Morto per la libertà

A cura di Giulio Menichelli

 

Cara Mamma,

il mio destino è ormai segnato, l’ho capito quando giorni fa mi hanno preso. Stamattina le guardie sono venute e hanno detto a me e agli altri prigionieri che ci uccideranno domattina all’alba.

Sono stanco di combattere, e molto stanca è anche la nostra Patria, testimone di questa guerra fratricida. Ci combattiamo come i più acerrimi nemici, come se fossimo stranieri che non si sono mai incontrati se non per scambiarsi bombe e fucilate, eppure parliamo la stessa lingua, abbiamo le stesse tradizioni, veniamo da famiglie simili. Come noi anche loro hanno madri e padri che aspettano ansiosi, spesso invano, il loro ritorno a casa. Come noi anche loro rischiano la vita tutti i giorni per combattere questo conflitto civile che di civile non ha nulla. Italiani, noi e loro, continuiamo a pagare alla terra l’amaro tributo, che è fatto del sangue dell’Italia e dei suoi figli.

Siamo stati tutti molto sfortunati: i fascisti combattono per un uomo che li ha ingannati, che ha ingannato tutti noi; i miei compagni e io si è dovuto imbracciare le armi per opporsi ad un regime ingiusto e per riconquistare la libertà, che dovrebbe essere garantita in ogni paese civile.

La mia morte per mano fascista, cara genitrice, nulla varrà a cambiare le cose. Non permetterà che questo regime infame continui a perdurare sulla nostra amata terra natia. La vittoria è vicina, la libertà incombe su di noi ansiosa di tornare nella terra che prima l’ha generata.

Madre mia, non piangere per me, ridi invece! Sono destinato a diventare un martire! Un giorno i miei fratelli si ricorderanno di me, e di perché oggi ti scrivo questa lettera. Si ricorderanno del perché siamo morti in tanti a causa di questo nero morbo che affligge le nostre città.

E se non dovessero ricordarsi di noi, non sarà importante. Noi sapremo perché siamo morti. Sapremo di aver dato la vita per un ideale tanto alto da valerla: la libertà di questo paese per le generazioni a venire.

Ricordo ancora la canzone che cantavo con i miei compagni quando, ahimè, sono partito e ti ho lasciata. Quella canzone mi ricorda perché domani morirò,

Perché la fede che ci accompagna sarà la legge dell’avvenir

Tuo figlio, un partigiano.

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