La mia vita senza i social

A cura di Marcello Galliani-

Mi chiamo Marcello Galliani ed oggi sono trascorsi tre mesi dalla data in cui è cessata la mia esistenza.

Vi starete chiedendo com’è possibile che un soggetto defunto sia in grado di scrivere un articolo di giornale, mi spiego immediatamente.

Non sono, infatti, come sembrerebbe da quanto finora detto, morto, ma ho semplicemente deciso di lasciare il mondo attuale, quello dei social.

La discesa agli inferi 2.0, invero, ha molte cose in comune col trapasso.

La prima similitudine è il fatto che la tua età, per la maggior parte della gente, resta quella della data del decesso: io, per esempio, ho 21 anni e, per certi soggetti, li avrò per sempre.

Secondariamente nelle relazioni interpersonali divieni un’entità. I tuoi amici e conoscenti sono e resteranno pressoché gli stessi, ma compiangeranno la tua assenza, ricorderanno il tuo fulgido umorismo, i tuoi Meme e tutto ciò che riguarda il tuo ex profilo FB. Per le persone nuove, invece, non sarai altro che uno spettro, un apolide della rete che esiste solo per l’istante di una foto. Le foto, sì, quelle cose che, più di tutte, ti faranno sentire un fantasma: il fatto di non poter essere taggato, ti renderà inesistente in una eventuale istantanea in cui verrai immortalato e, spesso, ti troverai, a dover aspettare che i tuoi amici e conoscenti facciano la foto da postare sui social.

Ma, dunque, dati tutti questi aspetti negativi, perché ho deciso di perpetuare questo suicidio sociale? Sono, forse, un masochista?

Probabilmente, in parte sì, ma la realtà è che credo che tutte le finalità di Facebook siano state tradite.

Mi ricordo che, quando mi iscrissi per la prima volta al social network più famoso del mondo, mi dissero che era un buon mezzo per comunicare con gli amici che si trovano lontano. Mi sono accorto ben presto che così non è. È utile, ai fini della nostra disamina, la storia di una mia ex compagna delle elementari che, d’ora in poi, chiameremo Lin, per mantenere l’anonimato. Lin si trasferì all’estero subito dopo le elementari, prima in Cina, poi in Inghilterra. Aggiunsi Lin su Facebook convinto che fosse questo il fine maggiore del Zuckerberg. Lei mi accettò immediatamente, ci scambiammo gli auguri di compleanno i primi due anni, poi, dopo anni di indifferenza, proprio a luglio di quest’anno, Lin mi eliminò dagli amici. La questione mi diede fastidio, ma fino ad un certo punto, mi dissi che in Inghilterra Facebook è visto in modo diverso. In realtà capii che, molto probabilmente, non sopportava la mia presenza sui social. Ma chi ero io per giudicare? Vivi e lascia vivere! E poi Facebook, ormai, ha un’altra finalità: quella di creare dibattiti, dicevo. Ed intanto scrollavo nervosamente la home. Leggevo i commenti più variegati: sportivi, politici, artistici ecc; ma notavo soltanto una diffusa esaltazione dell’Io. Compresi, in quel momento, che i dibattiti sul social network di Zuckerberg non sono altro che solipsismo culturale: la discussione esiste in quanto l’idea dello scrivente è l’unica reale, tutto il resto è contorno. E fu così che, tradito dalla mia stessa idea di Facebook, decisi di compiere il misfatto, presi il telefono, lo puntai verso la testa e cliccai “elimina account”.

Quando decidi di eliminare il tuo account, Facebook manda in sovrimpressione un messaggio con su scritto: “Sicuro di volerti cancellare? Mancherai a 832 amici!”. Beh, a tre mesi di distanza ho capito che per le persone più importanti della mia vita ci sarò sempre: ricorderanno il mio compleanno, saranno felici di poter parlare con me di presenza piuttosto che dietro ad uno schermo. Ho anche riflettuto sul fatto che, se l’amica Lin ci ripenserà, grazie al roaming europeo potrà chiamarmi al cellulare e raccontarmi veramente come è andata la sua vita dalle elementari in poi.

Mi chiamo Marcello Galliani ed il 20/07/17 ho posto fine alla mia esistenza sui social, ma ora so che sono più vivo che mai.

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