Caso Panigalli – Vespa: l’importanza della comunicazione

Di Annachiara Di Domenico-

Il giornalismo italiano è abituato agli strafalcioni dei suoi esponenti, ma stavolta a cadere in basso è stata
una istituzione della televisione pubblica italiana: Bruno Vespa.

Martedì 17 settembre è andata in onda durante la famosa trasmissione “Porta a Porta” l’intervista a Lucia
Panigalli. Questa donna nel 2010, è stata vittima di un’aggressione da parte del suo ex compagno, il quale
ha scontato 8 anni e mezzo di carcere per tentato omicidio. Durante il periodo di detenzione, ha offerto del
denaro al suo compagno di cella uscente, che in cambio avrebbe dovuto uccidere la signora Panigalli.
Tuttavia, secondo il nostro Codice Penale, art. 115, “qualora due o più persone si accordino allo scopo di
commettere un reato, e questo non sia commesso, nessuna di esse è punibile per il solo fatto dell’accordo”.

Da allora Lucia Panigalli vive sotto scorta e a soli 4 km dall’abitazione del suo aggressore.
La trasmissione “Porta a Porta” ha dato spazio alla vicenda, ripescando questo caso di cronaca nera
dimenticato da tempo dai più ma non dalla vittima, che sente tutt’oggi il vivissimo peso di una vita
trascorsa nella paura. Questo aspetto non è stato altrettanto considerato dal suo intervistatore, Bruno
Vespa, il quale ha avuto un comportamento discutibile, oggetto di un pesante polverone alzatosi
l’indomani.

Infatti, le espressioni facciali e verbali di Vespa hanno fatto pensare che stesse sminuendo la
vicenda della vittima. Il giornalista ha introdotto la drammatica storia enfatizzando su quanto la Panigalli sia
stata “fortunata” ad essere viva. Affermazione ben presto succeduta da una ancor più imbarazzante: “se
avesse voluto ucciderla l’avrebbe uccisa”. Addirittura ha definito “flirtino” la relazione durata 18 mesi tra la
Panigalli e il suo aggressore.

Il giorno seguente non sono tardate le aspre critiche nei confronti del comportamento di Vespa, ritenuto da
molti irrispettoso. La commissione Pari Opportunità dell’ODG ha ben presto annunciato che “Bruno Vespa,
in seguito a un regolare esposto al Consiglio di disciplina inoltrato al consiglio territoriale del Lazio
dall’Ordine nazionale, dopo la segnalazione di una privata cittadina, sarà sottoposto al rituale procedimento
disciplinare concluso il quale seguirà il pronunciamento”. Vespa, indignato, si è scusato per l’accaduto e ha
definito le polemiche “troppo violente”, in quanto, al contrario, i legali della vittima hanno rivolto
ringraziamenti alla trasmissione e al conduttore per aver dato spazio alla vicenda. Poco dopo la stessa
Panigalli si è detta offesa da determinate affermazioni di Vespa, le quali secondo la donna non hanno
lasciato modo allo spettatore di intravedere la drammaticità dei fatti.

Vespa, si sa, non è mai stato un giornalista ordinario. Il suo stile è sempre stato caratterizzato da risatine,
allusioni e ammiccamenti, alternando il serio con il faceto. Ci si aspetta però che un uomo con una così
ampia portata di pubblico dia un appropriato spazio ad una vicenda del genere. Questa aspettativa è stata
sicuramente soddisfatta da Vespa che ha dedicato parte della sua trasmissione alla signora Panigalli. Ma
parlarne non basta. In paesi come l’Italia dove “lavare i panni sporchi in casa” è ancora una brutta
consuetudine, non ci si può permettere di trattare determinati temi con superficialità e sorrisetti. Perché, al
di là del poco rispetto verso la vittima, si comunica allo spettatore medio, anche indirettamente, che la
questione sia di poco conto o che magari la vittima se la sia cercata. Ed è difficile non paragonare questo
caso a quello più recente di Elisa Pomarelli: molte testate giornalistiche hanno trattato l’omicidio di questa
donna come un raptus del suo aguzzino “troppo innamorato di lei”.

I media mondiali stanno spostando sempre più l’attenzione verso argomenti che fino a qualche tempo fa
erano considerati veri e propri tabù. Basti pensare alle industrie cinematografiche e dell’intrattenimento
che hanno il merito di aver portato sul grande e piccolo schermo argomenti che prima risultavano
stigmatizzati: droghe leggere, aborto, malattie sessualmente trasmissibili, depressione e così via. Alcuni
prodotti sono diventati dei veri e propri cult, e questo grande successo sta a significare che gli spettatori
vogliono e hanno bisogno vedersi raccontare da serie tv e film determinati aspetti della vita, comuni ma
ancora in parte impronunciabili. L’industria è quindi portata a investire maggiormente su prodotti che
affrontano questi temi sensibili. Ma non basta che se ne parli, è ben più rilevante il modo in cui se ne parla.
Facciamo in modo che la sensibilità non diventi un’arte perduta.

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