L’immigrazione, le “f***e bianche” e i presìdi della Democrazia

A cura di Giulio Menichelli

“Direttore, io gliela canto una bella canzone, però in napoletano, dedicata a lui e a tutti quelli come lui: jatevenne!”

Così, qualche sera fa, Alessandra Mussolini a Bello Figo SWAG, nel programma di Rete4, condotto da Maurizio Belpietro, Dalla vostra parte. La risposta è già diventata uno dei momenti storici della televisione italiana. Il web non parla d’altro, se non del Referendum, che pure, per un giorno, è stato accantonato in favore del dab di Bello Figo in faccia all’esponente di Forza Italia.

Ma chi è Bello Figo, e cosa rappresenta?

Premetto che non avrei mai immaginato di scrivere questo articolo. Seguo Bello Figo da alcuni anni, e mi è sempre stato difficile immaginare che un personaggio di questo tipo potesse diventare tanto importante da concentrare, anche solo per poco, l’attenzione dell’intero Paese su di sé.

Bello Figo SWAG, già Gu, anche noto come Paul Verkel e con altre dozzine di nomi, è un personaggio trash che ha ottenuto la sua fama, come molte figure di questo tipo, in seguito ad un’intervista con il controverso Andrea Diprè nel 2013. Di origini ghanesi, Bello Figo canta di una vita di svaghi, di spensieratezza, non sempre usando termini eleganti e politicamente corretti, e lo fa insieme alla sua crew, i suoi amici, che condividono questi temi anche quando si presentano da soli. Cos’hanno tutti in comune? Sono immigrati, di prima o di seconda generazione. Sono tutti ragazzi di colore, e non mancano di ricordarlo in tutte le loro opere, attribuendo al colore della loro pelle a volte dei meriti, altre volte delle caratteristiche negative, nel qual caso dicono di essere bianchi.

Da un po’ di tempo a questa parte, Bello Figo e i suoi non si limitano più a cantare della loro bella vita in Italia, fatta di macchine, vestiti costosi, soldi, ragazze: infatti hanno cominciato a intitolare le loro canzoni ad altri personaggi dello spettacolo e, soprattutto, della politica, non sempre attuali. Così hanno cantato di quanto loro siano simili a Barbara D’Urso, Carlo Conti, Bruno Vespa, Berlusconi, Renzi, Grillo, Obama, Putin, Hitler e, non ultimo, Mussolini. Tuttavia i temi fondamentali non sono cambiati, e la risonanza mediatica non è punto aumentata.

Invece, nell’ultimo anno, il rapper trash ha iniziato a trattare temi decisamente più delicati e attuali, non mancando tuttavia di usare espressioni inappropriate, e di esporre concetti molto controversi. Specialmente la svolta nello stile della crew è stata quella di concentrarsi sulla loro situazione di immigrati, e di immedesimarsi, seppure in senso evidentemente satirico, nei profughi. Una di queste canzoni, forse la prima di questo tipo, recita: “Sono bello come profugo / sono venuto in Italia perché c’è la pasta / mentre nel mio paese c’è guerra”. E poco dopo: “Tutti sanno che / dobbiamo chiudere frontieri / così non entra più nessuno /basta così!”

Eppure la reazione da parte dell’opinione pubblica, in particolare da chi avversa il fenomeno migratorio, ha tardato ad arrivare. Solo pochi giorni fa, infatti, Bello Figo ha ricevuto l’invito di Belpietro a partecipare alla sua trasmissione. La sua interlocutrice principale, Alessandra Mussolini.

Il tema di cui si parla è l’immigrazione. Ad essere sotto accusa, la canzone Non pago affitto, in cui si dice: “Tutti i miei amici son venuti con la barca / swag, barca. / Appena arrivati in Italia abbiamo casa, macchine, f***e. / Io non faccio operaio / non mi sporco le mani perché sono già nero.”

Tutto ciò per i vari ospiti è totalmente inaccettabile. Ma come? Rispetto delle donne e le si tratta così, incitando lo stupro? I nostri concittadini lavorano duramente e questi li prendono in giro? 35 euro al giorno? Gli italiani nelle tende e gli immigrati negli hotel? E così via per un quarto d’ora di confronto irrealistico tra politici, abitanti di Rosarno, italiani in difficoltà e questo giovanissimo rapper che un giorno ha deciso di divertirsi prendendo tutti quanti in giro.

Perché Bello Figo non è di parte. Prende in giro la xenofobia della destra più battagliera tanto quanto il buonismo della sinistra più internazionalista. E l’ha dimostrato più volte, anche nella campagna referendaria, con la canzone Referendum Costituzionale in cui ha motivato il suo Sì con temi decisamente nelle sue corde, cioè le ragazze promesse da Renzi, il posto negli alberghi a quattro stelle, i 35 euro quotidiani e la pasta con il tonno.

Quello che fa Bello Figo, seppur in modo non sempre (anzi, quasi mai) elegante, è sacro: produce la satira forse più forte ed efficace che si vede in questo paese da un po’. Bello Figo è un eroe della democrazia, un ardente difensore dell’articolo 21 della nostra Costituzione, che nel marasma generale di questi giorni è stato lasciato da parte. Egli non può non essere libero di esprimere il suo pensiero, perché, così facendo, ci ricorda da un lato l’infimità dei nostri istinti basilari, dall’altro la situazione critica in cui versa il nostro paese e la nostra politica. Per questo Bello Figo non merita un rimprovero, ma un encomio, in quanto è simbolo di una libertà che, pur se riconosciamo sempre più spesso, neghiamo quando non ci fa più comodo.

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