Bibiche: l’indomita dell’Eliseo

di Carla Scalisi-

“Je m’imagine ton enfance…”– Ah! Se Brigitte l’avesse solo immaginata! “L’enfance” del suo Manu lei, invece, l’ha vissuta in prima persona! E non c’è niente di meglio dei versi di Nita Raya per addentrarci in questa “favola 2.0”, in bilico tra l’amore platonico, il desiderio materno e una visione onirica. Dove? Ad Amiens, quando? Nel 1993, come? Attraverso un corso di teatro, perché? Questa è lunga da spiegare…

La borghesia piccarda e le malelingue hanno ben saputo tessere, sbrogliare e ricucire il lungo e travagliato peplo di Penelope, senza risparmiare commenti velenosi, racconti insidiosi e dettagli solforosi, degni di un romanzo rosa… O forse noir!? La storia, invece, è molto più semplice di quanto voi pensiate e, per raccontarvela bene, occorre planare nel 1953, nei pressi della ridente Amiens: villaggio di 137.027 abitanti situato nell’alta Francia, nel dipartimento della Somme per la precisione. Brigitte è la celebre figlia dell’altrettanto celeberrima famiglia Trogneux, patissiers et chocolatiers conosciuti in tutta la Francia. Insomma, un’istituzione della douce France, la cui specialità è il macaron…Coincidenza!? Non credo.

Brigitte cresce in una famiglia ove l’affetto passa in secondo piano rispetto al famigerato ordine gerarchico. La successione dei patissiers prima di tutto. L’erede assicura la continuazione della dinastia, il resto non può che far da contorno…Brigitte è Bibiche, di nome e di fatto. Esile, bionda, con due occhi da cerbiatta. La classica francese campagnarde, sana e pura, lontana dallo smog della Capitale. Tra petits fours, chocolats e macarons la vita non è mica così interessante, motivo per cui, a dir delle amiche, Brigitte sviluppa un’indole moderna, così avanti rispetto ai suoi tempi… Le minigonne, Salut les copains e France Gall sono alle porte. Brigitte li anticipa, e arriva a scuola mostrando le sue gambe filiformi e attirando a sé come una calamita tutti i ragazzi. Lei è giovane, libera e forte e ha fatto della carriera la sua priorità (come dirà in seguito all’illustre marito, quando ancora non era altro che un giovanissimo studente dell’Henri IV, in procinto di esser respinto per ben due volte al test d’ingresso della Normale di Parigi). 

Con il tempo, la giovane bionda matura un amore incondizionato per la letteratura, l’arte e la filosofia e la sua indole maieutica non poteva che predisporla verso l’insegnamento. Superiore, naturalmente, in quanto il contatto con i giovani sarà per lei linfa vitale, e i fortunati che l’avranno come professoressa usciranno tutti dalle sue mani plasmati, non più bambini, ma uomini, capaci di contestualizzare Rimbaud come Prevert, Baudelaire come Cocteau, in una prospettiva più che attuale. L’attualità e la modernità, infatti, sono uno dei caratteri che contraddistinguono questa giovane professoressa, così psicologa, incline all’ascolto. Emmanuel affermerà di aver iniziato a confidarsi alla futura moglie a partire dalla tenera età, esponendole questo “handicap” dei più forti, ossia l’estraniazione, la consapevolezza di sentirsi a disagio in un mondo che sembra sfuggire di mano, sempre alla continua ricerca dell’ineffabile, di epoche mai vissute. Ma bisogna saper stare a passo con i tempi, e Brigitte lo sa bene e sa ben trasmetterlo, a scuola come a casa, ai suoi allievi come alle sue figlie. Perché nel frattempo, Bibiche, da buona figlia della borghesia piccarda, convola a nozze con un ricchissimo banchiere: André-Louis Auzière. Questo matrimonio è un paradosso, sin da subito, perché è un paradosso rinchiudere un’aquila, un falco predatore, in una gabbia dorata. Inutile dirlo, i soldi non fanno la felicità (almeno quella di Bibiche che si nutre di libri, sogni e progresso). Con la speranza di plasmare i suoi alunni come creta, come il buon vecchio Pigmalione ovidiano.

Giunge il 1993, il punto di non ritorno. Big Bang. Arriva alla Providence, dove Bibi insegna lettere e teatro, “le fou”. Naturalmente sparlato, disprezzato e bullizzato, un giovane ma già deciso Emmanuel muove i suoi primi passi in quella scuola che sarà il trampolino di lancio della sua vita. Ogni mattina, di buon’ora, si reca verso l’aula professori, per parlare con questi di letteratura, filosofia, arte e musica d’antan. Testa bionda e riccia, occhi azzurri. Ancora così piccolo fuori, ma così grande dentro. Eccolo, Emmanuel. E dal nome si sarebbe già potuta presagire quella che poi è stata una vera e propria “teofania” per la bella Brigitte, impegnata quell’anno nell’organizzazione di un corso di teatro. Galeotto fu De Filppo, con la sua “Arte della Commedia”, dall’enfant prodige adattato per una classe di teatro super affollata.  L’insegnante è sconvolta. Mai si era trovata davanti a un “folle” come Emmanuel. Ne rimane sorpresa, quasi interdetta, ma anche intenerita da un bambino che vive intrappolato nel suo mondo, nei suoi sogni. Ed ecco che, allora, viene fuori il lato maieutico della professoressa che, come una levatrice tira fuori il nascituro dalle viscere della madre, riesce a tirar fuori da quella mente prodigio i numerosi talenti. Così tanti da spossarla, confonderla. Così tanti, così diversi, ma con un minimo comune denominatore. L’estremo ed urgente bisogno di contestualizzarli, di “stare al passo con i tempi”. L’insegnante si trasforma in coach, guida, faro, mamma. Molto più di quanto mamma Françoise possa dichiararsi tale. Brillante medico, Françoise Nouguès diventa madre all’apice della sua carriera professionale, motivo per cui la maternità non sarà per lei altro che un “intermezzo”. La professione è il suo più grande vanto. Non sempre carriera rima con famiglia. Ed ecco che entrano in scena i nonni, anzi, nel nostro caso la nonna materna, che cresce Manu come un figlio e che diventerà la confidente d’eccezione di Brigitte, figlia acquisita prediletta. La professoressa insegna anche al di fuori della scuola e Manu è un habitué a casa della prof. Gioca con Tiphaine e prende la cioccolata con Laurence. Anche il marito ha imparato a conoscere bene Emmanuel, ormai considerato il quarto figlio della famiglia Auzière, ma nessuno, nemmeno la stessa Brigitte, potrebbe mai immaginarsi che nel giovane nostalgico sia scoccata la scintilla dell’amore. E la dichiarazione non tarda ad arrivare, anzi, è proprio dietro l’angolo…O meglio, dietro il sipario. È proprio alla chiusura del pesante rideau rouge de la Providence che, dopo l’ennesima ed ultima chiamata, Emmanuel, tutto emozionato, dichiara il suo amore alla celebre prof la quale, incredula, inizia a pensare che il suo eccelso allievo sia veramente fou. Nozioni e libri di pedagogia alla mano, l’esperta prof crede nella teoria ormai rodata della normalissima e fisiologica infatuazione, pronta a svanire col tempo, ma l’allievo si ostina, si incaponisce e non mostra segnale alcuno di cedimento. Naturalmente, tutto il mondo è paese, e ad Amiens inizia a spargersi la voce di una presunta relazione tra l’allievo prodigio e la dinamica insegnante. Brigitte, però, è una Trogneux puro sangue e i Trogneux in paese sono un’istituzione. Se le voci fossero fondate, la reputazione della catena di pasticcerie del padre ne rimarrebbe macchiata e marchiata a vita. Si apre un periodo d’inferno per la giovane insegnante: il progressivo allontanamento dalla famiglia, le pesanti intimazioni dei genitori di Emmanuel (venuti a sapere del presunto “flirt” tra il figlio e la prof da fonti esterne),  il divorzio dal marito (che scompare e la lascia con 3 figli interamente a suo carico) e la diffidenza di amici, vicini, colleghi…e dell’intero paese. Brigitte è sola, nella sua bolla di vetro. Brigitte ha scelto di seguire il cuore l’istinto, di “autodeterminarsi”. E non vi è nulla di più pesante e più amaro di patire le conseguenze delle proprie scelte. Brigitte, però, non rimpiange, non si pente. Va avanti.

Per far tacere le voci sempre più incessanti, Emmanuel viene spedito a Parigi, al liceo Henri IV, prestigiosa scuola d’eccellenza ove completerà gli studi per il conseguimento del baccalauréat. Dalle interminabili chiamate del giovane allievo alla prof, traspare l’amarezza velata di un giovane ragazzo frustrato, che non eccelle più come ad Amiens, data la diversità dell’ambiente dell’Henry IV essendo rispetto a quello della piccola città piccarda. Benché nostalgica e sola, Brigitte non si abbatte e continua a dar prova della sua immensa vitalità, che continua a contraddistinguerla alla Providence, comme si rien n’était. In cuor suo, però, non vi è minuto in cui non pensi al suo Manu e alla promessa che lui fece a lei prima di partire: “Un giorno tornerò e ti sposerò”. Eppure, non sarà lui a tornare ad Amiens, ma Brigitte a prendere il treno, ogni fine settimana, alla volta di Parigi, per andare ad aiutare ed incoraggiare la sua creatura, ancora non completamente modellata… Dopo due tentativi vani di ammissione all’Ecole Nationale Supérieure, un anno in lettere e una laurea di filosofia, Emmanuel si ritrova alla cattedra di Paul Ricoeur, eminente filosofo, ultimo della sua generazione neoesistenziale. Seppur meravigliosamente affascinante ed insidiosamente attraente, Brigitte ritiene che la filosofia non sia il futuro adatto per il suo Manu. Lui è destinato ad eccellere, a brillare, ad essere primus. E inizia qui un periodo alquanto complicato e delicato, dedicato a cercare di indirizzare il giovane verso una carriera di tipo istituzionale, che si abbinerebbe perfettamente alle sue inclinazioni. Ed è così che Emmanuel si ritrova studente della prestigiosissima ENA, istituzione il cui obiettivo è quello di “sfornare” la futura classe dirigente francese. L’incarico come Ministro dell’Economia arriva poco dopo il diploma, così come il tanto atteso matrimonio. Più che un matrimonio, sarà definito come il trionfo della forza dell’amore, quell’amore che non ha età e che, quando perfectly matching, non guarda in faccia a niente e nessuno. Brigitte ci ha dimostrato come l’amore possa essere aberrante ed abnegante allo stesso tempo, come possa essere sconvolgente, irruente, pronto a radere al suolo, a ricostruire. Brigitte ci insegna l’emancipazione femminile, quel sentimento, quella consapevolezza di potersi realizzare e autodeterminarsi liberamente, come meglio si crede, liberi da qualsivoglia limite impostoci da una serie di sterili convenzioni sociali, che reputano giusto ciò che è positus e non naturalis. E non vi è nulla di più naturale, di più sincero, di più pericoloso, di più voluttuoso, di più puro, stravolgente e coinvolgente di due vite, apparentemente diverse, che sembrerebbero destinate a camminare su binari opposti e, inaspettatamente, si ritrovano invece a percorrere, insieme, lo stesso binario come se, in verità, da sempre assieme lo avessero percorso.

E ora, quasi 30 anni dopo, Brigitte potrà dirsi fiera dell’uomo che ha plasmato, delle doti che ha tirato fuori, come la levatrice socratica e il pigmalione ovidiano, i quali, seppur così diversi e decontestualizzati, vengono accomunati dall’amore che nutrono nei confronti della loro creatura.

E vissero, per sempre, felici e potenti.

 

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