“Generale, queste cinque stelle…”

Di Elena Mandarà-

Se De Gregori avesse scritto oggi questo bellissimo brano, questa frase sarebbe suonata sicuramente come una sottile, ma fortissima provocazione. Oggi, infatti, durante le consuete celebrazioni in occasione della Festa della Repubblica italiana, si sono contati almeno tre assenti fra i nomi di spicco delle Forze Armate. I generali ormai in pensione, Arpino, Tricarico e Camporini, avevano già manifestato nei giorni scorsi la ferma volontà di non presenziare alla parata, in segno di contestazione nei confronti del Ministro della Difesa Trenta e- più in generale- del Movimento 5 stelle, che ha fatto della lotta alle pensioni d’oro uno dei propri cavalli di battaglia. L’ex Capo di Stato Maggiore della Difesa Arpino, ha sottolineato duramente il proprio risentimento nei confronti di Luigi Di Maio che, nel ribadire la necessità di tagliare le cosiddette pensioni d’oro, è giunto a dire che chi le percepisce dovrebbe vergognarsi. “Non è una colpa, ma un merito, avere una pensione più alta per chi ha lavorato tutta la vita” – ha dichiarato Arpino- seguito anche da Tricarico, ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica: “Non capisco di cosa dovrei vergognarmi. Ho servito lealmente il mio Paese per 40 anni, rischiando la vita su un aeroplano”. Nella visione pentastellata, però, fatta di slogan e propaganda, nell’incessante corsa all’ultimo voto, le cose non stanno così. Nel trionfo della mediocrità, dove è bandita l’idea che chi è più bravo debba avere di più, elettoralmente è vincente questa becera lotta contro i “poteri forti”- qualsiasi cosa essi siano- e poco importa se questo vuol dire che il Vicepresidente del Consiglio debba ridursi ad insultare chi serve lo Stato. E in questo spazio di rottura, non poteva che insinuarsi l’altra grande forza di Governo. Matteo Salvini, infatti, non ha perso neanche un attimo per sottolineare la sua costante vicinanza agli uomini e le donne che servono lo Stato (ribadita proprio stamani con un immancabile post su instagram), attaccando la collega Trenta, colpevole, a suo parere, di non aver fatto sentire la propria vicinanza alle Forze Armate. Al di là della nota passione di Salvini per le divise, che sicuramente giustificherebbe una reazione così dura, in effetti al Ministro Trenta sono stati rivolti appunti che vanno ben oltre la questione del taglio alle pensioni. Arpino, ad esempio, nelle sue dichiarazioni ha evidenziato la totale noncuranza del Governo verso le questioni militari, come gli F-35, passate in secondo piano rispetto a tutto il resto. Anche Tricarico e Camporini, dal canto loro, hanno rispettivamente rimproverato al Governo di portare avanti “un atteggiamento ostile nei confronti di una delle poche Istituzioni che funzionano bene in Italia” e di stare “minando l’Istituzione della Difesa”. Sono parole pesanti, specie se pronunciate da chi per anni ha rappresentato concretamente questa Istituzione. Parole alle quali, cosa ancor più grave, il Ministro Trenta non è stato in grado di rispondere adeguatamente. “Non voglio commentare opinioni personali”- ha dichiarato il Ministro- declinando di fatto la domanda postale da un giornalista in riferimento all’assenza preannunciata dei generali. In realtà, non sorprende poi così tanto il fatto che un Ministro di questo Governo, di provenienza dei 5 stelle, non sia in grado di dare risposte, né di assumere una posizione sicura sull’indirizzo che intende seguire. Non si sono fatti sfuggire l’occasione per contestare il Ministro neanche alcuni esponenti delle altre forze politiche, ed in particolare l’On. Ignazio La Russa, anche lui volutamente assente alla parata, e l’On Giorgia Meloni, alla quale, a quanto pare, non è stato neanche recapitato l’invito. Al centro della polemica politica, il gesto di “Peace&Love” fatto dal Ministro qualche giorno fa in Senato, come risposta alla provocazione giunta da una senatrice di Fratelli d’Italia. Per oggi, però, il tempo delle polemiche è finito. Le Frecce tricolore stanno colorando il cielo sopra l’Altare della Patria. Nonostante tutto, buona Festa della Repubblica.

 

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