Intervista al Dottor Andrea Carapellese

A cura di Alessandra Cascone –

Intervista al Dott. Andrea Carapellese, Investment Promotion Expert, UNIDO ITPO Italy, in occasione della Conferenza “ Innovazioni Sostenibili e Brevetti” indetta da Green Challenge.

“È necessario distinguere lo sviluppo dal progresso. Il primo riguarda solo la crescita dal punto di vista economico, il secondo è sviluppo dal punto di vista sociale, culturale e ambientale”. Ernesto Ciorra sostiene che lo sviluppo sostenibile, “quello umano”, non possa prescindere da una premessa, quella della relazione dicotomica tra sviluppo e progresso. Pensiero d’altronde centrale nella poetica pasoliniana, per il quale la sincronia è generata dall’aspirazione sociale e politica del progresso, che rende quest’ultimo una nozione ideale, e dalla tensione economica cui è invece volto lo sviluppo, tale da rendere il concetto denso di pragmatismo. È possibile afferrare intuitivamente che i due fenomeni sono logicamente connessi, in particolare che il progresso presupponga inevitabilmente lo sviluppo e cioè che la crescita delle condizioni economiche sia presupposto per una crescita complessiva della qualità della vita. Ne discende il corollario che, per Pasolini, l’antitesi è generata da un unicum tutto italiano o meglio dal suo contesto storico: la folle espansione economica e tecnologica borghese e uno sviluppo identificabile con il consumo di beni superflui. Orbene per Ciorra tale espansione (sviluppo) va gestita mediante un’economia di tipo circolare, un dialogo tra autorità pubblica, scienziati, clientela, università, capace di valorizzare idee innovative. È la stessa idea alimentatrice di nozioni quali green economy, green market. Il desiderio di valorizzare quest’ultime ha indotto l’organizzazione Green Challenge ad allestire una conferenza sul tema. La partecipazione del Dott. Francesco Crespi, Dott.ssa Barbara Angelini, Dott. Andrea Carapellese, Dott. Mario Iorizzo, Dott.ssa Patricia Navarra e del Dott. Luca Raffaele ha permesso un approfondimento al tema dei brevetti e delle innovazioni sostenibili nel rapporto con le dinamiche industriali. Se l’analisi del tema viene concepita in rapporto alle caratteristiche della conoscenza è evidente che il ruolo del settore pubblico non può limitarsi all’attribuzione dei diritti di proprietà intellettuale. Un’eccessiva privatizzazione mediante un uso sproporzionato dei brevetti può degenerare in un’inibizione dell’innovazione tecnologica, perché spingerebbe ad un utilizzo della conoscenza non coperta da copyright. Il caso dell’auto elettrica può essere emblematico. Quest’ultima per affermarsi necessitava di diventare un prodotto di massa e solo la rinuncia al brevetto da parte di Elon Musk, ha premesso che altre case automobilistiche diverse da Tesla fossero in grado di produrla. Il Dott. Carapellese ha messo in luce il ruolo critico dell’impresa nel rapporto tra sviluppo sostenibile e industriale e come l’antitesi venga composta in un’ottica di tipo inclusivo e comparativo. Approfondiamo con una breve intervista.

A partire dal 1972, nella specie dalla “Dichiarazione sull’ambiente umano”, vengono proclamati principi di carattere generale in materia ambientale che hanno successivamente trovato consacrazione nella nozione di “sviluppo sostenibile”. Tuttavia l’effettività di quest’ultimi è particolarmente problematica per i paesi in via di sviluppo, poiché la tutela delle risorse ambientali presenta costi gravosi. Il successo della normativa quanto dipende dalla disponibilità dei paesi più evoluti a destinare risorse tecniche e finanziarie ai paesi in via di sviluppo?

Il tema della sostenibilità, che deve essere necessariamente studiata anche sotto il profilo economico e sociale oltre che ambientale, ha sempre una maggiore incidenza a livello internazionale nelle politiche che la comunità internazionale promuove verso i paesi in via di sviluppo. La necessità di progredire nella direzione dell’inclusività sociale e sostenibilità delle politiche di sviluppo industriale è un concetto ormai con forza riconosciuto, anche dai Sustainable Development Goals che guideranno la comunità internazionale fino al 2030 e recentemente approvati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Possiamo dunque affermare che le organizzazioni internazionali, gli Stati e i privati si propongono sempre con maggiore attenzione l’acquisizione di un approccio olistico al tema della sostenibilità nello sviluppo di progettualità con le comunità locali e le istituzioni, con il risultato di una maggiore ottimizzazione anche degli sforzi nel trasferimento di know-how, risorse tecniche e supporto alle politiche di sviluppo.

Tutela dell’ambiente e crescita economica sono obiettivi tradizionalmente inconciliabili. Il forte impulso alla sostenibilità proveniente dal settore privato sta mettendo in crisi questo paradigma?

In realtà è conveniente essere sostenibili, è questa la grande novità sul tema: dal punto di vista dell’inclusività sociale ed economica ma anche sul piano ambientale. E ciò è vero nei paesi in via di sviluppo, dove l’abbassamento delle conflittualità e il miglioramento delle condizioni di vita ed economiche dei locali forniscono una buona base per migliorare le opportunità di business, quanto nelle economie più avanzate. Prendendo l’esempio delle energie rinnovabili in Italia, il GSE in passato dava incentivi per chi produceva energia attraverso pannelli solari, perché evidentemente non era conveniente come l’energia tradizionale, per cui bisognava fornire agevolazioni. Oggi, con l’abbassamento dei costi di produzione e l’aumento di produttività delle tecnologie in commercio, ci si sta muovendo verso un paradigma in cui essere green non è solo vincolato da normative o necessariamente incentivato, ma ha una sua autonoma redditività. In Italia come nei paesi in via di sviluppo. Un’innovazione che non riesce ad affrancarsi dal bisogno di supporto statale è come un malato che sopravvive soltanto grazie al polmone d’acciaio…

Le imprese quindi conseguono vantaggi perseguendo politiche sostenibili. È una questione di sola immagine o davvero l’ambiente è una variabile che diventa sempre più impenetrabile nei procedimenti industriali? È corretto dire che per le imprese è iniziata l’era della responsabilità sociale?

Vi sono meccanismi di intervento pubblico volti a premiare le imprese sostenibili ad esempio tramite il conferimento di sussidi a quelle che perseguono il livello di inquinamento desiderato. Ciò può assumere diverse forme: disposizioni che subordinano la fiscalizzazione di oneri sociali o il riconoscimento di sgravi contributivi all’osservanza delle norme a tutela dell’ambiente, il conferimento di vantaggi procedimentali alle imprese che aderiscono a sistemi Emas, contributi destinati all’ammodernamento degli impianti, finanziamenti per la ricerca e l’innovazione tecnologica. Tuttavia è in grande crescita il numero degli operatori che, a prescindere da una procedura autoritativa, si impegnano spontaneamente nell’adozione di politiche aziendali più rispettose dell’ambiente, un esempio sono gli eco-bilanci e gli accordi volti a rendere vincolante il rispetto dei codici di autodisciplina ambientale. La responsabilità sociale delle imprese va di pari passo con l’aumento della consapevolezza dei cittadini e dei consumatori.

È possibile affidare il cambiamento verso la sostenibilità al solo mercato deregolamentato oppure è necessario un interventismo pubblico mediante normative e sovvenzionamenti?

Autorità e mercato sono dimensioni che non si escludono a vicenda. L’interesse pubblico è perseguito tramite strumenti privatistici e, al contempo, le attività private sono sorrette e regolate da interventi pubblici di varia intensità. Lo strumento dei certificati dimostra che i sistemi di command and control da soli sono insufficienti. Questi ultimi devono essere integrati da un sistema di incentivi e disincentivi che favorisca una raccolta di informazioni e un processo di apprendimento indispensabili per qualsiasi serio programma di protezione ambientale. Infatti se è pacifico che i mercati deregolamentati/reali sono imperfetti e che ciò implichi l’esercizio di poteri e funzioni amministrative, è altrettanto crescente la consapevolezza dei limiti dell’intervento correttivo della mano pubblica. In sintesi strumenti autoritativi e strumenti economici servono congiuntamente.

Il premio internazionale organizzato da UNIDO e CNR “Idee innovative e tecnologie per l’agribusiness” aveva la finalità di individuare le migliori idee innovative e tecnologie in termini di impatto sui paesi in via di sviluppo. Quali tematiche hanno avuto valore prioritario per la selezione dei progetti? Le necessità locali e il particolarismo territoriale sono stati valori guida?

Il nostro premio ha avuto come obiettivo quello di individuare progettualità, quindi idee innovative o tecnologie nel campo dell’agribusiness, il tema più interessante nei paesi in via di sviluppo dove il mondo agricolo ha una funzione sociale ed economica preponderante per le popolazioni locali. Il bando era rivolto ad aziende, centri ricerca e start up che avessero una progettualità che potesse essere applicato a beneficio dei paese in via di sviluppo su tutta la filiera dell’agribusiness, in linea con gli obiettivi del mandato di UNIDO. I cinque criteri principali erano la rilevanza e l’innovazione delle tecnologie dal punto di vista economico e sociale, la sostenibilità ambientale di lungo periodo, le concrete possibilità di replicabilità, le ricadute occupazionali attese e l’eventuale coinvolgimento finanziario dei proponenti.

Pensa sia possibile che le energie fossili vengano completamente sostituite da quelle rinnovabili? Dal punto di vista scientifico e politico pensa sia un obiettivo realizzabile?

I grandi cambiamenti della storia sono lenti, bisogna avere pensiero complesso e pazienza. Le energie rinnovabili, come detto sopra, sicuramente avranno sempre più spazio nel futuro mix energetico per numerose ragioni politiche, economiche, sociali ed ambientali, ma prima di tutto dovranno essere tecnologie intrinsecamente superiori e convenienti, aldilà di ogni normativa.

Negli Stati Uniti le auto elettriche sono state un boom. Non solo TESLA ma anche altre case automobilistiche sono state in grado di produrle. Elon Musk ha rinunciato ai brevetti perché l’auto elettrica per affermarsi aveva bisogno di diventare un consumo di massa. In questo caso i brevetti avrebbero rappresentato un freno alla crescita sostenibile. Cosa ne pensa?

Il brevetto non è in assoluto né un blocco né un incentivo, la sua funzionalità dipende dall’applicazione. Per quanto riguarda l’auto elettrica, inoltre, le sfide da affrontare sono numerose e riguardano temi oltre il brevetto quali la produzione e lo smaltimento delle batterie, la rete elettrica e i rendimenti. Inoltre esistono grandi invenzioni che non sono brevettabili, eppure per diverse ragioni non hanno registrato la diffusione che ci si potrebbe aspettare; in occasione del Premio UNIDO, ad esempio, sono stati presentati almeno quattro progetti relativi alla condensazione dell’acqua per la produzione idrica, particolarmente interessanti nell’applicazione in aree dove l’umidità arriva anche oltre il 90%. Tali invenzioni potrebbero offrire sostenibili frontiere di produzione dell’oro blu nelle zone più aride della terra, non sono brevettabili, eppure, come detto, non sono diffuse quanto vorremmo nonostante i costi accessibili.

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