Intercettazioni e media: necessità o stortura?

A cura di Edoardo Esposito

 

 

Il tema delle intercettazioni telefoniche -a volte tenuto in soffitta, ma pronto ad uscire fuori al primo pretesto- da sempre divide l’opinione pubblica italiana. Recentemente al centro del dibattito sono finite diverse conversazioni tra l’ex ministro Guidi ed il suo compagno. L’ex ministro lamentava al compagno di essersi sentita sfruttata da lui e di essere stata trattata alla stregua di una “sguattera del Guatemala” a causa delle continue richieste di favori per la sua azienda. Non è certamente la prima volta che ci si chiede se sia giusto o meno che le intercettazioni riguardanti rapporti personali possano finire in prima pagina. Qual è il confine tra diritto di cronaca e diritto alla riservatezza? Era davvero necessario che fossimo tutti a conoscenza dei problemi sentimentali dell’ex ministro Guidi per essere informati sull’indagine della procura di Potenza? Secondo quanto dispone l’art. 329, comma 1, c.p.p., gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. Dunque, da quando l’indagato può averne conoscenza, possono averne conoscenza anche i giornali e l’opinione pubblica: tutto perfettamente legale. A questo punto però sorge un problema: come si fa a dire cosa è cronaca e cosa è sciacallaggio mediatico? Si tratta di intercettazioni che riguardano fatti sui quali un giudice stabilirà se c’è stato reato, ma nel frattempo hanno mostrato aspetti della vita privata di una istituzione dello Stato, che forse non avrebbero meritato di finire in prima pagina. In questo quadro c’è però chi si rende conto del “far west” che regna nei rapporti tra intercettazioni e media: si parla infatti di definizioni di prassi applicative da parte del CSM, di un’autoregolamentazione uniforme alla quale – ha spiegato il vicepresidente Giovanni Legnini – potranno ispirarsi e attenersi ciascun procuratore capo e ciascun pm. Il CSM, dunque, sembra aprirsi ad un ripensamento del sistema della pubblicità delle intercettazioni, nel tentativo di evitare che la cronaca si trasformi in gossip.

 

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