Quando la banda passò…

A cura di Giulio Menichelli

L’Italia è da sempre il Paese della grande musica: basti pensare ad alcuni dei più grandi nomi della storia della musica, compositori o esecutori: Vivaldi, Verdi, Puccini; Paganini, Bottesini, Toscanini. Eppure, negli ultimi decenni, questa grande tradizione che ha sempre caratterizzato il nostro Paese sembra essere stata dimenticata. L’istruzione musicale nelle scuole lascia molto a desiderare, e gli italiani sono sempre meno consapevoli dell’immenso patrimonio che hanno ereditato. Certo ci sono gli Istituti di Alta Formazione Musicale (Conservatori di musica) e le altre scuole, perlopiù settoriali, che formano professionalmente i musicisti di oggi, pur non risolvendo il problema della diffusione della cultura, o della mera conoscenza del linguaggio musicale in quanto, soprattutto dopo la riforma del 2010, sono sempre più rivolti a chi è indirizzato alla professione musicale. Ciò detto, chi si occupa della formazione musicale del cittadino medio? Storicamente la risposta è stata incidentale. All’inizio del XX secolo, grazie al M° Alessandro Vessella, si è diffusa, molto più di quanto non lo fosse già nell’apparato militare, una particolare formazione, la banda musicale, che sempre più è stata utilizzata in ambito civile per riprodurre famose arie nelle piazze. Un po’ come i nostri lettori mp3, le bande svolgevano quindi quel compito essenziale di divulgare la cultura musicale tra la gente comune. Il fenomeno è stato accolto decisamente bene, tant’è vero che per tutta la prima metà del ‘900, e per buona parte della seconda, sono continuati a sorgere complessi bandistici in tutta Italia, specialmente nelle piccole realtà locali, fino al punto che quasi ogni paese aveva una propria banda musicale. Questa diffusione ha comportato la formazione di un gran numero di musicanti, risolvendo almeno in parte il problema dell’educazione musicale. Oggi il mondo bandistico è in crisi, soprattutto per la mancanza di fondi. Nella legge di stabilità del 2016 però, sono stati stanziati 3 milioni di euro per festival, cori e bande musicali, considerati dall’opinione pubblica una mancia, pur essendo, in realtà, indispensabili per preservare questo fenomeno che tanto ha dato, e tanto può ancora dare al nostro Paese.

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