A cura di Ermanno Mattia Zanolini –
“Si hanno due vite. La seconda comincia il giorno in cui ci si rende conto che non se ne ha che una.”
È questo, sostanzialmente, il messaggio di fondo che cerca di trasmettere il film “Ritorno al Marigold Hotel” sequel delle quasi omonima pellicola uscita solo qualche anno prima. I protagonisti sono sempre gli stessi: Sonny è un giovane uomo indiano diviso tra il sogno di estendere la sua attività aprendo un secondo Marigold Hotel ed un matrimonio imminente con la ragazza de suoi sogni; Muriel è una vecchia signora inglese codirettrice dell’albergo e con pochi giorni davanti a sè. A fare da corona gli altri protagonisti del film, un gruppo di amici e di anziani decisi a resistere alla terza età offrendo alla propria esistenza una seconda opportunità.Tutto questo ambientato nel Rajasthan, stato magico e vibrante dell’ India. Un film senza troppe pretese, ma essenzialmente piacevole e ben interpretato; uno spettacolo per turisti occidentali scandito da battute felpate che fanno sorridere ma soprattutto pensare, tutto in stile squisitamente British. Ciò che colpisce del lungometraggio non è il prodotto finale in sé, ma le mille trame nascoste (forse volutamente inesplorate) che trapelano nelle parole, nei volti, nei colori dei personaggi e degli scenari; messaggi nascosti che fanno inevitabilmente riflettere lo spettatore sul significato di vita e dell’esistenza, di passato, di presente e di futuro; sul significato di progetti ed ambizioni. Una commedia “senile” che sembrerebbe essere rivolta principalmente ad un pubblico anziano ma che può sconvolgere anche i ragazzi più giovani ed affamati. Un cinema che afferma in maniera sottile come la malattia più pericolosa del nostro tempo sia la paura di vivere e come il timore di amare, di rimettersi in gioco e di rivoluzionarsi siano il sintomo più frequente. Una pellicola che parte dalla terza età per poi rivolgersi a tutti: agli insoddisfatti ed ai precari, agli infelici ed ai dannati; a chi l’enorme potenziale della vita non spaventa ma esalta e a chi invece ne è tremendamente intimorito. E’ inutile negarlo: ci sono persone a cui le cose belle cadono addosso, mentre altre devono sudare e combattere ogni giorno averle. Ma questo non significa non poter essere felici, questo non significa doversi fermare. Ci sono cose, come ci “suggerisce” Muriel (che ci consiglia, tra le altre cose, di non dare mai suggerimenti) per cui vale la pena aspettare e lottare, come ce ne sono altre per cui vale la pena lasciarsi andare. Ed ogni volta che dovrete prendere una decisione o fare una pazzia, valutate bene: ci sono cose che si possono fare mentre altre che è meglio evitare. Ma quando arriverà il momento di scegliere, prima di decidere, domandate sempre a voi stessi “quanto tempo pensi di avere?”.