Giurisprudenza: la rottamazione del ciclo unico

A cura di Edoardo Esposito –

Era il 1999 quando veniva introdotto in Italia il percorso di laurea “3+2”, la cui struttura, modificata dalla riforma del 2004, si basa sul conseguimento di una laurea triennale, rivolta a fornire allo studente una formazione generale immediatamente spendibile per l’accesso al mondo del lavoro, e di una eventuale laurea magistrale, che offre elevate qualificazioni in ambiti specifici. Uno dei dieci corsi di laurea rimasti ancorati al ciclo unico è quello di giurisprudenza, che sembra però ora destinato a subire profonde modifiche. Il progetto al vaglio del MIUR prevede infatti l’istituzione di un modello basato sulla formula del 3+2, con una diminuzione del numero dei CFU vincolati dalle previsioni nazionali e una maggiore libertà nella modulazione del corso universitario. In questo modo, nello spazio aperto dai CFU liberi potranno entrare nuove materie e, soprattutto, si permetterà agli atenei di adattarsi, con una formazione specifica, alle reali esigenze del mercato del lavoro. Parallelamente sarà costruito un modello 4+1 finalizzato all’iscrizione agli albi professionali, degli avvocati e dei notai, con un numero chiuso previsto per l’ultimo anno. In sostanza, dopo quattro anni di formazione, lo studente di giurisprudenza potrà scegliere fra i diversi percorsi di specializzazione e avrà la contestuale possibilità di svolgere, durante l’ultimo semestre del proprio corso di studi, sei dei diciotto mesi di praticantato, come prevedeva l’inattua- ta legge 247/12. Lo scopo è quello di risolvere alcune criticità di un corso di laurea che attualmente lascia molto spazio alla teoria e poco alla pratica, formando studenti con un’infarinatura soltanto teorica dei principali ambiti del diritto. E non è del tutto errato, in un mercato del lavoro esigente come quello attuale, ritenere che il tradizionale metodo di studio al quale l’ordinamento italiano è orientato, diretto alla formazione studenti che sappiano un po’ di tutto, sia divenuto, soprattutto in una materia vasta come la giurisprudenza, anacronistico. Un sapere completo in ambiti deter- minati, piuttosto, è la chiave che facilita l’inserimento nel mondo del lavoro.

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