Il mio EXPO: tra poca visione, abbastanza sensibilizzazione e tanta speranza.

A cura di Marco Ingiulla –

Mettendo da parte l’ipocrisia di alcuni Paesi, ho vissuto il mio EXPO come il tentativo, inteso in termini internazionali, di attuare una campagna di sensibilizzazione collettiva, capace di includere il giovane studente ed il professionista, la nonna che dal profondo della sua età si sforza di capire, le giovani famiglie. Insomma, ho visto EXPO Milano 2015 come un bel progetto che, al di là dell’ aspetto economico senza dubbio ingente (grandi le spese, ma grandi anche le aspettative di rientro, soprattutto grazie ad una politica economica che ben poco concorre a combattere la cattiva alimentazione e la fame nel mondo, con prezzi che non scendono sotto i 10 euro) deve rappresentare un punto di partenza infarcito di speranza e buoni propositi. Mi auguro che coloro i quali hanno visitato i padiglioni non abbiano solamente goduto dei colori e dei profumi -oltre che delle migliori innovazioni in ogni ambito e degli oltre 130 Paesi che hanno aderito ad uno degli eventi più attesi dell’anno- ma che abbiano ricercato un messaggio, quello vero. Personalmente, ho dato poca importanza al punto di vista estetico, tralasciando molti padiglioni ed improntando le mie visite su occhiate distratte a strutture delle quali, per dover di cronaca, è giusto sottolineare la perfetta organizzazione e la grande modernità, nonostante capitasse anche di incappare in padiglioni riempiti “a forza”, che poco avevano a che fare con i temi prestabiliti, ma che hanno di certo contributo a fornire dignità ad ogni Paese.

Sensibilizzazione ,dicevamo. C’è stata: senza dubbio importante per aprire al pubblico nuovi teatri, tradizionali e culturali; essa rischia, al contempo, di diventare pratica fine a se stessa, se priva di attuazione. Speranza, infine, alla quale – riprendendo convenzioni linguistiche tipiche di una social generation come la nostra – attribuirei un solo hashtag : . Ammetto che la carta di Milano, situata nello splendido Palazzo Italia, emblema – a mio avviso – dell’innovazione architettonica italiana, è stata l’unico elemento in grado di farmi apprezzare realmente EXPO Milano 2015. Preso da uno spiccato buonsenso e da un lieve patriottismo, ho avuto il piacere e l’onore di sottoscrivere il documento attraverso la mia firma digitale, nell’auspicio che possa realmente servire a qualcosa di concreto, oltre ad accrescere ulteriormente un numero che non potrebbe far altro che diventare motivo di vanto per il politicante di turno, se utilizzato male.
Proprio per questo, con religioso tono, sento di aver formulato una sorta di “invocazione alla speranza “, e quindi:
SPERO che realmente le belle parole spese trovino una concreta realizzazione in ambito sociale ma soprattutto lavorativo ed imprenditoriale, nel rilancio di un Paese che, ora più che mai, necessita di una spinta istituzionale;
SPERO proprio che gli imprenditori – a mio avviso tra i principali responsabili dell’attività economica nazionale – trovino il coraggio di aprirsi a determinate scommesse e rischiare sul futuro, sul nuovo;
– SPERO che il discorso relativo all’ autotrazione ad idrogeno esca definitivamente dalle vetrine delle esposizioni per entrare a far parte della quotidianità della vita urbana, offrendo importanti occasioni di risparmio e riduzione di inquinamento ;
SPERO, infine, che ogni cittadino, ognuno di noi, apprenda realmente il significato del termine “rispetto”, tanto per la natura, quanto per il cibo – restando in tema – e tutte quelle risorse che l’uomo stesso sta rischiando di far sparire definitivamente dalla faccia della Terra.

Tutto il resto è storia, e contorno. Dietro ogni padiglione, solo paninerie a base di wurstel e ketchup, il McDonald a sponsorizzare un evento in cui vige il concetto di “corretta alimentazione”, gli spettacoli acquatici e pirotecnici ogni ora, le pizze a 10 euro: viva il capitalismo.

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