Gli USA e il dopo-Scalia

A cura di Margherita Romani

Nell’ordinamento americano come in quello italiano, l’organo posto a garanzia della Costituzione ha un’importanza centrale, un potere esteso e molto delicato: le sue decisioni, riguardando l’interpretazione dei principi fondamentali della Repubblica, devono essere il più possibile lontane da condizionamenti. Per questo, è fondamentale che si raggiunga un equilibrio, all’interno dell’organo di giustizia costituzionale, tra le diverse anime che lo compongono, e tra le risultanti idee personali e politiche, spesso varie e contrapposte. Quando questo equilibrio si rompe, il giudizio rischia di diventare viziato: situazione che si potrebbe creare all’interno della Corte Suprema americana, specie in seguito all’improvvisa morte del giudice Antonin Scalia, nella notte tra il 12 e il 13 febbraio, in seguito ad un malore. Conservatore, di origini italo-americane, era portavoce di una dottrina favorevole ad un’interpretazione il più possibile aderente alla Carta Costituzionale e basata sull’intenzione originaria (“original intent”) del costituente. La “Supreme Court” ha perso uno dei suoi esponenti più eminenti e rispettati: un personaggio senza dubbio controverso, ma che nei suoi trent’anni di attività all’interno della Corte (fu infatti eletto “Justice” nel 1986 dal Senato, su proposta di Ronald Reagan) ha ispirato generazioni di giuristi e contribuito eccezionalmente al dibattito sia giurisprudenziale che dottrinale. Il presidente Obama, quindi, si trova ora nella necessità di nominare il nono giudice per il posto vacante, dato che far operare la Corte con soli otto giudici potrebbe essere rischioso: in caso di pareggio in sede di decisione, infatti, non si potrebbero varare regole dotate di valore o precedenti vincolanti, creando incertezza nel diritto delle corti inferiori. Nel clima teso pre-elezioni non sono mancate le proteste dei Repubblicani, che sostengono debba essere il Presidente eletto a novembre a scegliere. Le accuse mosse perdono però ogni valore se confrontate con la Costituzione, che evidenzia il dovere inderogabile del Presidente di ovviare alla vacanza. Inoltre, conoscendo la sua incrollabile fiducia nel dettato costituzionale, questo è sicuramente ciò che Scalia avrebbe voluto.

 

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