A cura di Filippo Piluso–
Dopo l’incontro tra rappresentanti regionali degli allevatori e il Ministro delle politiche ambientali Gian Luca Galletti, il 18 Febbraio è stato presentato il piano di gestione del Lupo appenninico, in seguito alle accese lamentele presentate dagli allevatori in Lessinia e nel Parmense per i danni arrecati ai capi di bestiame da branchi ricomparsi in quei territori dopo un secolo. Il piano, che permetterebbe l’abbattimento annuale di 60 esemplari di lupo e l’uccisione, anche non autorizzata, di cani-randagi, con conseguente abrogazione della L.n.1991/281, ha incontrato, oltre all’atteso disappunto delle maggiori associazioni ambientalistiche, il netto contrasto di una voce interna al Parlamento, Ermete Realacci. Il deputato PD, Pres. della commissione ambiente e Pres. onorario di Legambiente, ha sottolineato l’assurdità di legittimare l’autolimitazione fino a 60 elementi, nonostante la crescita demografica dell’ultimo lustro (circa 1300-1800 esemplari lungo tutta la penisola). Assetto diverso ha il disegno di contenimento dei “cani-vaganti”, una minaccia più pericolosa per l’uomo, (basti guardare agli attacchi e le relative uccisioni registrate negli ultimi 4 anni) rispetto al lupo, del quale non si registrano attacchi all’uomo dal 1985. Il disappunto riguardo tali disposizioni nasce perché, se in apparenza le perdite si limiterebbero a 60 esemplari, la realtà si tradurrebbe in un lascia passare allo sterminio della specie grazie a bracconieri di frodo e agli allevatori, a causa dei quali nel biennio 2013-2015, in aggiunta agli investimenti stradali, sono stati rinvenuti, secondi i dati CABS, 119 esemplari morti, dopo anni di successi grazie ai sacrifici di volontari e ai progetti di ripopolamento.
“Il battito di ali di farfalla che genera un terremoto dall’altra parte del mondo” racchiude nell‘essenziale l’estrema fragilità dell’ecosistema così come costruito da Madre-Natura. Non serve pensare allo Yellowstone, ma basta l’Appenino Tosco Emiliano per mostrare come l’estinzione del lupo in un territorio rende possibile il sovrappopolamento delle sue prede (cervidi, ungulati e cinghiali), che senza contenimento devastano agricolture e foreste intere, senza permettere la crescita degli alberi ad un’età matura, rendendo meno stabili gli argini vicino ai fiumi; questo porta meno lontre e altre specie fluviali ad accasarsi lungo i rivi, e così andando avanti. Ma ancora di più, dato che l’impatto ambientale sensibilizza solo i naturalisti, pensiamo ai benefici economici ottenuti grazie alle circa 21 iniziative di ecoturismo di questa stagione dedicate alla specie tra diverse aree protette delle regioni centro-settentrionali fino all’arco alpino, dove si stimano circa una sessantina di esemplari dopo il ripopolamento naturale della specie. Sono una preziosità estrema in un Inverno dove si è vista sempre meno neve sulle nostre cime e famiglie che nello stesso periodo scendevano in scii da quei picchi, sono passati, accanto a centinaia di turisti nordeuropei, al trekking destinato all’avvistamento dei branchi, come il “wolfhowling”(il rintracciamento tramite ululati) tra le zone ripopolate dai lupi dopo un secolo e mezzo. Ma cosa sono i guadagni ricavati dall’ecoturismo rispetto ai danni agli allevamenti? Nulla, se il Governo accontenta quegli allevatori parmigiani, veronesi o di Maremma senza informarli che l’Abruzzo rimase la culla degli ultimi esemplari italiani nei primi anni 80’ solo grazie alla difesa degli allevamenti di Pastori Maremmani e di recinti elettrificati, che per il loro utilizzo non richiederebbero di certo la smobilitazione dei “fondi europei per lo sviluppo rurale” in mano alle Regioni. Tuttavia, invece di prendere per mano una facile soluzione per l’equilibrio agricolo-ambientale, si opta per una scelta di convenienza, accontentando allevatori con forconi ardenti al posto di una semplice alternativa, in aggiunta poi alla complicità del programma “Le Iene”, tacciato di istigazione al bracconaggio per il servizio mandato in onda nello scorso febbraio proprio nella provincia di Parma. D’altronde in questo paese “Intrattenimento” ha quasi sempre prelazione su “Informazione a Cultura”.