L’importanza di chiamarsi Abu Bakr

A cura di Giulio Menichelli –

Dopo cinquant’anni di voti espressi “croce sulla croce” certo siamo il popolo meno adatto a dire che la politica non ha nulla a che fare con la religione, anche perché, è inutile prendersi in giro, i due fenomeni sono molto più che strettamente collegati. Ma quando ha avuto inizio questa situazione, questo inscindibile connubio tra due “discipline” così diverse tra loro? Rispondere “c’è sempre stato!” sarebbe ancora più sciocco e semplicistico che negare la stessa esistenza di questo stretto rapporto, tuttavia si possono fare alcune considerazioni che trovano fondamenti storici cronologicamente sparsi per dimostrare che il fenomeno è tutt’altro che passeggero e occasionale, ma è, al contrario, ben radicato e frequente nella storia dell’umanità.
In primo luogo non va dimenticata la duplice natura dei sovrani dei popoli dell’età antica, e l’esempio forse più facile ed immediato è proprio l’Antico Egitto: il faraone infatti era considerato nient’altro che l’incarnazione di Horus, secondo la versione maggiormente accettata figlio di Iside e Osiride, vendicatore del padre e, dopo la riunione delle Due Terre, Unificatore dell’Alto e del Basso Egitto. Il faraone era quindi considerato un dio in terra, al punto che gli stessi sacerdoti officiavano come suoi delegati. Procedendo verso tempi relativamente più recenti, va senza dubbio menzionato l’episodio della battaglia tra Costantino e Massenzio che segnò l’inizio di una nuova fase del Principato. Questo episodio è ricordato però, più che per la rilevanza politica dell’esito della battaglia, per un evento raccontato con scetticismo da Eusebio di Cesarea, autore dell’opera Vita di Costantino, ossia la visione dell’imperatore di una grande luce e di una scritta: Ἐν Τούτῳ Νίκα, più nota nella sua traduzione latina In hoc signo vinces. Indipendentemente dalla veridicità o meno della visione, ciò che sappiamo essere vero è che Costantino usò quel simbolo, facendolo disegnare sugli scudi dei suoi soldati, e che il suo esercito vinse, probabilmente perché per i soldati di Massenzio era troppo difficile e blasfemo colpire il Chi-Ro, simbolo di una religione così di moda tra le classi meno agiate, e quindi tra i soldati che si scontrarono in quel massacro sul Ponte Milvio. Gli episodi più interessanti sono avvenuti forse in età medioevale, primo fra tutti l’incoronazione di Carlo Magno Sacro Romano Imperatore, in realtà assoggettato al Papa; per proseguire con le varie crociate, sfogo della violenza latente del periodo feudale mascherate da guerre sante volte a riconquistare il Santo Sepolcro. In pieno rinascimento talvolta è accaduto il contrario, ossia che i Papi abbiano assunto nomi di antichi condottieri per ottenere credibilità e prestigio presso le corti europee, in particolare Papa Borgia (Alessandro, come il macedone) e Papa Della Rovere (Giulio, come il grande Cesare). E ancora, tralasciando le varie esperienze protestanti, tanto quella anglicana, quanto quelle di origine tedesca, si può vedere anche come chi ha ripudiato la religione sia stato sconfitto: ad esempio Napoleone si è condannato a morte lo stesso istante in cui si è incoronato da solo alla presenza di Pio VII.
Come si può ben vedere la storia è quindi piena di episodi in cui politica e religione sono strettamente collegati, tanto nel cristianesimo quanto in altre religioni, tuttavia l’opinione oggi prevalente tra la gente comune è che dopo il secolo breve, che con le sue ideologie ha distrutto tutto ciò che restava in piedi del vecchio ordine mondiale, la religione sia diventata un mero passatempo per taluni figuri profondamente bigotti e annoiati. Ebbene, non vi è nulla di più falso di ciò, tant’è che il Papa rimane una delle figure più influenti al mondo, così come altre autorità religiose quali il Dalai Lama. Figure che si pongono ad esempio per i fedeli della propria religione ed in qualche modo per tutti gli esseri umani grazie alla loro testimonianza e al loro operato. Ma la religione non può limitarsi a questo ruolo residuale di testimonianza benefica al giorno d’oggi, la religione, nel bene o nel male, continua ad avere un ruolo fortemente politico.
Dopo questa lunga ma necessaria premessa è tempo che io renda fede all’accordo stipulato nell’intitolare questo articolo. L’IS ha un successo sempre maggiore nel mondo islamico, specialmente tra alcuni giovani musulmani dei paesi occidentali, seppur la maggior parte dei teologi di diverse correnti sostengano che la fede proclamata da Al-Baghdadi sia eretica e molto lontana dalla corretta interpretazione del Corano, e che le sue azioni siano tutt’altro che per la maggior gloria di Dio. Il successo di questa organizzazione terroristica non va però ricercato nel suo messaggio religioso o patriottico, ma nei simboli religiosi utilizzati dal suo leader per ottenere consensi. Ibrāhīm ʿAwwād Ibrāhīm ʿAlī al-Badrī al-Sāmarrāʾī, secondo una sua biografia laureato in studi islamici ad al-Aʿẓamiyya, ben lungi dal rischiare una perdita di popolarità cadendo nell’arroganza proclamandosi Mahdi, ha scelto di utilizzare uno pseudonimo particolare, che è il nome con cui lo conosciamo, Abu Bakr. Questo nome è infatti lo pseudonimo di un altro personaggio importante nella storia dell’Islam, forse il più importante dopo il Profeta stesso, e la grande cultura di Al-Baghdadi gli ha permesso di creare un legame molto stretto con questa personalità, che è stata il suocero di Maometto, ma soprattutto il primo Califfo. Lo Stato Islamico ha infatti scelto la forma del Califfato, e il Califfo Nero ha scelto di essere il Primo Califfo dell’ordine restaurato, primo come era stato il suo omonimo, il cui nome significa appunto “colui che fa le cose per primo”. Mettendo da parte per un momento il merito, seppur ricordando che in realtà non si può identificare una religione con l’operato di alcuni suoi seguaci, cosa che troppo spesso accade ad opera anche di personaggi politici opportunisti e di dubbia cultura, va riconosciuto che la campagna propagandistica di Abu Bakr è decisamente ben fatta. Il prodotto è ben venduto, specialmente ad una clientela di giovani che rifiutano il modello d’origine occidentale e cercano qualcosa di ben più radicale e affascinante, come può essere massacrare gli infedeli per riconquistare una terra da troppo tempo promessa.
Ma la colpa del successo dell’IS è della società occidentale che non solo non ha tenuto fede alle sue promesse territoriali, ma che neanche riesce a porsi come buon modello per tutti i suoi membri, perciò anche nello stato, nella città, nella famiglia più laica, c’è una persona pronta ad essere persuasa, anche inconsciamente, con la letale, immortale ed eterna arma del simbolismo religioso, ritenuto per troppo tempo obsoleto e innocuo.

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