È possibile comunicare senza emoji nel 2020? – Risultati di un esperimento sociale

Le emoji fanno ormai parte della nostra quotidianità e, per molti utenti, sembrano aver sopperito l’uso stesso delle parole. Lungi dal demonizzarle, reputo anzi molto simpatiche. Mi sono chiesto se fossi in grado di rimuovere totalmente il loro utilizzo dalle mie chat giornaliere e sostituirle con una sintassi più elaborata o una maggiore accortezza dei vocaboli utilizzati. I risultati dell’esperimento mi hanno portato a delle riflessioni interessanti.

In un primo momento mi sono sentito spaesato: non poter mettere l’occhiolino, la faccina ammiccante o quella soddisfatta mi sembrava che rendesse il messaggio che volessi comunicare privo di colori, una specie di telegramma. Con un po’ più di impegno però, abituandomi al fatto, ho avuto il piacere di provare ad elaborare maggiormente il contenuto del mio messaggio, includendo metafore o incisi che potessero far comprendere al meglio il tono e le emozioni che volevo comunicare. La mia conclusione non è quella di affermare che le emoji ‘’castrino’’ la nostra capacità espressiva anzi, le reputo un mezzo per ampliarla e permettere al nostro discorso di avere una sfumatura che lo avvicina di più ad un dialogo ‘’tu per tu’’.

Ripercorrendo la storia della messaggistica possiamo individuare un punto di svolta fondamentale, il passaggio da ‘’singolo messaggio’’ a ‘’chat’’. Inizialmente infatti, complici le tecnologie non sufficientemente avanzate ed il fatto che ogni singolo messaggio avesse un costo, non veniva a configurarsi in una conversazione telefonica quel ‘’flusso di messaggi’’ che caratterizza una chat. La funzione del messaggio era più pratica e funzionale, serviva a comunicare una breve informazione (non a caso l’acronimo di SMS è ‘’Short Message System’’). Non era previsto che questi venissero utilizzati per decidere il destino di amicizie e amori, dovevano semplicemente comunicare un’informazione quasi telegrafica. Con l’avvento di Internet e delle app di messaggistica questa barriera si infrange, viene data la possibilità di inviare un numero di messaggi illimitato e non necessariamente ‘’short’’. Queste app (es. MSN) sono state in grado di trasportare per iscritto non solo una semplice informazione, ma un intero rapporto relazionale tra due o più persone. Proprio perché il concetto di chat esula da quello di messaggio, complice la mancanza di limiti di numero e lunghezza, è possibile che in esso si generi un rapporto più ‘’umano’’. È proprio in questo momento che sono cominciate ad emergere spontaneamente le prime classiche emoji 🙂 😉 XD. Le emoji avevano e hanno un importantissimo ruolo all’interno della chat, permettono di ricreare, sebbene in maniera semplificata, il linguaggio non verbale all’interno della conversazione, creando un maggiore legame empatico. Sotto questa ottica si identificano quindi come strumento che permette di esprimere maggiori elementi espressivi all’interno di un dialogo rivoluzionando il nostro modo di comunicare. 

C’è inoltre un’importante differenza da evidenziate tra la narrativa e la chat. Mi ripetevo infatti che nei romanzi non venissero utilizzare le emoji, nondimeno il messaggio e le emozioni dei personaggi riuscivano comunque a trasparire. La differenza fondamentale sta però nel ruolo del narratore, che sia in prima o in terza persona nei romanzi è sempre presente l’elemento descrittivo ‘’ -Hai ragione- disse marco abbassando lo sguardo’’ ‘’Marco mi diede ragione abbassando lo sguardo’’. Cosa che non è evidentemente possibile ricreare in chat. Se dovessimo trascrivere semplicemente la conversazione avvenuta ricorderebbe infatti più gli atti di un tribunale che un libro di narrativa.

I problemi riguardanti le emoji sorgono nel momento in cui queste vengono utilizzate non per colorare di contenuto la nostra risposta, ma per sintetizzare nell’emoji la risposta stessa. Quando replichiamo ad un messaggio solamente con una faccina o quando questa diventa il suo contenuto predominante. Il ruolo della parola deve infatti rimanere sempre la nostra guida e lo strumento principale di comunicazione. Il linguaggio è infatti sintesi di un pensiero, maggiore è la complessità del linguaggio e maggiore è la nostra possibilità di esprimerci, sviluppare pensieri complessi ed un pensiero critico. Nel momento in cui riduciamo la risposta ad una faccina stiamo creando una replica puramente istintiva, quasi animalesca, un cane che scodinzola, senza né elaborare né comunicare il messaggio che doveva essere alla base della relazione sociale che stiamo ricostruendo in chat. 

In conclusione quindi non ritengo che le emoji siano negative, ma che anzi siano uno strumento per permetterci di esprimere in maniera più diversificata e completa, purché non sfuggano però dal loro ruolo principale, cioè quello di componente meramente accessoria.

Anche, a ben pensarci, gli ideogrammi cinesi in fin dei conti sono delle emoji di migliaia di anni fa.

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