The Avengers – Age of Ultron. Filosofia della mente di un androide a tratti Cartesiano.

A cura di Augusto Drisaldi Sette –

La saggezza di internet una volta disse che la domenica sera la distingui dalla domenica mattina il momento in cui passi da avere ancora il pigiama ad avere già il pigiama. Scrollando la home di uno dei tanti social network che affollano le nostre vite mi lascio cadere sul divano cercando qualcosa che dia un senso all’incubo di ogni essere umano post moderno: la domenica sera. Leggo i vari titoli passando da quelli più impegnati a quelli che avrebbero decisamente bisogno di impregnarsi di più, finché non decido che un po’ di sano americanismo è quello che ci vuole.

Prendo la mia vaschetta di gelato e faccio partire The Avengers – Age of Ultron. Il film scorre per quello che è, un grandioso film d’azione, nessuna sorpresa fino a che non arriva il momento in cui (potrebbe essere uno spoiler ma non di quelli per cui mi verreste a cercare) Tony Stark, indossando una delle sue improbabili magliette, insieme al pacato e docile Bruce Banner, non decidono di “risvegliare” un’intelligenza artificiale nota come Ultron.

La sequenza di immagini descrive quello che stereotipicamente viene immaginato come la visualizzazione di un pensiero digitale, durante la quale la neonata I.A. un po’ perplessa si chiede: ”che strana sensazione, dov’è il mio corpo?”. Il film da li in poi prende una piega più interessante. Il personaggio di Ultron è caratterizzato come un droide, in qualche modo autocosciente che, anche se solo latentemente, a tratti sfiora un’interrogativo cardine nel panorama della filosofia occidentale e non: l’identificazione di un essere vivente con la propria mente piuttosto che con il proprio corpo.

Alla radice della storia del pensiero vi è stato, in maniera più o meno centrale, l’interrogativo sulla natura dell’uomo in particolare su quella cosa indefinita e storicamente a più riprese determinata a volte come spirito e anima piuttosto che pensiero o coscienza.

La speculazione, rimanendo nell’orbita del pensiero occidentale, ha fra le sue radici il culto dell’Orfismo. Religione nata intorno al VI secolo a.C. in Grecia, l’Orfismo ha rivoluzionato lo schema di civiltà occidentale identificando nell’uomo un dualismo antitetico fra una componente mortale, il corpo, e una componente derivante direttamente dagli Dei, l’anima.

La grande novità orfica, oltre ad aver razionalizzato un concetto fino a quel momento sconosciuto alla cultura occidentale, è nel aver posto uno schema duale e antitetico fra due realtà conviventi in un unicum incarnato, subordinando qualitativamente il corpo all’anima. L’anima, “ immagine della vita, poiché solo quella viene dagli dei ”, deve il suo primato ontologico alla sua natura divina, il culto Orfico contrappone nell’uomo “l’anima immortale al corpo mortale e considera la prima come il vero uomo o, meglio, ciò che nell’uomo veramente conta e vale.”1 Che l’interpretazione dell’esistenza umana sia cambiata da qui in poi è palese, il focus si è spostato dalla componente corporea a quella spirituale (in età moderna mentale), il divino è entrato nell’umano in maniera incontrovertibile e il rapporto fra terreno e ultraterreno condizionerà terribilmente tutta la storia del pensiero occidentale.

Ultron coglie questa dicotomia e la esprime in un linguaggio più vicino alla nostra cultura: dov’è il mio corpo?. La portata epocale di questa domanda è stata espressa per la prima volta in maniera compiuta e sistematica nella prima metà del XVII secolo da un francese di nome Descartes22 Il dubbio iperbolico-metafisico che assale Cartesio lo porta a dubitare, appunto, di tutto ciò che viene considerato reale, persino del suo stesso corpo e dalla sua stessa esistenza. La via di uscita è nel pensiero inteso come atto stesso del pensare, riconosciuto come l’unica cosa che non può essere tacciata di inesistenza: il momento stesso in cui penso di non esistere sto di fatto affermando l’esistenza del pensiero stesso che pensa di non pensare.

Queste due righe hanno aperto uno dei vasi di pandora del pensiero moderno e post-moderno: io sono il mio corpo o la mia mente?. La risposta di Descartes è un permixtum fra le due res, argomento che non analizzeremo in questa sede. Ciò che realmente ci interessa è l’attualità di questa domanda nata circa quattrocento anni fa.

Le nuove scoperte tecnologiche che caratterizzano la nostra epoca hanno sconvolto la percezione di alcuni attributi fondanti dell’essere umano, fra cui il concetto stesso di pensiero, vita e morte. Possiamo dire morto un uomo a cui non batte più il cuore? Un aretino in pieno rinascimento avrebbe risposto assolutamente si, oggi possiamo tranquillamente – o quasi – rispondere di no: un uomo che ha perso tutte le proprie funzioni fisiologiche ma conserva la propria attività cerebrale viene senza indugio definito vivo3 Questo slittamento della definizione di morte da un livello fisico a uno cerebrale è un riflesso storico del cambiamento in cui viviamo.

La mente è divenuta il centro dell’individuo che – come fa Ultron – si riconosce nel suo pensiero e non nel suo corpo, al punto che l’identità dell’individuo, ciò che lo caratterizza come unicum, non sono i lineamenti del viso, o il taglio delle mani bensì la natura stessa del proprio pensiero.

Il momento in cui Ultron si “incarna” in un corpo abbiamo la rappresentazione visiva di questa tesi: il soggetto Ultron non è quel corpo metallico, bensì la mente al suo interno che indossa quel corpo. Appena “risvegliato” Ultron cerca un corpo in quanto il pensiero puro non è qualcosa di percepibile al di fuori del soggetto stesso pensante, per poter entrare in relazione con l’immanente ha bisogno dunque di essere veicolato da qualcosa che appartenga alla realtà materiale.

Vi è un momento del film particolarmente interessante a riguardo. A un certo punto – senza entrare nel dettaglio – il corpo di Ultron viene distrutto, e la sua mente si sposta a un Bot a lui collegato continuando così a esistere. Il soggetto Ultron è quindi definito dalla sua res cogitans il cui corpo è un semplice veicolo della mente che, ipoteticamente, è immortale se avesse modo di scappare da un corpo morente. Questa fra l’altro è una delle derivazioni elleniche che il pensiero cristiano ha fatto sue.

Ultron ci dimostra come l’identificazione del sé avviene nel organo che pensa il sé, prescindendo dunque da ciò che rende immanente il sé.

Fra Platonismo, nuove teorie Cartesiane, riduzionismo Orfico e un pizzico di Nietzscheismo a tratti travisato (di cui qui non abbiamo parlato), Ultron è decisamente un personaggio di spessore in un film che di spessore ha solo il deltoide di Hulk4.

1)Giovanni Reale; La novità di fondo dell’Orfismo

2)Renè Descartes; Meditazioni metafisiche

3) A riguardo vi è un’accesso dibattito in Bioetica che non vuole essere aperto in questa sede

4) Non travisatemi, The Avengers è un filmone

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