di Danilo Capitanio
“…quivi le strida, il compianto, il lamento…” (Dante, La Divina Commedia, Inferno, Canto V)
L’Italia è un paese di rabbiosi, non di arrabbiati. Urla, strepitii, insulti, minacce, clamore e promesse e poi… niet. Rabbiosità ovunque. Ad esempio la rabbiosità televisiva è incarnata da Uomini e Donne, il programma della De Filippi per intenderci. Ricordo che l’amplificatore del vecchio televisore di mia nonna non conteneva tutti quei lamenti chiassosi e puntualmente si zittiva.
Poi ci sono i rabbiosi politichesi, e i miei ricordi si focalizzano su un Bossi in canottiera e un Grillo in Palcoscenico. Mi chiedevo e mi chiedo che avevano e che hanno da stare sempre rabbiosi e la risposta, anni dopo è arrivata: il primo guardava troppo la sua prole, il secondo il suo conto corrente.
Poi ancora ci sono i giornalisti rabbiosi. Fu rabbiosa anche la docile Annunziata ad Annozero qualche anno fa, che lasciò lo studio di Santoro anzitempo.
Ma il premio della rabbiosità è sicuramente di Sgarbi: uno dei più bravi critici d’arte e uno dei più ignoranti tuttologi. Ha vinto tornei contro la Mussolini, contro Cecchi Paone, contro Travaglio. A proposito di quest’ultimo, ieri sera, a Servizio Pubblico, sua creatura televisiva, si è aggiunto pure lui ai rabbiosi. Lui che zittisce sempre tutti, zittito fu.
La rabbiosità produce share per i programmi televisivi (o pseudo-tali), voti per i politici (o pseudo-tali), profitti per i giornalisti (o pseudo-tali).
E gli italiani? Tirano a campare, ma prima che tireranno le cuoia, si arrabbieranno (per davvero).