Siamo (stati) l’Islam di qualcun altro

A cura di Paolo Fernandes

Parigi, 24 agosto 1572, le porte della città sono sprangate ma nessuno è a cingere d’assedio la capitale. Rintoccano per tre volte nell’afosa notte estiva le campane della chiesa di Saint-Germain-l’Auxerrois. L’ora è arrivata. Feroci si riversano in strada ufficiali, nobili vicini al re e borghesi. Tutti sono armati. Tutti sono cattolici. Porta dopo porta, uno alla volta, uomini trascinano in strada altri uomini, sottraendoli alla sicurezza della propria dimora. Conterranei, concittadini, forse anche vicini di casa vengono massacrati. La loro colpa? Essere ugonotti. Solo in quella notte saranno migliaia le vite spezzate. “Una religione sanguinaria e traditrice”, questo l’appellativo da allora riservato al Cattolicesimo. Sono passati circa cinquecento anni da quella notte. Cinque secoli di continui massacri in nome di un dio, in nome di una qualsiasi fede. Sono cambiati gli attori, i colpevoli, ma la sostanza non sembra essere cambiata. Oggi ad essere violenta e sanguinaria sarebbe la religione islamica, accusata di predicare il massacro dell’infedele, di instillare odio nei propri adepti, di istigare alla violenza. Ieri noi, oggi gli altri. E se non fosse una questione di fede? Siamo sicuri che l’attuale distorsione dell’Islam non sia quantomeno paragonabile a quella cattolica di secoli addietro? In mezzo, tra allora ed oggi, l’Illuminismo, la Rivoluzione Francese, la laicizzazione dello Stato, l’individualizzazione della fede. Ad occidente. Ad oriente decisamente meno. Se oggi abbiamo la libertà di credere in un dio, la serenità di irridere chi predica violenza in nome della Bibbia, lo dobbiamo a chi allora ci ha liberato dal giogo della cieca fede. È semplice per un predicatore trovare terreno fertile per diffondere un’interpretazione di un testo piuttosto che un’altra, se i propri interlocutori non hanno affatto gli strumenti per distinguere il vero dal falso. Il discrimine non è nella parola di Dio, ma nella lettura che se ne dà. Ricordiamolo, questo, quando estrapoleremo un’altra volta due versetti del Corano, per bollarlo come un “libro violento”. Ricordiamolo questo, quando ci stupiremo di un fratello musulmano che vede la religione come la vediamo noi. Ricordiamolo che noi, un tempo, eravamo l’Islam di qualcun altro.

Loading

Facebook Comments Box