La vergogna greca

a cura di Valerio Forestieri- 

E’ dunque questa la grande democrazia? Questo è il vostro Pericle? Questa è la culla della civiltà della cui gloriosa luce il mondo si imbeve? Il risorgimento dei popoli, l’orgoglio nazionale, la caparbia rivendicazione della dignità son questo misero spettacolo? Già è calato il sipario? E i miti, la storia, l’atavica saggezza d’una cultura remota, son serviti a tanto? I giovani greci che impugnavano la lancia dorica contro il titanico nemico, che alzavano lo scudo al cielo oscurato dalla pioggia dei dardi, hanno già capitolato? La ribellione è stata sedata senza colpo ferire? Non c’è stata vittoria di Pirro, non c’è stata alcuna vittoria per gli Epiri stavolta. Sono stati battuti a mani basse, sfiancati dalla fame. Son durati poco a dir il vero; hanno fatto un gran chiasso, ma il loro peana si è rivelato stridulo ed effimero. Ora si canti pure il coraggio con cui i greci hanno resistito una manciata di giorni, estremi difensori di ideali che la storia- a cui hanno dato inizio, ma dalla quale sono stati presto obliati- ha debellato. Si ignorino, con buona pace della verità, le forche sotto le quali sono stati costretti a strisciare. Si finga di ignorare la debacle che hanno subito e la genuflessioncella che hanno fatto questuando denaro. Ne abbiamo bisogno: il mito è necessario. Non altrimenti potremmo spiegarci come un popolo, dopo aver rifiutato una proposta di accordo meno onerosa ( circa 8 miliardi di tagli), accetti, cinque giorni dopo, pesi ben maggiori ( 12 miliardi di tagli, senza, fra l’altro, particolari modifiche ai diktat che Bruxelles aveva definito nella precedente proposta). Tsipras, il campione dei social-populisti europei, dismessa la maschera da novello Pericle, indossa oggi delle vesti che calza più comodamente: quelle di Efialte. Traditore due volte del suo popolo: traditore del mandato ricevuto nelle elezioni di Gennaio, traditore del mandato ricevuto nel referendum. Il suo fido scudiero, invece, fine conoscitore della lirica antica, ha già gettato lo scudo. Quello della Grecia non è il racconto del trionfo della democrazia nell’epoca tecnocratica. E’ piuttosto il resoconto della sua sconfitta più vergognosa, è la cronaca di una resa incondizionata davanti allo spettro dell’inedia, il cui volto truce non tollera velami ideologici. Se il governo non avesse indetto il referendum o se il popolo si fosse espresso positivamente, i greci avrebbero almeno conservato la dignità: avrebbero potuto rivendicare di aver deciso con onore il proprio destino,di essersi assunti le responsabilità che la situazione richiedeva, di aver liberamente scelto di soffrire la ristrettezza per assolvere il proprio debito. Nessuno dimenticherà, invece, che i greci subiscono riforme imposte contro la loro volontà : non soltanto patiscono un’infamante sconfitta ma, dopo aver vituperato il nemico in ogni modo, si gettano oggi alle sue ginocchia implorando clemenza e, soprattutto, denaro.

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