L’accordo Usa-Iran sul nucleare punto per punto. Le paure e le speranze.

 

a cura di Riccardo Malavolti – 

Mai, dalla rivoluzione del 1979, Stati Uniti e Iran erano stati così vicini. A Losanna, l’incontro sul programma nucleare tra l’Iran e i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Stati Uniti, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia) più la Germania (5+1) si è concluso il 2 aprile, 48 ore dopo la scadenza inizialmente prevista, con un accordo. Accordo di carattere provvisorio, che permetterà alle delegazioni di continuare a negoziare fino al 30 giugno per raggiungere una soluzione definitiva. “È una storica intesa, preverrà la bomba nucleare. “Se arriveremo a un accordo finale, gli Stati Uniti, i nostri alleati e il mondo saranno più sicuri”, queste le parole di Barack Obama all’indomani dell’accordo. “Se l’Iran mentirà il mondo lo saprà” ha aggiunto il Presidente USA con il chiaro intento di tranquillizzare il fronte dei “nemici dell’accordo”.

I nemici dell’accordo sono interni ed esterni ai paesi negoziatori. A Washington un buon numero di esponenti politici, soprattutto repubblicani, considera l’accordo come un tradimento allo storico legame con Israele e con l’Arabia Saudita. A Teheran invece l’accordo viene da molti percepito come la riapertura del dialogo con gli Stati Uniti e l’Occidente e questo, in un sistema che sull’opposizione al “Grande Satana” ha costruito le proprie fondamenta politiche e istituzionali, desta preoccupazioni e malumori. Ma i grandi nemici dell’accordo sono esterni, e si trovano tutti non troppo distanti dall’Iran. Non sono infatti per niente soddisfatti del risultato negoziale l’Arabia Saudita ed i sui alleati del Golfo (Bahrain, Qatar, Emirati, Oman). Questi paesi vedono nell’accordo un mutamento di strategia dell’Occidente nei confronti del loro nemico esistenziale e sono pronti ad aumentare a dismisura la loro conflittualità con Teheran. Parimenti insoddisfatto è Benjamin Netanyahu, che ha impostato l’ultima vittoriosa campagna elettorale in Israele sulla minaccia del terrorismo e del nucleare iraniano. Per Netanyahu e buona parte dell’establishment politico israeliano la Repubblica Islamica è una minaccia esistenziale permanente: è ciò che l’Unione Sovietica fu per gli Stati Uniti durante la guerra fredda – un fattore di coesione sociale e geopolitica. Arabia Saudita e Israele, che quindi capeggiano l’opposizione al patto, fanno presente che l’accordo provvisorio raggiunto a Losanna non impedirebbe all’Iran di arrivare un giorno all’ordigno nucleare.

Per capire, è necessario elencare i punti salienti dell’accordo di Losanna:

  1. Arricchimento: Per un periodo di 15 anni l’arricchimento non potrà superare il 3,67%, mentre le scorte di uranio arricchito saranno ridotte da 10 tonnellate a 300 kg. Nessuna nuova struttura per l’arricchimento sarà costruita in questo intervallo temporale. L’Iran dovrà inoltre diminuire di due terzi il numero delle centrifughe installate, portandolo a 6.104, delle quali solo 5.060 impegnate nel processo di arricchimento e le altre mantenute come scorta operativa.
  2. L’impianto sotterraneo di Fordo sarà convertito in un centro scientifico civile e non potrà essere impiegato per l’arricchimento dell’uranio o con attività a questo connesse per i prossimi 15 anni.
  3. L’arricchimento dell’uranio iraniano potrà avvenire solo nell’impianto di Natanz, attraverso le 5.060 centrifughe di cui al punto 1.
  4. Le centrifughe saranno quelle di prima generazione (IR-1) e il processo di arricchimento potrà durare 10 anni. Le mille centrifughe IR-2 attualmente presenti a Natanz saranno rimosse e custodite sotto la sorveglianza dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica. L’arricchimento attraverso le centrifughe IR-2, IR-4, IR-5, IR-6 e IR-8 sarà sospeso per 10 anni, mentre si potrà condurre una limitata attività di ricerca su tali centrifughe, a condizione però di portare la tempistica di breakout per la costruzione di un ordigno a un minimo di un anno.
  5. Ispezioni: Pieno accesso dell’ Aiea alle strutture di Natanz e Fordo e a tutta la catena dei rifornimenti del programma nucleare, dalle miniere ai depositi.
  6.  L’Iran ricostruirà un nuovo reattore ad acqua pesante ad Arak, in base a criteri concordati con il 5+1 e non in grado di produrre materiali utili per la costruzione di ordigni. Il vecchio sistema centrale del reattore sarà distrutto e trasferito all’estero, allo stesso modo dell’uranio impoverito.
  7.  Non verranno costruite nuove centrali ad acqua pesante per i prossimi 15 anni e non saranno accumulate scorte di acqua pesante in eccesso rispetto a quelle del normale fabbisogno della nuova centrale di Arak ai sensi del punto 6.
  8. Sanzioni: Le sanzioni relative al nucleare di USA e Unione Europea verranno sospese, a condizione che l’Iran si attenga a quanto previsto nel testo dell’accordo e previa verifica dell’ Aiea. Le sanzioni delle Nazioni Unite, invece, verranno revocate al momento dell’applicazione da parte dell’Iran di tutte le specifiche previste nell’accordo. Tutte le altre sanzioni degli Stati Uniti relative al terrorismo, alla violazione dei diritti umani e allo sviluppo del programma missilistico restano invece confermate e valide.
  9. La moratoria nell’arricchimento dell’uranio durerà 10 anni, cui far seguire un accordo di più lunga durata. L’arresto dello sviluppo delle infrastrutture necessarie al processo invece 15. Le ispezioni si protrarranno oltre tali scadenze fino a un massimo di 25 anni. L’Iran si impegna in questo arco di tempo a non recedere dal Trattato di non Proliferazione.

In sostanza, in cambio di rigidi controlli internazionali sul programma nucleare iraniano, Stati Uniti, Unione Europea e Nazioni Unite toglieranno parte delle sanzioni che attualmente soffocano l’economia di Teheran. L’Iran manterrà il programma nucleare ad un livello abbastanza basso tale che, se decidesse di rompere l’accordo, necessiterebbe di un anno per produrre la bomba. Questo darebbe agli USA ed ai suoi alleati un lasso di tempo sufficiente per reagire. Ad ogni modo l’accordo di Losanna è ancora un testo di princìpi senza valore vincolante. Nessuno ha firmato nulla. Ma è un testo così dettagliato da far capire che un’intesa è vicina ed ormai nessuno dei contraenti del patto vuole perdere la faccia. Entro il 30 giugno l’Iran e i paesi del 5+1 dovranno produrre il testo definitivo dell’accordo e sottoscriverlo. Poi partirà la fase, che durerà circa 2 anni, dell’implementazione delle disposizioni, che graverà quasi esclusivamente sulla Repubblica Islamica.

Se il 30 giugno verrà firmato un accordo definitivo, potrebbe proseguire il disgelo tra Usa e Iran, complicando i già incrinati rapporti che legano la Casa Bianca a Israele e Arabia Saudita e incidendo sulla competizione regionale tra quest’ultima e l’Iran. In uno scenario simile, l’aumento della tensione in Medio Oriente è più che un’ipotesi. Ma il sogno di ogni presidente americano –specie se a fine mandato- è quello di guadagnarsi un posto nella storia, e Obama non differisce dai suoi predecessori sotto questo punto di vista. Dopo decenni di guerre senza vittoria in Afghanistan e Iraq, le negoziazioni con Teheran sono l’esempio della nuova politica estera americana: diplomatica, multilaterale e aperta al dialogo con i nemici (vedi Cuba). Lo sviluppo dei negoziati nei prossimi mesi misurerà il successo o il fallimento di tale politica, e forse anche di tutta la presidenza Obama.

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