Il bello deve ancora venire

di Aurora Leoci-

Una donna giovane, attraente, magra, con un seno prosperoso. Un uomo alto, snello, con gli addominali scolpiti. Sono queste le caratteristiche della bellezza? Chi le ha decise? E perché proprio queste? 

Scienziati di tutto il mondo hanno studiato la risposta cerebrale di fronte ad immagini di bellezza, per comprendere se quest’ultima sia dotata di canoni universali. In un individuo qualunque, sottoposto ad una “esperienza estetica”, ovvero alla visione di immagini rispecchianti gli ideali di gradevolezza, è stata rilevata una maggiore attività della corteccia mediale orbitofrontale, un’area deputata alla percezione di volti. Le attività delle aree visive ed emozionali dell’encefalo sono direttamente proporzionali all’intensità della bellezza percepita. Dagli studi è emerso che questo processo si verifica in particolare dinnanzi alla simmetria dei corpi e specialmente dei volti. Spiegare come mai la simmetria risulti “attraente” è semplice: un essere umano sano è dotato, per esempio, di due braccia di uguale lunghezza e dimensione, di due occhi allineati… ecco perché non è considerato armonioso un corpo nel quale un braccio sia lungo la metà dell’altro o un volto in cui gli occhi non siano paralleli. 

Si tratta solo di simmetria? Ovviamente no, ma è l’elemento base che più “piace” al nostro cervello. Un ulteriore fattore è individuabile nelle forme regolari, lineari e precise: anche queste sembrano essere sinonimo di amenità. Spesso troviamo che il viso più bello sia quello dotato di tratti semplici, quasi smussati. Nonostante la storia dimostri che i canoni di fascino siano in continua evoluzione, i due presupposti sopra citati sono da sempre imprescindibili nell’ambito di ciò che è gradevole alla vista. Possiamo, però, affermare con certezza che la bellezza è in continuo mutamento ed inevitabilmente dipende dal contesto storico, culturale, economico ed evolutivo di una società. La motivazione? Ciò che cambia sono le priorità. Nell’antichità una donna era considerata più bella se caratterizzata da un corpo opulento, fianchi larghi e prosperosi, l’uomo doveva essere quanto più possente: la priorità era quella di procreare il più possibile e di garantire una crescita ai figli, incentrata sulla forza e sulla resistenza fisica. Oggi procreazione non è sinonimo di urgenza o necessità primaria: il lavoro e il benessere personale sono i presupposti più ambiti per una vita appagata. Attenzione però, gli istinti innati e naturali non sono stati cancellati, ma semplicemente interpretati e classificati diversamente. Degli individui moderni migliorano il proprio aspetto fisico per poter trovare il loro partner ideale, il passo successivo è spesso la filiazione, ma non è il motivo per il quale una donna o un uomo cercano di raffinarsi. Essendo cambiato il fine, anche i canoni si sono trasformati. 

C’è chi ultimamente afferma che la bellezza stia “passando di moda”, molte irregolarità fisiche sono poste in risalto e si sente spesso parlare di rivoluzione dei canoni estetici. La realtà è un’altra: il processo di ribellione, se così si può chiamare, a quelle che sembrano essere regole imposte dalla società, non è niente di innovativo, ma è in atto da secoli. Esempio evidente è dato dalle correnti artistiche che si sono costituite sin dall’800: impressionismo, simbolismo, art nouveau, espressionismo, cubismo, surrealismo, pop art e così via fino alle opere più moderne dei nostri giorni, spesso eteroclite e di ardua comprensione. Gli artisti tentano da ormai numerosi anni di rivoluzionare il grado di importanza della bellezza. Monet concentrava l’attenzione sull’impressione più che sui dettagli, Picasso scomponeva i corpi dei soggetti che ritraeva rendendoli sconcertanti, Gustav Klimt rappresentava i personaggi in chiave mistica. Artisti contemporanei, come Bansky e Koons, non ritraggono più la bellezza fisica, ma incentrano i loro lavori su temi di rilevanza sociale ed economica. 

Anche sui social sono nate recenti battaglie contro i modelli estetici quasi imposti dalle grandi aziende di moda e dalle pubblicità. Ma come mai le figure di Barbie e Ken continuano inevitabilmente a piacere a ogni individuo? Come mai certi fattori sembrano essere ineliminabili dai radicati criteri di gradevolezza? È evidente che, a prescindere dal contesto storico-culturale, a prescindere dall’etnia di un popolo e dalle sue tradizioni, esistano elementi che provocano piacere alla vista, comuni a livello universale. Nessuno li ha decretati, si tratta di reazioni inconsce, incontrollabili ed innate. 

Certamente non possiamo affermare l’esistenza di un modello preciso di bellezza per uomini e donne, sia perché attireremmo l’ira e l’indignazione della maggior parte dei lettori, ma soprattutto per una questione di logica. La continua evoluzione umana permette di periodo in periodo di individuare nuove esigenze, nuovi piaceri, nuove necessità, di conseguenza, nonostante sarebbe falso dire che Barbie e Ken siano brutti, la bellezza di oggi non sarà mai la stessa di domani.

 

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