Le Ninfee di Monet a Roma.

A cura di Giuseppe Muscato-

Tante volte mi è venuta in mente l’idea di alzarmi dalla scrivania della mia stanza, e continuare a leggere all’aria aperta il libro che avevo fra le mani, e che dovevo assolutamente finire prima dell’esame. E ai detrattori della mia idea, che mi accusano di aver trovato l’ennesima scusa per rinviare lo studio, posso sempre replicare che in realtà anche i più apprezzati artisti dell’Ottocento trovavano la concentrazione nell’ambiente esterno. Sono gli impressionisti, protagonisti della pittura “en plein air”, che consideravano lo studio all’aperto di gran lunga più produttivo dello studio al chiuso. Essi dipingevano incantevoli scorci della natura, o più semplicemente scene di vita all’esterno, (come stazioni ferroviarie, terrazze dei caffè) mentre osservavano con i loro occhi i soggetti stessi del loro dipinto. Fra di loro, una posizione di rilievo è sicuramente ricoperta da Claude Monet, che col suo motto “dipingo ciò che vedo” viene considerato anche uno dei fondatori dell’Impressionismo. Avrete sicuramente notato che già da parecchie settimane le strade di Roma sono tappezzate di manifesti che invitano i passanti ad una mostra che raccoglie al Complesso museale del Vittoriano alcune delle opere dell’artista. Allora per l’ammirazione che da tanto tempo nutro per tutti i dipinti raffiguranti belle rappresentazioni paesaggistiche, e forze un po’ di simpatia personale verso l’arte impressionista, ho deciso di visitare l’esposizione. Ho avuto quindi la possibilità di fare un viaggio attraverso i soggetti che ispirarono l’artista, a cominciare delle piante, dai salici ai glicini, che sono onnipresenti nella produzione artistica di Monet. Tutti i dipinti sono molto suggestivi, in particolar modo si ha quasi l’impressione di entrare dentro la scena quando si arriva al quadro raffigurante i riflessi sul Tamigi, nella cornice di una grigia Londra. Mi avvio verso la parte finale dell’esposizione: il percorso che conduce al quadro delle ninfee è straordinario: sul pavimento vengono proiettati dei particolari del dipinto, e si ha quasi l’impressione di camminare sull’acqua dello stagno in movimento. La mostra è finita, ho dimenticato di portare a casa uno dei gadget, ma c’è tempo fino a febbraio del prossimo anno per ritornarci.

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