La notte di San Lorenzo.

di Marcello Galliani-

Amo definire i miei “articoli” deliri. Il motivo è evidente: sono degli scritti che, seppur connessi a situazioni reali, rasentano l’assurdo.

Tra questi vaneggiamenti, però, ogni tanto, mi capita di prevedere situazioni che, poi, realmente accadono.

Nello scorso delirio (“La locomotiva italica”) scrivevo: “La TAV, però, non è soltanto un problema di quest’ultimo, anzi, ha creato un vero e proprio caso all’interno del Governo. […] Si sa, le coppie spesso litigano, anche quelle legate dal vincolo del matrimonio o da un Contratto di Governo. Non è chiaro, però, se sia scoppiata o meno una crisi. Buffagni (M5S) assicura di sì, Salvini e Di Maio, finora, hanno smentito. Certo che il dubbio sul fatto che Salvini voglia approfittare del momento per consolidare la propria crescita elettorale è legittimo, certi treni passano una sola volta nella vita”.

E, in effetti, Salvini stava proprio lì, tra una moto d’acqua e un dj set in attesa di salire sul giusto vagone.

Un po’ come gli immigrati che tanto disprezza (ironia della sorte!), di giorno batteva i litorali per guadagnare non soldi, ma consensi, mentre la sera tornava in stazione in attesa della giusta locomotiva.

Il 7 agosto il treno è passato e il Capitano non ha perso un minuto, dal Papeete canticchiando “Andiamo a Comandare” di Rovazzi si è fiondato sulla questione TAV, andando ad accendere la miccia della crisi di Governo.

Fatale è stata la mozione No Tav, poi bocciata, dei 5 stelle. Il senatore della Lega Massimiliano Romeo, durante le dichiarazioni di voto sulla Tav, aveva affermato: “La mozione M5s impegna il parlamento e non il governo, ma la questione politica resta. Se fate parte del governo dovete essere a favore della Tav”. “Il governo può cadere anche prima di settembre” aveva, però, poi, specificato Salvini. In serata Palazzo Chigi frenava: “il voto di oggi non prefigura in alcun modo un sindacato sull’operato del governo né tanto meno sull’operato del presidente del Consiglio”. Così, come è evidente, non è stato. Ne sono susseguiti vari incontri tra Conte e Salvini, e tra il Presidente del Consiglio e Mattarella. Intanto, Di Maio si diceva “tranquillo, molto tranquillo” tanto da dichiararsi pronto per la festa plastic free del fratello.

Qualche ora dopo Conte ufficializzava, con un crudissimo discorso, la crisi di Governo, sottolineando il fatto che Salvini avesse chiesto le sue dimissioni e che egli non si sarebbe dimesso, attendendo una mozione di sfiducia.

Dalle sue dichiarazioni si ricavano due considerazioni: la prima è che Conte si è finalmente accorto di essere il presidente del Consiglio (meglio tardi che mai!), la seconda è che sarà probabilmente lui il nome su cui punteranno i 5 stelle per le prossime elezioni.

E Di Maio? Chissà se continuerà ad orbitare nel mondo 5S o se darà vita alla startup nel mondo del web marketing che aveva abbandonato per iniziare la carriera politica. Se mai gli balenasse in testa di fare nuovamente lo steward gli converrebbe a Napoli, perché se volesse lavorare a Torino, magari per protestare contro la TAV, probabilmente, qualche problema potrebbe avere allo Juventus Stadium. Infatti, la Juve ha vergognosamente vietato l’ingresso allo stadio per la partita col Napoli, inizialmente, ai nati in Campania, poi solo per i residenti.

Cosa che non avrebbe mai fatto la Fiorentina del neopresidente Commisso, italoamericano che sulla carta d’identità ha tra i segni particolari “terrone”, essendo nato in Calabria, e dell’ex presidente del Consiglio Renzi. Il buon Matteo è tornato alla carica. Dapprima, proponendo una raccolta firme contro Salvini con la quale rischiava di spaccare nuovamente il PD, poi, con una serie di dichiarazioni eccentriche, in pieno stile Leopolda. La cosa divertente è che Renzi continua a parlare in nome e per conto del PD e lo fa più di Zingaretti. Praticamente, è come se facessero una puntata crossover di Montalbano e Don Matteo. Zingaretti è il commissario, ma l’ultima parola l’avrà sempre Matteo.

In più, nelle ultime ore si sta vociferando di un possibile governo Renzi-Di Maio per permettere a Gigi di completare la riforma sul numero di parlamentari.

La riforma costituzionale in questione, che porterebbe i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200, è stata già approvata in prima lettura, e in seconda lettura solo dal Senato. Dovrà essere approvata in seconda lettura dalla Camera, e il voto è previsto per il 9 settembre. La proposta indecente dei pentastellati sarebbe quella di appoggiarsi al PD per completare l’iter.

Renzi, però, ha subito smentito. D’altronde un suo rifiuto sarebbe perfettamente capibile: di chi riforma ferisce, di riforma perisce, caro Gigino.

In tutto questo marasma, ciò che è certo è che la Lega ieri ha presentato la mozione di sfiducia richiesta da Conte, auspicandosi lo scioglimento delle Camere e le elezioni ad ottobre.

Non si sa ancora quando torneremo alle urne, ma che la Lega, alla guida del centrodestra, uscirà vincitrice delle prossime elezioni è già scritto, va capito solo quando e di quanto.

I grillini appaiono in caduta libera, il PD dovrebbe sperare in un miracolo.

Chissà se Zingaretti stanotte, la sera delle (5?) stelle cadenti, chiederà questa grazia. Sicuramente, parafrasando espressioni di scorse legislature, Salvini starà sereno a vedere le stelle, magari, su qualche elicottero dei carabinieri o della forestale.

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