Europa, quo vadis?

A cura di Paolo Fernandes

Come qualsiasi sportivo da divano che si rispetti può confermare, quando durante la finestra di mercato una squadra compra troppo, lo fa con foga e quasi solo per danneggiare le concorrenti, e alla lunga è destinata a saltare. Adesso, lancette indietro all’1 maggio 2004: si uniscono all’Unione Europea molti dei Paesi del blocco ex URSS, l’Europa si espande, fagocita l’Est. A 10 anni da quella frettolosa campagna acquisti, guardando indietro, si può con certezza dire che il risultato non è stato esattamente brillante: veti, ostruzionismi, squilibri economici ed in ultimo antieuropeismi hanno a lungo trovato e trovano la loro dimora in quei paesi. Paesi che il motto “insieme nella diversità” sembrano averlo interpretato decisamente a modo loro. Certo, i problemi che l’Unione affronta oggi vengono da lontano, da dentro e da fuori e sicuramente non solo dalle bianche vette dei Carpazi o dalle colline della Moravia. Ma è altrettanto evidente che l’Europa, la voglia di Europa, viaggiano a due velocità, ad est come ad ovest. Ed è palese che sia necessario prenderne atto ed ammettere che il processo di unificazione quantitativa abbia arenato quello di unificazione qualitativa. L’Unione, tuttavia, non è disarmata. Il TUE ed il TFUE, infatti, prevedono uno strumento la cui portata potrebbe essere dirompente: la cooperazione rafforzata. Nove stati possono accordarsi per portare avanti un’integrazione più stretta in materie non di competenza esclusiva dell’Unione, e quindi praticamente su quasi tutto quello che non è libero mercato, superando eventuali ostruzionismi. È arrivato il momento di rendersi conto che molte diversità, nelle contingenze attuali, sono insuperabili. Finora le cose sono andate discretamente, ma adesso è necessario iniziare a costruire un blocco forte, omogeneo e convintamente europeista di membri che continuino l’inevitabile processo di integrazione, con intorno un’ampia area di paesi parte del grande mercato libero. Come elettroni che orbitano intorno al nucleo e che, volendo, possono da questo essere attratti. Una soluzione salomonica che rappresenta l’unica via percorribile. Proseguire sul sentiero che si è imboccato, remare in direzione contraria al percorso tracciato dai vari Spinelli e Monnet potrà infatti soddisfare le esigenze di alcuni, compiacere altri, ma alla lunga l’esito sarebbe più che scontato: il naufragio del sogno euro-unitario. Vogliamo davvero questo? Abbiamo davvero bisogno di questo?

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