Oasis: how to be Supersonic?

A cura di Martina Vetere

“Were not arrogantWe just believe were the best band in the world”
(Noel Gallagher)

Chi non ha mai sentito parlare dei fratelli Gallagher, protagonisti indiscussi del britpop, guest stars degli strabilianti anni 90, idoli indiscussi di una generazione di transizione, una band con un piede nella musica rock-pop (colpevoli i Beatles) degli anni 70 e con un altro troppo avanti nei moderni anni duemila? 
Famosi per aver rivoluzionato completamente il “come fare musica”, per aver riempito gli stadi sebbene partiti da zero, per essere diventati l’icona della ribellione, della strafottenza, del successo… tutto questo e molto altro sono stati Liam e Noel Gallagher. 
Noel, amante della musica da quando nasce, comincia a comporre canzoni nella solitudine della sua cameretta, soddisfatto e felice dei suoi testi, senza desiderare di più. 
Liam, pazzo scatenato, folle di natura, trascorre le sue giornate fumando uno spinello e deridendo il fratello che non fa altro che strimpellare “with that damn guitar”. 
La storia dei fratelli Gallagher, di come siano nati gli Oasis e di come allo stesso modo si siano sciolti, ci è stata raccontata nel film-documentario Supersonic, che abbiamo avuto il piacere di vedere nelle sale dei nostri cinema dal 7 al 9 novembre. 

Non potevo perdermelo per niente al mondo e ve lo consiglio spassionatamente.
Liam decide di fondare un gruppo agli inizi degli anni 90, dopo aver sbattuto la testa molto forte: Liam odiava la musica, odiava sentire il fratello suonare, ma credeva di avere la stoffa del cantante, rivalutò la sua voce e capì di sentirsi troppo figo per non fare il front-man di una band. 
E’ vero, aveva la voce, particolare e unica; era di bella presenza, le ragazze sarebbero morte per lui; ma gli mancava qualcosa…lui non aveva le parole. 
E in tutta Manchester c’era solo una persona che con le parole non sbagliava mai.
Quella persona era suo fratello Noel.
Liam allora in poco tempo raggruppò qualche amico- Paul McGuigan al basso, Paul  Arthurs alla chitarra e Tony McCarroll alla batteria- e non si sa come magicamente convinse il fratello ad aggiungersi, accettando probabilmente di lasciare il posto da “capo” a Noel, e così nacquero gli Oasis. 
Chiunque conosca gli Oasis conosce benissimo anche la loro storia: due di tre fratelli in quadretto familiare poco accogliente, con problemi economici e un padre violento e alcolizzato, Liam e Noel sono cresciuti con la madre a suon di gelosia e litigi. Entrambi adolescenti difficili, inclini alla ribellione, alle risse, amavano la droga, la nullafacenza, erano sicuri di sé e noncuranti del mondo circostante. 
Effettivamente non erano i “giusti” idoli, perché di certo non rappresentavano i valori di una normale società borghese, ma di certo sapevano comunicare qualcosa, sapevano parlare al pubblico, sapevano farsi odiare e amare da chiunque, tutti parlavano di loro. 
Gli Oasis sono sinonimo di cambiamento, erano la band più innovativa e diversa di sempre, a loro non interessava essere amati, non volevano piacere. Volevano la gloria, volevano fare musica, volevano divertirsi e godersi la vita.
Divennero nell’arco di pochissimi anni i veri protagonisti della musica mondiale, i celebranti e i celebratori di un fenomeno unico che ha come apice assoluto il concerto di Knebworth.                                          

Ricordo che la prima volta sentii una loro canzone per caso, spiando tra la musica di mio fratello più grande. Avevo 13 anni, non capivo niente di musica, forse meno di quanto ne capisca adesso, ma amavo sentirmi coccolata dalle note di una canzone: ascoltai prima Stop Crying your Heart Out  – Cause all of the stars are fading away, just try not to worry, you’ll see them someday –  e poi fu la volta di Wonderwall, che ancora oggi è la mia canzone preferita. 
Questi due pazzi scatenati, inconsapevolmente, quel giorno, seduta alla scrivania di mio fratello, attraverso una cassa anche un po’ distrutta, mi hanno gridato in faccia “Todaaay is gonna be the daaaay”. Ed io che ho sempre amato leggere fra le righe, ho pensato che ce l’avessero con me e che forse mi volevano dire “Marti stai attenta, perché ogni giorno deve essere un giorno speciale, un giorno nuovo, un giorno giusto, un giorno da non sprecare, un giorno da vivere”. 
La musica degli Oasis mi ha fatto crescere e soprattutto mi ha fatto compagnia nei momenti più pazzi o malinconici della mia vita, e rivedere la loro storia al cinema è stato emozionante.
Gli Oasis volevano dire qualcosa e hanno raccontato molto e nonostante l’innegabile odio profondo fra i due fratelli, they don’t look back in anger perché, come più volte gli stessi hanno confermato, “gli Oasis non sarebbero esistiti se non fossimo stati insieme”. 
“Insieme” è stata la chiave vincente della best band in the world, la stessa chiave che, dopo quindici anni di concerti, feste, soldi e altrettanti scandali, ha chiuso la serratura della loro musica per sempre. 
Alla fine ti chiedi “How many special people change?” e ti accorgi che qualche volta non sono le persone che cambiano, ma è il tempo che passa e devi riconoscere a te stesso che forse non sei più disposto ad accettare certi compromessi, anche se si parla di tuo fratello: ed ecco che la stagione Oasis volge al termine, con un boom finale e una “chitarrata” sulla testa.

Liam e Noel sono stati i grandi Supersonic della nostra musica perché ci hanno insegnato che

You need to be yourself

You can’t be no one else

… e che solo in questo modo 

Your’re gonna live forever” 

come loro, che sebbene sciolti da ormai troppi anni, rimangono in vita grazie ai loro testi e all’amore che, nonostante tutto, è rimasto impresso e vivo nelle loro canzoni. 

E’ vero che per essere grandi bisogna sempre essere in due ed è anche vero che è complicato riuscire a vincere certe emozioni, andare contro se stessi. Liam e Noel alla fine si sono arresi alla loro rabbia, al loro essere diversi. 
Non hanno forzato le cose perché, come dicono in un loro grande pezzo, 

 “All we know is that we don’t know 
Howit’sgonnabe

Please brother let it be, 
Life on the other hand won’t make you understand

We’re all part of the masterplan”. 

E noi fan, pur a malincuore, abbiamo accettato la disfatta degli Oasis e abbiamo imparato una lezione importante: per quanto possa essere difficile, dobbiamo essere noi stessi, dobbiamo portare avanti le nostre passioni, combattere e costruirle mattoncino per mattoncino ogni giorno. Anche se siamo zero domani potremmo diventare cento o addirittura mille, e sapete perché? Perché..
Whatever you do

Whatever you say

You know it’s all right
e anche se tutto cade a pezzi (come in Falling Down, Dig out your soul, 2009) 
Some might say 
We will find a brighter day”.

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