Il mito di Sylvia nella Roma di Fellini.

a cura di Giuseppe Venneri –

Non è semplice rappresentare in poche righe la figura di Anita Ekberg. Per gli italiani era semplicemente “Anitona”: appellativo presto diffusosi nella cultura di massa, che trasmetteva l’idea della sua giunonica bellezza e l’immagine di una bellezza prorompente e invitante, che univa le generose forme mediterranee ai lucenti colori nordici.

Anita non era una diva, ma La Diva: nessuna prima di lei aveva osato danzare di notte nella Fontana di Trevi e chiunque lo abbia fatto dopo, è stato solo per spirito di emulazione.

Una bellezza mai svanita, irraggiungibile per gli uomini e impareggiabile per le donne.

“Marcello, come here! Hurry up!”. Parole comuni che scandiscono una frase innocua, quasi banale, ma che racchiudono in sé uno dei periodi storici più affascinanti che ha attraversato la Città Eterna. Roma nei tardi anni cinquanta è una città viva, ripresasi ormai totalmente dagli orrori della Seconda guerra mondiale. Sono gli anni del miracolo economico italiano, delle chiacchierate feste di Via Veneto, della “commedia all’italiana” e, soprattutto, del maestro Fellini.

Fellini immortala quel mito eterno che è Roma, scegliendo spesso punti di vista differenti: incanta il mondo intero con visioni dall’alto della città, ma si introduce anche nelle sue viscere. E la città intera sarà sempre uno dei soggetti principali delle pellicole di Fellini: dai luoghi di ritrovo mondani de “La dolce vita”, alle fragorose trattorie di quartiere; dai teatri nei quali avevano luogo dei variopinti spettacoli di varietà, all’interno delle “case di tolleranza” brulicanti di pittoreschi e smaniosi personaggi sui volti dei quali sembrano facilmente leggibili desideri carnali nitidi ed intensi. Dalla Roma notturna dei vicoli e delle grotte popolata sia da meretrici vocianti, ad una città leggera che pare danzare sinuosamente all’interno di fontana di Trevi come fa Anita Ekberg al ritmo delle note di Nino Rota.

“Il Maestro” ha, infatti, rappresentato Anita come il simbolo della bellezza romana che si forgia come imponente nella storia, ma che si fa ammirare, al tempo stesso, per il suo aspetto leggiadro e armonico. Un omaggio ad Anita e all’Urbe interpretato magistralmente da Marcello Mastroianni, il quale parlando di lei pare che, a nome di Fellini, parli della città intera sussurrandole queste parole: “Tu sei tutto, Sylvia, ma lo sai che sei tutto? You are everything, everything! Tu sei la prima donna del primo giorno della creazione, sei la madre, la sorella, l’amante, l’amica, l’angelo, il diavolo, la terra, la casa… ah, ecco che cosa sei: la casa!”.

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