La complementarietà a Nijmegen

A cura di Damiano Sanna-

La prima reazione di coloro ai quali dicevo che sarei andato in Erasmus a Nijmegen era di domandarmi in che parte dell’Europa si trovasse. Non è infatti molto nota questa cittadina, la più antica dei Paesi Bassi. Ho visitato la città alcune settimane prima dell’inizio delle lezioni, quando ho deciso di andare alla (infruttuosa) ricerca di un alloggio. La città era deserta, il meteo cangiante e quasi tutte le attività commerciali chiuse, facevano eccezione il gestore del B&B dove dormivo e il venditore di aringhe poco distante. Entrambi parlavano un inglese perfetto nonostante la non giovane età. Già da questa esperienza avevo imparato qualcosa, la vulgata che vuole gli olandesi come accaniti lavoratori non è vera. Eppure non potevo fare a meno di immaginare come sarebbe stata la stessa esperienza di uno studente olandese in una media cittadina italiana. Questo ragazzo, un Damien Van Sanne, probabilmente sarebbe stato servito con sciatteria, senza un sorriso e senza che il suo interlocutore parlasse una parola di inglese. Dal racconto di un Erasmus ci si aspetta il resoconto di feste, il mix di lingue diverse e altre cose che avete già sentito e che non ripeterò pur avendone fatto esperienza e condividendone un giudizio entusiasta. Eppure sono altre le cose che dall’esperienza erasmus potrò ricordare. Un metodo di studio diverso, abituarsi a lavorare in team, affrontare casi concreti nello studio del diritto, osservare le differenze con il mio background e cercare di comprenderne i punti di forza e quelli di debolezza. I primi sono molti: immaginate un’università pubblica attrezzata meglio di quanto possano esserlo le migliori private italiane, la possibilità di rivolgersi in inglese a chiunque, un ambiente veramente internazionale che attira studenti da tutta Europa e da tutto il mondo. Eppure come non notare allo stesso tempo il ragazzo olandese già laureato incapace di approcciare il testo di un Regolamento e comprenderne la ratio? Io ho provato a spiegarmelo con una parola: complementarietà. Non esistono situazioni, luoghi o metodi completamente buoni o negativi. Esperienze e metodi diversi servono a cogliere il meglio di tutto e farne tesoro. Questo è quello che ho provato a fare e che credo debba fare chi trascorre un semestre in un altro Stato.

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