Fuoco e fiamme per un anno, cenere per trenta.

A cura di Roberto Vigorita-

“Il legno è, in sostanza, un magazzino di energia solare. Le foglie degli alberi agiscono come piccoli pannelli solari che assorbono l’energia irraggiata dal sole, utilizzandola per convertire acqua, anidride carbonica e minerali in materia organica, il legno. Accendere un fuoco di legna significa liberare questa energia.
Due cose sono necessarie perché il legno bruci: ossigeno ed alta temperatura. Perché una stufa bruci il legno efficacemente deve mantenere alta la temperatura interna e provvedersi di ossigeno sufficiente per consumare quanta più legna e gas possibile.
Quando il legno brucia, passa attraverso tre fasi di combustione: 1. L’umidità evapora dal legno per azione del fuoco circostante. Qualunque legno contiene una certa percentuale di umidità. 2. Aumentando la temperatura, il legno si decompone in gas volatili e carbone. Il legno prende fuoco ad una temperatura compresa tra i 260°C ed i 315°C, bruciando la carbonella ed una piccola percentuale dei gas. 3. I gas e il carbone bruciano. Il carbone comincia a bruciare emettendo calore tra i 540°C ed i 705°C, riducendosi in cenere. In questa fase si produce la maggior parte del calore sfruttabile. I gas volatili si accendono tra i 600°C ed i 650°C, purché abbiano sufficiente ossigeno.”
Ripenso parecchio alle mie recenti letture, soprattutto tenendo conto degli avvenimenti a me rimasti particolarmente impressi. Capo d’Orlando, provincia di Messina, sera di ferragosto. Stavo tornando dalla cena con i miei amici, più satollo che lucido, quando, attraverso il panorama delle case, scorgo nell’altura non troppo distante leggeri crepitii e schiocchi, accompagnati dal color arancione acceso delle fiamme. Davanti a me si profilava uno spettacolo dalla notevole bellezza, perché si sa, anche nella sua morte, la natura è affascinante. L’anello di fuoco dalla notevole dimensione, che mi rimase talmente impresso da popolare le mie ricerche da internauta nelle successive giornate, si scoprì essere doloso, causato da ignoti, con un modus operandi, dalla particolare efferatezza. Un gatto, incendiato, e lasciato libero nella natura, era l’arma del delitto.
Quello che si pone come principale interrogativo la gente comune, come me, è il perché di tanta attività necessariamente nociva. Preoccupanti i dati della Protezione Civile, “da gennaio più di 700 interventi aerei sollecitati contro i 447 del 2007. Dal 15 giugno 432 le richieste d’intervento finora ricevute, contro le 308 del 2007 e le 261 del 2012” che dimostrano la incalzante urgenza del fenomeno.
Nel piccolo si potrebbe giungere all’idea di qualche incendiario, isolato perlopiù, che soddisfa un qualche piacere di natura ancestrale, che solo i primi ominidi, all’alba di una notevole scoperta, hanno in esclusiva sperimentato. Ma c’è già chi legge diverse trame, e particolari moventi, più “freddi” ed economici, dietro alle gare di appalto per la collocazione degli innumerevoli canadair impiegati nelle operazioni di messa in sicurezza. Si tratterebbe della Babcock Mission Critical Services Italia – sede legale a Milano e sede operativa a Colico, in provincia di Lecco, interamente posseduta da una società di diritto spagnolo -, della Airgreen, della Elifriulia, della Heliwest, della Eliossola, della Elitellina, della Star Work e della stessa Associazione Elicotteristica Italiana. Sommando i fatturati 2016 delle prime sei si sfiora quota 250 milioni di euro. Ma queste sono solo speculazioni e rimarranno tali, sino ad un intervento dell’AGCM.
D’altro canto, diceva Ray Bradbury in Fahrenheit 451, “Il fuoco è brillante, il fuoco è pulito”, ma non il fumo che ne scaturisce.

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