Quindici risposte a Zagrebelsky

A cura di Danilo Capitanio 

1.Diranno che “gli italiani” aspettano queste riforme da vent’anni (o trenta, o anche settanta, secondo l’estro)

La forma di governo italiana, per scelta dell’Assemblea Costituente, è una forma di governo parlamentare a razionalizzazione debole, ovvero una forma di governo che prevede un intervento limitato del dettato costituzionale nell’assicurare la stabilità dei rapporti tra Parlamento e Governo. Questo ha dato luogo, soprattutto nella Prima Repubblica, a Governi deboli e instabili e ad un Parlamento forte, stabilizzato da un sistema partitico non competitivo e bloccato e capace di autoregolarsi. Nella Seconda Repubblica, dopo l’introduzione del sistema elettorale maggioritario e il crollo del vecchio sistema partitico, è mutato completamente l’assetto politico che, se da una parte ha portato ad una maggiore durata dei governi, dall’altra non ha garantito maggiore stabilità delle maggioranze. L’Esecutivo, infatti, troppo debole e instabile prima, troppo forte e autoritario poi, ha sopperito all’inerzia e alla più recente scarsa competenza del Parlamento di legiferare e di partecipare a processi decisionali globalizzati. Dal punto di vista della produzione legislativa, dato il farraginoso e lungo procedimento ordinario, derivante dal sistema di bicameralismo perfetto, v’è stato un forte abuso della decretazione d’urgenza da parte del Governo, non soltanto quando sussistenti obiettivamente i presupposti costituzionali di straordinaria necessità ed urgenza, ma anche e soprattutto quando la difficile dialettica con il Parlamento non riesce a dar luogo alla determinazione dell’indirizzo politico e all’attuazione del programma di Governo.
Di riforma costituzionale e, più specificamente, di riforma del Senato si cominciò a parlare già negli anni’50 quando cominciavano ad emergere alcune scelte infauste dell’Assemblea Costituente. Ruini, Mortati, Ferrari, Lavagna, Rizzo, Guarino, Adriano Olivetti ed Amedeo Giannini diedero contributi molto validi alla Commissione senatoriale presieduta dal Sen. Enrico De Nicola e al progetto dell’ On. Riccio, in modifica del Senato in prospettiva regionale contenuta poi nel disegno di legge costituzionale presentato dal I Governo Segni: “Modifiche della durata e della composizione del Senato della Repubblica “. Del 1958 fu la proposta del Senatore Don Luigi Sturzo, uno dei padri della nostra Repubblica: “Modifiche agli articoli 57, 59 e 60 della Costituzione “. Il dibattito è continuato con le Commissioni Bozzi (1983-1985), De Mita-Iotti (1993-1994), D’Alema (1997).
Zagrebelsky ha parlato di autoritari e antidemocratici. Io parlo di Costituzionalisti illustri e Padri della Patria. Non sono trenta anni che aspettiamo una riforma, ne sono 60!
P.S La Costituzione è in vigore da 68 anni.

2. Diranno che “ce lo chiede l’Europa”

Non mi pare che l’Europa si sia interessata direttamente alle riforme istituzionali degli Stati. All’Europa interessa solo la stabilità politica, poiché solo questa è in grado di garantire un indirizzo politico chiaro e preciso, derivante dalla scelta democratica degli elettori. Il processo d’integrazione europea (confermato e voluto dagli Italiani nel referendum 1989) prevede, per forza di cose, una cessione di sovranità e, spiacente per Zagrebelsky, con l’Europa ci dobbiamo confrontare su tutto.
P.S. Il Parlamento Europeo è votato e la Commissione ne è rappresentazione della maggioranza.
Non mi pare che l’UE sia questo regime autoritario e l’Italia salvezza della democrazia.

3. Diranno che le riforme servono alla “governabilità”

La scelta a favore di un regime parlamentare parzialmente razionalizzato e l’adozione di una legge elettorale proporzionale hanno favorito, nella Prima Repubblica, un modello di Governo debole, nel quale l’Esecutivo, lungi dall’essere espressione di una maggioranza omogenea sostenuta in sede parlamentare, ha dovuto basarsi su coalizioni di partiti-gruppi parlamentari eterogenei, secondo la logica propria dei “governi di coalizione”, con una vita media inferiore all’anno solare.
previsto dalla Costituzione), che ha portato fino al controllo dell’intero circuito delle istituzioni rappresentative e di Governo. Nella Seconda Repubblica, ovvero dopo la svolta in senso maggioritario del sistema politico italiano, si è acuito lo squilibrio tra Parlamento ed Esecutivo a favore di quest’ultimo, con una sempre maggiore rilevanza nei processi decisionali del Paese (parallelamente alla perdita di importanza del Parlamento), evidenziato nell’ ambito della legislazione primaria, ovvero nel numero sempre crescente di decreti legge, in uno stato permanente di straordinaria necessità ed urgenza. Una governabilità contra costitutionem. Caro Zagrebelsky, non Le sembra ora di adeguare la Costituzione formale a quella materiale?

4. Diranno: ma la riforma è pur stata approvata dal Parlamento, l’organo della democrazia

Zagrebelsky ha parlato di Parlamento illegittimo, dopo la Sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale della legge 270/2005 (legge elettorale c.d. Porcellum), con la quale sono state elette le Camere nel 2013. Il Parlamento non è e non può essere illegittimo. La Corte Costituzionale ha scelto (in maniera molto criticabile) di esprimersi sulla legge più politica che c’è, creando un cortocircuito istituzionale, ma non voglio entrare nel merito della questione. La Corte non può affermare e non ha affermato che il Parlamento è illegittimo. Al massimo è delegittimato, ma non per colpa di una legge che ha determinato l’elezione dei suoi membri. E ‘delegittimato per ciò che fanno e ciò che non fanno i suoi componenti, ma questa è una questione che dura da venti anni: ovvero da quando i Parlamentari si disinteressano dell’indirizzo politico, da quando non legiferano più, da quando hanno riformato le immunità, sottomettendosi alla Magistratura. Comunque il Parlamento rappresenta gli italici valor (tengo famiglia ecc.).

5. Parleranno di atto d’orgoglio politico dei parlamentari, finalmente capaci di “autoriformarsi” senza guardare al proprio interesse

Su questo punto concordo con Zagrebelsky. I Parlamentari sono troppo inetti per poter pensare di autoriformarsi. Non vogliono e non lo sanno fare. Dissento da Zagrebelsky sull’autoritarismo del Governo. Parlerei, piuttosto, di determinismo del Governo.

6. S’inorgogliranno chiamandosi “governo costituente”

Ma è possibile mai che qualcuno un po’ più deciso in questo Paese deve essere accostato per forza a qualche dittatore fascista? La storia, nata con Craxi, continuata con Berlusconi e ora con Renzi. Si tratta di fare. Se fosse stata manutenuta la Costituzione, non si sarebbe arrivato, ora, ad una riforma palingenetica. Vi meritate l’immobilismo di Prodi.

7. Diranno che l’iniziativa del governo nelle faccende costituzionali non ha nulla d’anormale e, quelli che sanno, porteranno l’esempio della Francia, del generale De Gaulle e della sua riforma costituzionale del 1962.

Ciò che non è vietato è permesso. Perché un governo non può fare una proposta di legge costituzionale? Meglio una proposta di Razzi?

8. Diranno che, anche ad ammettere che la riforma abbia avuto una genesi non democratica e un iter parlamentare telecomandato nei tempi e nei contenuti, alla fine la democrazia trionferà nel referendum confermativo.

Macchè genesi non democratica! Macchè tempi telecomandati! Decine di persone audite, milioni di emendamenti, ore ed ore di discussione. Cambiamenti parlamentari disastrosi come un Senato delle autonomie dove i cittadini “indicano” i consiglieri regionali, quando quella è e deve essere una Camera che funziona solo con elezione di secondo grado. Alla fine si esprimerà anche il popolo (sperando sia consapevole e non indottrinato da uno scontro politico).

9. Diranno che non c’è da fare tante storie, perché, in fondo si tratta d’una riforma essenzialmente tecnica, rivolta a razionalizzare i percorsi decisionali e a renderli più spediti ed efficienti

Non è una riforma tecnica, è una riforma modesta. Si razionalizza la forma di governo parlamentare (finalmente) e, forse, si vota all’efficienza il procedimento legislativo mediante il voto a data certa. Qualcuno preferisce ancora l’abuso della decretazione d’urgenza, per continuare a lamentarsi su eccellenti articoli di dottrina.
10. Diranno che i partiti di sinistra, già al tempo della Costituente, avevano criticato il bicameralismo (cuore della riforma) e che perfino Pietro Ingrao, ancora negli anni 80, si espresse per l’abolizione del Senato

In realtà anche nella Riforma Renzi si vuole riportare il Parlamento al centro della vita politica (la forma di governo rimane PARLAMENTARE), ma questo dipenderà dalla politica che deve ritornare a fare politica.

11. Diranno che siamo come i ciechi conservatori che hanno paura del nuovo, anzi del “futuro-che-è-oggi”, e sono paralizzati dal timore dell’ “uomo forte”

Non è che si è conservatori perché si ha paura del nuovo. Si è conservatori per mantenere inalterato lo status quo, che a tante persone piace.

12. Diranno che siamo per l’immobilismo, cioè che difendiamo l’indifendibile: una condizione della politica che non ha mai toccato un punto così basso in tutta la storia repubblicana, mentre loro vogliono rianimarla e rinnovarla

Io rispondo con Calamandrei, padre Costituente: “Se la seconda parte della Costituzione non funziona, la prima parte sarà solo una bellissima dichiarazione di diritti”.

13. Diranno: non ve ne va bene una; la vostra è una opposizione preconcetta. Non siete d’accordo nemmeno sull’abolizione del Cnel e la riduzione dei “costi della politica”?

Ancora una volta dissento da Zagrebelsky: non vi è un trucco nel far votare una riforma costituzionale tutta insieme. Non si possono fare più domande su una riforma organica.

14. Diranno: come è possibile disconoscere il serio lavoro fatto da numerosi esperti, a incominciare dai “saggi” del presidente della Repubblica, passando per la Commissione governativa, per le tante audizioni parlamentari di distinti costituzionalisti, fino ad approdare al Parlamento e al ministro competente per le riforme costituzionali. Tutto ciò non è per voi garanzia sufficiente d’un lavoro tecnicamente ben fatto?

Su questo sono d’accordo con Zagrebelsky. La questione costituzionale non è tecnica, è politica. Tuttavia non vedo umiliazione del Parlamento a causa del combinato disposto della legge elettorale e della riforma costituzionale. Vedo l’umiliazione del Parlamento quando questi applaude al Presidente della Repubblica (Napolitano) che lo insulta (durante il discorso del giuramento del suo secondo mandato). Per quanto riguarda la sovranità, il popolo la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione (art. 1 comma 2 Cost. ), altrimenti torniamo alla democrazia degli antichi come descritta da Constant o quella diretta di Rosseau.

15. Diranno: sarà divertente vedere dalla stessa parte un Brunetta e uno Zagrebelsky.

Vero. Questa mi diverte: vedere insieme uno dei più grandi costituzionalisti italiani, con uno dei più bassi politici italiani è fantastico. Spero solo che non vengano confusi gli aggettivi.

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