Il discorso di Hollande

A cura di Damiano Sanna

Si è da poco concluso il discorso del presidente della Repubblica francese François Hollande davanti all’Assemblea Nazionale. Il presidente ha comunicato i prossimi passi da compiere per affrontare la guerra che la Francia sarà chiamata a combattere per tutto il tempo necessario per sconfiggere il nemico, non uno scontro di civiltà” ha dichiarato “in quanto questi assassini non ne hanno”. È stato il discorso del presidente di un Paese che non intende risparmiarsi nella lotta, ma anche una richiesta di collaborazione e aiuto ai propri connazionali, agli altri Stati europei, alla Russia e agli Usa. Alla Francia Hollande chiede di procedere con delle modifiche costituzionali che adeguino gli strumenti degli anni ’50 alla lotta odierna, agli Stati europei chiede di non limitarsi alla commozione e alle frasi di circostanza ma di agire, al litigioso duo Usa-Russia di trovare un’intesa che consenta di colpire l’ISIS in modo efficace.

Il primo passaggio, come naturale, è stato dedicato alla memoria delle vittima, a un invito all’ unità nazionale e alla richiesta di affrontare la tragedia con l’orgoglio che contraddistingue la Francia “una nazione che, se unisce unita, è invincibile”. Il discorso è proseguito con una rassegna delle misure già prese, la dichiarazione dello stato di emergenza che, ha comunicato, durerà tre mesi e consentirà perquisizioni facilitate su tutto il territorio francese e controlli alla frontiera statale, necessari in questa fase di caccia all’uomo per rintracciare i responsabili dell’attacco ed impedirne la fuga. All’Assemblea il presidente ha chiesto di riprendere le proposte del 2007 del comitato Balladur in tema di revisione costituzionale. Hollande ha individuato due norme in particolare che necessitano di essere modificate, l’articolo 16 e l’articolo 36. Lo scopo, come ha sottolineato più volte durante il discorso, è quello di adattare le misure di emergenza contemplate nella costituzione francese, al nuovo tipo di guerra a cui il paese è chiamato. In particolare, l’articolo 36 appare formulato in un modo tale da non ricomprendere situazioni odierne. Se oggi si parla di “stato d’assedio”, la modifica potrebbe portare a parlare di “stato d’urgenza”. Le preoccupazioni si concentrano anche sui trasferimenti di poteri che, in caso di attivazione di questa previsione costituzionale, avvengono dall’autorità civile a quella militare. Una situazione che Hollande ritiene non adatta ai tempi moderni e alla sfida moderna del terrorismo. I tempi descritti dal presidente sono molto stretti, il compito di presentare il nuovo piano normativo è affidato al Premier Valls. Successivamente Hollande ha ricordato la decisione di bombardare la roccaforte dell’ISIS nella città di Raqqa nel centro della Siria e nel commentare l’operazione militare di ieri sera si è detto soddisfatto del risultato conseguito, ossia la distruzione di un centro operativo nemico, forse anche per rispondere indirettamente al comunicato del Daesh delle ultime ore, secondo il quale il bombardamento avrebbe mancato il bersaglio andando a colpire zone desertiche. I raid continueranno, Hollande sembra determinato a mostrare che la Francia non si ferma e non si farà spaventare, all’Assemblea Nazionale ha comunicato di aver ordinato di triplicare la capacità operativa dei caccia francesi.

Non è sfuggita una certa delusione per come stanno andando i colloqui al G20 in Turchia. Nella giornata di ieri era stato comunicato il raggiungimento di un accordo di massima per coordinare gli attacchi della coalizione franco-americana con quelli russi, basato su un piano di transizione politica in Siria. Le speranze sono però state congelate dalla dichiarazione di un diplomatico russo che ha definito impossibile l’intesa a causa di non meglio precisate divisioni all’interno dell’Occidente su come affrontare la campagna. Hollande ha comunque confermato che cercherà una strategia comune insieme a Obama e Putin. Il vero interrogativo riguarda la necessità di trasformare l’operazione aerea in un’operazione di terra, gli Stati Uniti si sono scottati talmente tanto con l’invasione dell’Iraq del 2003 da voler evitare questa soluzione a tutti i costi e in Europa nessuno ha un esercito abbastanza forte da poter prendere l’iniziativa, neppure la Francia, maggiore potenza militare dell’Unione. Sono in molti ad evidenziare come l’ISIS non potrà essere sconfitto del tutto con i soli raid aerei, il nodo verrà prima o poi al pettine ma Hollande non ha ritenuto di affrontarlo nel suo discorso. L’aiuto che Hollande si aspetta deve venire però prima di tutto dagli altri Stati UE, per questo motivo ha annunciato che richiederà che venga applicato l’articolo 42.7 del Trattato sull’Unione Europea che prevede che in caso di aggressione armata a uno degli Stati membri, gli altri siano tenuti a fornirgli aiuto e assistenza con tutti i mezzi a loro disposizione in conformità con l’articolo 51 della carta dell’ONU. La proposta per quanto possa apparire scontata, non sarà una questione di facile risoluzione. Se la Francia è in guerra, nel vero senso della parola, diversi Stati dell’Unione non si sentono chiamati a una battaglia che non sia di tipo culturale. Germania e Italia per esempio non sembrano propensi a fare la propria parte nel bombardare le postazioni dell’ISIS in Medio Oriente, almeno fino a quando non verrà tratteggiata una strategia più chiara che però potrebbe avere tempi lunghi. Non si può escludere una formale attivazione dell’articolo 42.7 che salvi la faccia a tutti ma che lasci i bombardamenti alla Francia. Eppure la circostanza è così grave da lasciar pensare che forse questa volta gli stati europei siano costretti ad agire insieme, davvero nessuno potrà sentirsi al sicuro nei prossimi mesi e chissà che le stesse opinioni pubbliche europee non sentano la necessità di premere sui propri governi affinché agiscano. Significativo il passaggio nel discorso di Hollande nel quale egli ha avanzato la richiesta di istituire un vero controllo delle frontiere dell’Unione Europea , “il solo modo per evitare il rinascere di frontiere nazionali”. Fino a questo momento molti Stati si sono opposti a un vero controllo europeo delle frontiere, lasciando che fosse una responsabilità essenzialmente degli paesi di frontiera, Italia e Grecia in primis.

Nell’ascoltare il presidente francese si è avuta la conferma di quanto era già stato detto in occasione della strage di Charlie Hebdo, ossia che Hollande appare inadeguato per i tempi ordinari, inadeguatezza che paga pesantemente in termini di popolarità, ma che non è secondo a nessuno in quanto a risolutezza in casi di emergenza. Se appare essere stato in grado di compattare il paese dietro alla necessità di affrontare la sfida senza abbandonarsi a divisioni (anche in vista delle imminenti elezioni regionali), la sfida più grande lo attende sul piano esterno dove le posizioni sono tutt’altro che vicine.

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