. Ma quando mai in America a qualcuno verrebbe in mente che i texani si dovrebbero comprare i titoli di stato californiani, o che la FED dovrebbe stampare quattrini per comprare titoli di stato californiani?? Quello che sta facendo Draghi con il “quantitative easing” è una cosa pericolosissima, perchè ha preso questa decisione sulla base delle informazioni di oggi, che sono vecchie di tre mesi. Ebbene, l’adozione di una data politica monetaria non produce i suoi effetti immediatamente, ma con un certo ritardo. Talvolta anche dopo diciotto o ventiquattro mesi. Da qui ad allora la situazione sarà totalmente diversa. Non è affatto detto che curerà i nostri guai attuali, e potrebbe anzi rendere più gravi i nostri problemi del futuro.

Sappiamo quanto i suoi tempi siano stretti, quindi chiudiamo con un flash su cosa significhi essere liberali nella quotidianità. Cosa caratterizza l’etica liberale?

Un liberale è convinto che la libertà di un uomo abbia il solo limite nell’uguale libertà dell’altro.  Un giudice della Corte Suprema americana disse che “la mia libertà di tirare un pugno è limitata dalla prossimità della tua mascella”. Anche i tre tradizionali principi della giustizia del diritto romano –honeste vivere, alterum non laedere e suum cuique tribuere–  si riassumono tutti nel secondo, perché non danneggiare l’altro significa vivere onestamente e pagare i propri debiti. Alterum non laedere non è solo un principio di diritto romano, ma è anche l’etica liberale. Posso fare quello che accidenti mi pare, purchè non rechi danno all’altro. L’etica liberale è questa. Essere liberali significa essere: conservatori, per difendere le libertà già acquisite; radicali, per conquistare le libertà ancora negate; reazionari, per recuperare le libertà che sono andate perdute; rivoluzionari, quando non c’è alternativa alla rivoluzione per ritornare ad essere liberi; progressisti, sempre, perché senza libertà non c’è progresso.

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