Li romani in Russia. Cronaca di guerra tra teatro, letteratura e storia.

A cura di Clotilde Formica –

Lo scorso 5 Ottobre il “cantattore” Simone Cristicchi è tornato ad esibirsi nella sua Roma con un monologo sulla famigerata spedizione militare italiana in Russia, del tutto improvvisata da un Mussolini disposto a sacrificare “qualche migliaio” di vite pur di sedere vincitore al tavolo della pace. Il monologo in questione è “Li Romani in Russia”, adattamento teatrale dell’omonimo poema in ottave romanesche di Elia Marcelli, reduce lui stesso dalla sfortunata spedizione. Cristicchi intreccia sapientemente ironia e tragedia in un contesto in cui sembrerebbe idiosincratica la convivenza di ambedue gli elementi. Lo spettacolo rievoca la partenza di un gruppo di ragazzi che non hanno ancora perso il sorriso spensierato e solare, i primi fiocchi di neve impietosi, gli incontri, gli scontri, la fame e la ritirata disperata. Le risate e la gioia iniziali sono del tutto sparite, le stesse persone che cantavano con voce gioviale nel primo viaggio in treno si ritrovano ora a lottare per un pezzo di pane: non sono più uomini, ma fiere, il cui unico valore è l’autoconservazione. La scenografia è il buio stesso ed a osservarlo si sente quasi freddo, come se l’eco di quell’inverno tornasse per impedirci di dimenticare le tante voci innocenti soffocate dai cumuli di neve. Ottava dopo ottava emerge la disillusione di un uomo che ha conosciuto bene quella neve; ogni parola trasuda sarcasmo ed il contrasto tra la propaganda altisonante e il soldato coperto di neve è stridente. Scorrono veloci come in un film le istantanee crude di una guerra in grado di privare l’uomo della sua essenza, riducendolo ad un automa incapace di pensare o provare un qualsiasi sentimento. Cristicchi rispolvera un paragrafo di storia spesso lasciato in un cassetto remoto della memoria e fa appello in particolare ai giovani, che –come rivelato da lui stesso in un’intervista- “non sono poi così diversi da quelli che ci racconta Elia: In fondo avevano le stesse paure, la stessa voglia di riscatto, di riprendersi un mondo da ricostruire insieme.”

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