Non è un paese per Millenials: conflitti e barriere con Baby-Boomers e Generation X

Qualche settimana fa, il 16 ottobre, abbiamo avuto modo di assistere ad un confronto tra l’ex ministra del lavoro Elsa Fornero e il giornalista Gianluigi Nuzzi, durante la trasmissione diMartedì. Nuzzo ha accusato la Fornero di non parlare ai giovani, pronunciando la domanda (diventata virale l’indomani) “ma lei conosce Ciccio Gamer?”. La Fornero è rimasta senza parole, trovandosi impreparata sotto lo sguardo perplesso del pubblico di la7. Cosa ha significato la domanda di Nuzzi? Dimostra una particolare attenzione e sensibilità al tema giovanile? O semplicemente esplicita la convinzione tacita che i giovani d’oggi sono tutti “youtubers”, nell’accezione più dispregiativa del termine?

L’Italia, si sa, non è un Paese per millennials: le politiche economiche dedicate agli under 30 scarseggiano, praticamente quasi nessun partito politico parla con i ragazzi ed in compenso le pressioni della società aumentano. I Millennials dalla società vengono percepiti come i “nullafacenti”, coloro che rimangono a casa dei genitori fino ai 40 anni, che non hanno cultura o voglia di fare e che, come se non fossero già pieni di difetti, stanno sempre attaccati al cellulare, al computer o ai videogames. Insomma, far nulla è la prassi, far qualcosa non è abbastanza. L’origine di queste convinzioni risale ad un’unica causa: la mancanza di comunicazione. Tra i Baby-Boomers/ GenerationX e noi, si è abbattuta la scure di internet e della digitalizzazione, che hanno separato per sempre la nostra convivenza su questo pianeta. E mentre i (quasi) nativi digitali non trovano problemi a destreggiarsi tra un social e l’altro, tra un meme ed un video virale, i “cinquantenni” hanno invaso i social senza ben capire dove si trovassero. Non c’è da stupirsi se nemmeno i più esperti non riescano a comprendere la portata delle nuove figure lavorative, frutto della digitalizzazione: il blogger e lo youtuber sono solo dei nullafacenti che si affaccendano al computer. Per fortuna non è così. La generazione dei Millenials si è vista quasi imposta nella vita quotidiana la presenza del pc e dei social network, eppure ha saputo trarne un notevole vantaggio. Gli youtubers, non solo sono intrattenitori, ma sono, agli occhi dello Stato, una “vetrina”. Il loro guadagno principale deriva dalla vendita degli spazi pubblicitari trasmessi durante la visione di un video; da un punto di vista fiscale avranno l’obbligo di avere partita IVA e la loro attività verrà categorizzata come attività commerciale. Uno youtuber della portata di Ciccio Gamer, il cui canale conta 2,95 milioni di iscritti, guadagna 131mila e i 2,1 milioni di euro all’anno e come lui ce ne sono tantissimi altri. Tenendo da parte il contenuto di entertainment, non pienamente condivisibile da tutti in quanto dedicato ad un pubblico preadolescenziale (e per questo deriso dal pubblico di la7), si può continuare ad ignorare il valore di questi lavori 2.0?           

In Italia, secondo i dati ISTAT di luglio 2019, l’occupazione è salita al 59%. Ma, secondo una più attenta analisi, è la fascia over 50 ad aver trainato la stima: i nati tra gli anni 60 e 70 dello scorso millennio rendono relativamente alti i valori occupazionali. I dati di settembre 2019 ci mostrano una disoccupazione giovanile (15-24 anni) al rialzo: +1,1%, per un totale del 28,7%. Ben al di sopra della media europea del 15,2%. 

Nonostante i dati molto scoraggianti, la scena politica italiana non si rivolge agli under 30 in modo concreto. Anzi, con l’ondata populista degli ultimi anni, si è puntato al voto dei boomers e della Generation x. Basta pensare alle numerose promesse dispensate riguardanti le pensioni, gli ammortizzatori sociali e la riqualificazione al lavoro. Si punta al futuro senza tener conto che il futuro sono proprio i Millennials. L’unico esponente politico che sembra essersi accorto dell’importanza di coinvolgere i giovani (quantomeno durante la campagna elettorale), è Matteo Salvini, che con la sua “bestia” punta agli under 17. 

L’aspetto più drammatico della pressione sociale sui giovani è l’aumento esponenziale dei disturbi mentali come ansia e depressione. In una società che fa crescere i ragazzi nella convinzione che per mezzo dello studio, dell’impegno e del sapere si arriva in alto, come si fa ad accettare di non essere arrivati? Il divario generazionale non riguarda solo la quasi assenza di un livello comune di comunicazione, ma anche l’effetto che quest’ultimo ha sulla psiche dei giovanissimi. 

Fin quando non si abbandonerà l’immobilismo e la retorica dei ragazzi “scansafatiche”, il nostro può considerarsi un Paese con orizzonti non del tutto brillanti… ma sicuramente pieno di argutissimi e sfrontatissimi meme.

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