Arginare

Di Giulio Menichelli-

Il futuro dell’Europa è incerto. Le elezioni hanno portato un esito, invero, tutt’altro che imprevedibile, tenendo alla guida del Parlamento Europeo una coalizione, in qualche modo, centrista. Eppure, il dato che non può essere taciuto è un altro, la crescita dei partiti populisti. Come dicevo, non è certo però una sorpresa che, in tre degli stati membri più importanti, a vincere siano state forze di destra che fanno della propaganda la loro arma migliore – Francia, Italia e Regno Unito, che nonostante tutto è ancora uno stato membro dell’Unione, e riguardo al quale non si può certo immaginare il Brexit Party come un generico partito indipendentista non ideologizzato – e in un altro, la Germania, la più grande, e sorprendente, crescita è stata del partito ecologista, che, da una parte, specie sull’onda di Greta, non può non considerarsi a suo modo populista, e, dall’altra, pur non essendo spiccatamente di destra, non può certo definirsi tout court di sinistra.

Nonostante ciò, la classe dirigente europea non sembra troppo preoccupata, anzi. Aleggia invero un certo senso di rassicurazione, perché in fondo hanno comunque vinto i “buoni” in un’ottica generale. Comunque, la prossima commissione sarà a guida popolare, socialista, o, al più, liberale. Comunque, in Europa, salvo qualche eco della questione migratoria, non c’è quell’ansia che nasce dalla soverchiante egemonia, a livello nazionale, di partiti come la Lega e il francese FN (ora RN). Non c’è nulla, insomma, di cui preoccuparsi.

Voglio ricordare, però, i fatti di Adrianopoli. Nel 376, com’è noto, un po’ di popolazioni barbariche, tra cui i goti, arrivarono ai confini orientali dell’impero e chiesero all’imperatore Valente di insediarsi. Questi pensò che in fondo i vantaggi superassero i rischi, e gli concesse, con la classica formula romana, terre in cambio di tributi e servizio militare. Da questo piccolo gesto seguirono una serie di eventi che, a catena, portarono alla sconfitta di Adrianopoli del 378 e alla morte dello stesso Valente.

L’insegnamento da trarre della guerra gotica è duplice, e di certo non riguarda la questione migratoria perché non si può paragonare un’orda di barbari armati, che guardava con invidia alle ricchezze dell’impero, a qualche migliaio di migranti che cerca rifugio da situazioni disperate causate, peraltro, perlopiù dallo stesso mondo occidentale verso il quale si muove. Il punto è nel modo di affrontare i problemi: Valente è stato cieco, due volte. La prima, quando ha accolto i goti nelle terre dell’impero; la seconda, quando ad Adrianopoli ha ordinato la carica senza aspettare i rinforzi dal co-imperatore, Graziano. La sua cecità è stata il sottovalutare le questioni che gli si presentavano: anche allora c’erano dei trattati tra romani e goti, anche allora comunque il controllo rimaneva alle forze romane. Anche allora, in definitiva, non c’era nulla di cui preoccuparsi.

L’Unione Europea è un progetto mostruosamente ambizioso, prosperato in un momento in cui da un lato l’economia era fiorente, dall’altro le leadership degli stati europei cercavano unità, coesione. La crisi economica esplosa nel 2008 solo ora ci dà avvisaglie sui suoi futuri, devastanti, effetti politici. Ora, non nel nostro tanto tribolato 2013, non alle europee del 2014, perché sebbene l’economia sembra, o sembrava, in fase di riavvio, la situazione politico-sociale non si è risollevata. Se, da noi, come in Francia, la crisi è stata accostata ad una gestione di centro-destra, e la mancata soluzione di essa ai seguenti governi di centro-sinistra, adesso si diffonde l’idea che il problema, in fondo, sia il grande mostro sovranazionale che impone le grandi regole economiche e l’unità ad ogni costo, e che la soluzione altro non siano quei partiti che propugnano il nazionalismo. In Albione si cerca invece di uscire, in qualche modo. E mentre da noi succede questo, i paesi orientali – forse troppo distanti dalla nostra cultura europea, senz’altro condivisa almeno dai 6 fondatori, se non dai 15 che ne facevano parte 24 anni fa – si sentono abbandonati ad affrontare le più disparate questioni, dai migranti alla Russia.

Ciò che prospera, e non mancherà di emergere, è il particolarismo. Se questo progetto unitario deve continuare, non può permettersi di farlo perdendo pezzi. L’Europa non può resistere ad un’altra Adrianopoli, stavolta politica: i suoi dirigenti non ne hanno la capacità, la sua struttura non ne ha le forze.

Dedicare questo numero all’Europa e alle elezioni europee, proponendo un’analisi del prima e del dopo voto, serve a fornire spunti di riflessione su se, e come, questo progetto possa continuare. E soprattutto, che gli articoli qui contenuti siano utili per farci riflettere sui problemi che incombono sul nostro continente, e per arginarli.

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