Siamo stati Liberati

Di Annachiara Di Domenico

Il Sud Italia, Odisseo, Jean-Luc Godard, “La Morte A Venezia” e l’Anonimato. Nessuno aveva mai pensato di incontrare tutte queste cose insieme. Poi è arrivato Liberato.

Nel 1991, la testata “The Paris Interview”, rilasciava un’esclusiva intervista ad Elena Ferrante, rigorosamente tenuta per iscritto. La domanda più attesa era quella riguardante i motivi dell’anonimato della famosa scrittrice partenopea, che all’epoca esordiva con “L’amore molesto”. La risposta risoluta della misteriosa Ferrante fu la seguente: “credo che i libri, una volta scritti, non abbiano bisogno dei loro autori. Se hanno qualcosa da dire, prima o dopo troveranno dei lettori. In caso contrario non succederà”. 

Ventisei anni dopo, il 13 febbraio 2017, l’Italia si svegliava con una canzone dall’anima R&B, il cui titolo indicava una data, il 9 Maggio, firmata dall’enigmatico Liberato. Sull’autore incappucciato non si sa nulla, se non l’esistenza di un profilo Tumblr pieno di immagini ritraenti scorci di vita napoletana, che ricordano l’immaginario aesthetic. Conosciamo così poco di Liberato, ancora meno di quanto sappiamo della Ferrante, che di se stessa ammette fieramente che Napoli le ha dato i natali. Eppure, proprio come millanta l’anonima autrice, i suoi brani hanno così tanto da dire che loro stessi hanno trovato il pubblico che meritavano. E stiamo parlando di milioni di ascoltatori da tutta l’Italia. L’intuitivo foreshadowing del titolo del primo brano “Nove Maggio”, ha fatto sì che in quella data, ogni anno, tutti i suoi fan aspettino i suoi brani con il fiato sospeso.

Il dialetto napoletano, nel caso di Liberato, non è stato un ostacolo, anzi. Secondo molti esperti di musica, se avesse cantato in italiano il risultato non sarebbe stato lo stesso. Questo perché le elisioni e le apocopi vocali del dialetto facilitano l’armonizzazione con il ritmo della canzone e la formazione delle rime. Il risultato è esplosivo: un testo ricco di parole e modi di dire sconosciute ai più, ma che viene cantato da Nord a Sud.

Il merito del suo successo, oltre al fatto che è ventata di aria fresca nel panorama ormai quiescente della musica italiana, è dovuto ai video che accompagnano i brani, sapientemente diretti da Francesco Lettieri. Questo giovane regista riesce ad incastonare lo spirito della città del sole e del mare nella sua videocamera, donandole un sapore vintage caratterizzato da quella che si direbbe una “decadenza attraente”. Ogni scorcio comunica allo spettatore l’urlo di guerra di una Napoli mistica, che vuole rialzarsi. E nel pieno stile Lettieri, i video musicali recentemente pubblicati, partono in una Capri anni sessanta, in un viaggio che arriva fino al 2019. I primi video sono palesemente ispirati ai film di Jean-Luc Godard, in particolare Le Mépris(di cui una giovane Brigitte Bardot, ricorda tremendamente la Marie protagonista del video). In effetti lo stile di Lettieri potrebbe combaciare quasi perfettamente con quello dei registi della Nouvelle Vague: si pensi all’assenza di proiettori e di scenografie, all’utilizzo delle luci naturali e delle case del regista (molti video di Liberato sono girati nella casa della nonna di Lettieri). Non mancano i riferimenti colti, buttati qui e lì come indizi paradossalmente palesi per lo spettatore. Primo fra tutti il libro “La morte a Venezia”, inserito nel video di “Me staje appennenn’ amò”, dedicato alla comunità LGBTQ di Napoli. L’opera di Mann si fa quasi portavoce del “progetto Liberato” in quanto tratta della perdita rovinosa del senso di certezza nell’atmosfera corrotta di una Venezia “metà fiaba metà trappola”. Analogamente il ragazzino protagonista del video si scopre omosessuale e perde quelle che sono le certezze farraginose costruite fino a quel momento della sua vita, in una Napoli suburbana dagli edifici abbandonati ma dall’aria onirica.

Nell’ultima canzone pubblicata, “Niente”, Liberato dice di avere l’anima di Ulisse. Proprio come Joyce narra i pensieri di Leopold Bloom per le strade di Dublino, così Marie cammina per le strade di Capri, mentre la separazione tra il dentro e il fuori si fa inconsistente: il caos dei turisti sul belvedere e l’impatto con la vastità vuota del panorama sul golfo si equiparano al disordine dei pensieri malinconici su un amore irrealizzabile e al vuoto incolmabile del lutto.

Liberato è Nessuno, è un’idea che fluttua nell’Iperuranio, scampata dalla materializzazione e svincolata da ogni ipocrisia dello “star-system”. Ha tolto le catene ad una città che da troppo tempo è diffamata dagli italiani e dai napoletani stessi, incorniciandola nell’atmosfera eterea del sogno di un amore perduto. Ha tolto dalla sua musica ogni etichetta, mescolando musica elettronica, pop, R&B, folk e l’ha sapientemente cantata in italiano, napoletano, inglese, spagnolo e francese. Ha affrancato noi ascoltatori da ogni classificazione e catalogazione impostaci dalla società moderna. E ora siamo esattamente come lui: liberati.

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