Le buone intenzioni della moderna censura

di Elena Mandarà-

L’ultima vittima offerta in sacrificio sull’altare del Politicamente Corretto è “Grease”, il musical cult che negli anni ’80 ha fatto cantare e ballare un’intera generazione. Accusato di misoginia, omofobia ed incitamento allo stupro, c’è chi è arrivato addirittura a chiedere che non venisse più trasmesso.

Solo pochi mesi fa, sotto il mirino delle critiche era finito Via col vento, la pellicola degli anni ’30 condannata per contenuti razzisti e della quale era stato richiesto il ritiro dalla piattaforma streaming Netflix. E proprio la scorsa estate è nato il movimento di protesta che ha portato migliaia di persone a scagliarsi contro le statue di personaggi storici legati al fenomeno del colonialismo, finite distrutte o fortemente danneggiate (a Milano, ad esempio, è toccato alla statua di Indro Montanelli).

Sembra, dunque, che ci sia una generale tendenza a cercare nella censura e nella condanna alla damnatio memoriae la chiave di volta del progresso. Il messaggio che si vorrebbe far passare è quello che l’oblio e la distruzione di opere, specchio di società e contesti culturali profondamente diversi da quello odierno, siano l’unico modo di costruire un modello di riferimento nuovo e che incarni i valori condivisi oggi. Da quando la censura è sinonimo di educazione? Non è forse il sintomo di un odierno Medioevo culturale, il voler cancellare a tutti costi la testimonianza di un passato che non accettiamo, per illuderci di favorire la crescita e il progresso della società?

L’arte, in tutte le forme in cui questa si esprime, è da sempre lo strumento attraverso il quale il mondo si racconta. Studiare le testimonianze provenienti da luoghi e tempi lontani è l’unico modo che abbiamo per conoscere ciò che è stato. E la storia insegna che conoscere, non certo distruggere, è il primo passo per cambiare. È chiaro che l’evoluzione ed il cambiamento continuo della società contribuiscano a creare una percezione sempre diversa delle espressioni d’arte, impedendoci di continuare ad identificarci in quelli che fino a qualche tempo fa erano considerati modelli di universale riferimento. Ed è proprio nella capacità di cogliere i limiti di un modello passato, nel percepire la distanza ideologica che si pone fra noi e i riferimenti di una società diversa, che si scopre il nostro senso critico. Tentare di eliminare le testimonianze e i residui del passato, dunque, equivale a distruggere gli elementi di cui il nostro senso critico si nutre. Solo i periodi più bui della storia – si pensi all’epoca dei totalitarismi – hanno conosciuto una così forte tendenza a “far fuori” tutto ciò che si ponesse in contrasto con gli ideali di cui si facevano portatori. Ciò che forse i paladini del Politicamente Corretto dimenticano, è che il passato che cercano di cancellare ha inevitabilmente contribuito a creare, negli aspetti più banali e non, la società in cui adesso viviamo. Soltanto attraverso la conoscenza di quel passato, dunque, saremo capaci di comprendere la realtà che ci circonda e di tracciare la rotta verso la quale vogliamo che questa prosegua. Non sarà certo evitando di trasmettere Grease o Via col vento che risolveremo i problemi della parità di genere e del razzismo, ma è proprio diventando anzitutto consapevoli del fatto che determinati problemi esistono e hanno radici profonde, che si può intraprendere un percorso per risolverli.

È vero, i modelli proposti al cinema o in televisione entrano in qualche modo a far parte della nostra vita e contribuiscono a formare la nostra idea del mondo “come dovrebbe essere”, ma ciò a cui si dovrebbe puntare è fornire gli strumenti giusti affinchè chi guarda sia in grado di contestualizzare, comprendere, trarre un insegnamento da ciò che gli viene proposto. Il vero mostro contro cui lottare è la sfiancante passività di chi guarda senza vedere, sente senza ascoltare ed assorbe senza alcun tipo di filtro qualunque contenuto, incapace di comprenderne a fondo il significato. Il punto non è distruggere i simboli di un passato che comunque è esistito e nessuno potrà mai cambiare, ma essere in grado di dar loro una collocazione nuova, un ruolo costruttivo e positivo nella realtà che viviamo.

Quando ci stancheremo di questa superficialità disarmante e butteremo via la maschera fatta di buone intenzioni mal riposte; quando avremo davvero il coraggio di guardare indietro e capire, anziché distogliere lo sguardo e guardare altrove, solo allora saremo davvero in grado di andare avanti.

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