Cedibilità del credito d’imposta nel Decreto Rilancio

di Emilio Papa-

In questo periodo storico la situazione economica nazionale si presenta sostanzialmente fragile. Il nostro debito nazionale è stato declassato dall’agenzia di rating Fitch, portandolo ad un gradino dal livello “spazzatura”, e le vicende si prospettano sempre più difficili. Nessuno di noi si sarebbe mai aspettato l’inizio di questo 2020 così particolarmente travagliato e statico. Le categorie delle PMI e dei liberi professionisti sono, tra le tante, sicuramente i soggetti più colpiti ed i soggetti alle quali il governo “deve” (si auspica un tenore imperativo del termine) prestare maggior attenzione. Ora come in passato l’intervento dello stato nel mondo economico si prospetta sempre più consistente e con una veste statale sicuramente più imprenditoriale del solito. Il decreto c.d. rilancio, entrato in vigore nei giorni scorsi a seguito della firma del presidente della repubblica e la sua pubblicazione in gazzetta ufficiale, ne rappresenta un significativo intervento statale a tutela della collettività e con l’intento di riavviare quel settore economico, ormai rimasto desueto da mesi, su scala nazionale. È abbastanza evidente che si tratta di una misura, forse la più consistente della storia della nostra repubblica da un valore di 55 miliardi di euro.
Tra i tanti punti affrontati in decreto necessita una particolare attenzione la fattispecie riguardante la cedibilità del credito d’imposta nei confronti delle imprese, esecutori dei lavori, o degli intermediari finanziari, tra cui anche banche. La cessione del credito non è una novità sostanziale perché era già presente per i soggetti rientranti nella no tax area e che usufruivano delle misure di intervento. La stessa cessione è stata estesa, in previsione dell’emergenza e per un periodo temporale limitato, a tutte le persone fisiche, senza vincoli di reddito, (non più solo i contribuenti incapienti) che si agevolano delle misure d’intervento alle quali lo stato riconosce un diritto alla detrazione convertibile, facoltativamente, in credito d’imposta.
Il medesimo credito a sua volta può essere ceduto dal soggetto richiedente all’impresa che esegue i lavori (optando per il c.d. sconto in fattura) oppure direttamente alle banche od altri intermediari finanziari in cambio di liquidità immediata.
È evidente che il credito ceduto alle imprese può essere trasferito, a sua volta, alle banche o ad altri intermediari finanziari in cambio della liquidità sufficiente per finanziare l’intervento. Le imprese rappresentano in questa catena l’anello intermedio interposto tra il soggetto richiedente (persona fisica) e l’ente finanziatore dei lavori (banche ed intermediari finanziari). Ciò genera un meccanismo dinamico di trasmissione del credito che potrebbe non partire qualora l’ente finanziatore non sia disposto a finanziare. La riflessione verte appunto su questo punto determinante: le banche o gli intermediari che, sulla base di quanto detto, risultano essere in linea di massima i c.d. soggetti finanziatori degli interventi strutturali sono disposti ad erogare il credito ed a recuperalo nelle successive cinque dichiarazioni ? Sul fatto che essi non siano obbligati ad erogare il credito non ci sono dubbi e quindi si parlerebbe di discrezionalità rimessa in capo al singolo istituto di credito. Si attendono ancora i decreti attuativi e le istruzioni da parte dell’agenzia delle entrate che dovrebbero essere emanate entro il 19 giugno.
Nonostante la convenienza della misura si rimane scettici perché rimangono diversi nodi ancora da sciogliere, tra cui la discrezionalità nell’erogazione del credito da parte delle banche od intermediari finanziari e la garanzia statale.

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