Gli uomini che odiano le donne

Di Annachiara Di Domenico

Un argomento scivoloso come la parità tra i sessi non è sicuramente facile da analizzare. Lo è ancora di meno per coloro che sono poco informati e arrabbiati con il genere umano. Vediamo perché.

I movimenti femministi degli ultimi due anni hanno influenzato la cultura di massa nel suo significato più esteso. Film, libri, giornali, personalità televisive e cinematografiche, intellettuali e politici: tutti sono stati travolti dall’ondata del “Girl Power”. Come ogni tendenza che si rispetti, c’è chi non l’ha presa bene e ha dato vita ad una tendenza opposta. Sono nati i cosiddetti MRA, Men’s Rights Activists, ovvero gli attivisti per i diritti degli uomini.

Gli obbiettivi del Movimento, come si può apprendere dalla loro pagina web italiana, è raggiungere “equità tra i sessi”. Gli uomini che aderiscono a questo movimento sono per lo più uomini di mezza età, separati, con difficoltà economiche e tutti attribuiscono alla legge italiana una grave colpa: non aver considerato gli uomini in quanto padri e mariti in diverse dettati legislativi. La L. 40/2001 prevede per le donne che devono scontare pene detentive la possibilità di farlo ai domiciliari se hanno figli minori di 10 anni; non è prevista una misura simile per gli uomini.

Immaginate però questa nuova realtà italiana come un libro poggiato su di un tavolo molto polveroso. Sollevando il suddetto libro per leggerne la quarta di copertina, “il rovescio della medaglia”, non potrete far altro che sollevare una grande quantità di polvere. Polverone che si è effettivamente innalzato quando il programma televisivo “Nemo – Nessuno Escluso” ha documentato con un filmato il fenomeno mondiale delle comunità Incel: forum online composti da involuntary celibate, cioè uomini single non per scelta (e tendenzialmente misogini, aggiungerei io). Non si tratta di semplici ragazzi senza partner, ma di persone che rifuggono dalla vita sociale e si ritengono (in modo anche paradossale) “brutti” per via di un rifiuto da parte di una ragazza o di altre situazioni spiacevoli riguardanti il mondo femminile. Tutto costruito sulle farraginose fondamenta della Teoria LMS, sigla che sta per Look, Money, Status: l’attrattività di un uomo è proporzionale al suo aspetto, ai soldi che possiede e allo status che ricopre all’interno della società; gli uomini “brutti” sono stati estromessi dalla catena riproduttiva dalle donne, le quali hanno ottenuto questa “libertà” attraverso la rivoluzione sessuale, che, a sua volta, le ha svincolate dalla monogamia, rendendole fedifraghe. L’intenzione iniziale dei forum online era quella di darsi un aiuto vicendevole, cercando il miglioramento di situazioni da loro considerate disastrose (ad esempio, la mancanza di esperienze sessuali da parte di uomini sopra i 20 anni). È evidente, però, che i ragazzi in questione non siano capaci di fornirsi mutuo supporto e che potrebbero trovarlo solo presso lo studio di un esperto. La dismorfofobia, l’ansia sociale e la dilagante misantropia ha reso questi uomini quantomeno violenti: il caso più eclatante è quello di Elliot Rogder, ventiduenne che, nel 2014 in California, ha ucciso 6 persone e ne ha ferite 14, lasciando, prima di suicidarsi, un manifesto su un forum (successivamente chiuso) in cui giustificava il suo gesto con “non ho mai baciato una ragazza”.

Le questioni qui descritte non sono certamente di pronta soluzione. Di certo molte leggi che agevolano la posizione della donna (come la L. 40/2001 sopra descritta) sono ispirate ad una visione strettamente patriarcale della società: la donna è a casa a badare ai figli, quindi è della madre che hanno più bisogno; il padre è relegato ad una figura austera e machista, la quale non si relaziona con la propria prole, ammesso che sia a conoscenza della loro esistenza. Ma non è questa la realtà dei fatti. E allora come ovviare a questa problematica? Come cancellare i pregiudizi insiti nei meandri della mente della generalità dei consociati? La risposta potrebbe essere prontamente fornita dal “TED TALK” di Chimamanda Ngozi Adichie intitolato “Tutti dovremmo essere femministi”. L’autrice sottolinea la necessità di intervenire sin dall’infanzia per estirpare determinati modus vivendi che ci vengono “imposti”. Quindi, è importante insegnare alle bambine che possono aspirare tanto in alto quanto i loro coetanei del sesso opposto; ma è parimenti fondamentale che i bambini non crescano con l’obbiettivo di dover diventare un “uomo duro”, senza umane debolezze, senza la possibilità di piangere perché è “da femminucce”.

“Se cominciamo a crescere i figli in modo diverso, allora in cinquant’anni, in un centinaio di anni, i ragazzi non sentiranno più la pressione di dover dimostrare questa virilità. […] La mia definizione di femminista è: femminista è un uomo o una donna che dice: “Sì, c’è un problema di genere oggi come oggi, e dobbiamo risolverlo, dobbiamo fare meglio.”

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