La fine della guerra: riflessioni a margine della chiusura della campagna referendaria

A cura di Dario Tasca-

Questa notte si conclude una delle campagne elettorali più crude e feroci della storia della nostra Repubblica. Negli ultimi 12 mesi abbiamo visto di tutto, da tutte le parti. Il primo grande risultato di questa stagione elettorale lo abbiamo già visto: tutti gli italiani parlano della Costituzione, tutti si avvicinano alla politica. Ho sempre pensato che questo sia un bene e – non fraintendetemi – continuo e continuerò a pensarlo, ma ho visto anche il volto ferino, bestiale del popolo italiano. Quello “della pancia”, della rabbia cieca, dell’odio viscerale, del rancore bestiale. Il pioniere di questa rivoluzione animalesca – non possiamo negarlo – è Beppe Grillo. La sua incessante attività di diffusione di bufale e baggianate pure ha creato dei mostri. E credetemi, non parlo se non con cognizione di causa: ho incontrato centinaia di persone, frutto del terrorismo psicologico del Partito Unico, incapaci di accettare qualsiasi idea diversa dalla loro, ma anche incapaci di argomentare le loro idee, innestategli a furia di frasi fatte, soprannomi ripetuti all’infinito e irreali minacce. Ho sentito gente ripetere furiosamente “Pinocchio”, “Renzie”, “Bilderberg”, “il Bomba”, “E allora Verdini?!!1121”. Ho visto un’Italia che non sa più ragionare lucidamente. E badate io non sto facendo di tutta l’erba un fascio: apprezzo immensamente tutti quei ragazzi e quelle ragazze che hanno visto nel Movimento la speranza di un mondo diverso; sono conscio che gli stessi mostri li producono anche certi ambienti della destra becera; sono certo che una percentuale non inutile del Fronte del No vota con coscienza. Ma non posso esimermi dal pensare che se un reale attentato alla democrazia si sta consumando, questo è opera di determinate frange politiche che si servono del disagio e della frustrazione della povera gente per rimpolpare le loro fila, dimenticando il bene supremo dell’individualità, per mescolare tutto in un calderone di individui tutti uguali che ripetono tutti le stesse cose. E un attentato alla Democrazia si consuma anche tutte quelle volte che il Movimento instilla nei suoi elettori l’idea del grande Partito Unico. L’idea che nessuno al di fuori della cricca pentastellata sia degno di parola, di rispettabilità, di dignità, degno di essere trattato come si conviene ad un essere umano. Ecco, mi dispiace che una grande fetta degli elettori del No provenga da queste mostruosità che mi ricordano tanto l’adorazione dei Prolet nei confronti del Grande Fratello di Orwell. Poi c’è Salvini. Stessa cosa, identica, solo su numeri più piccoli e con nemici diversi. Oserei dire più hitleriana che staliniana. Se gli immigrati sono i nuovi ebrei, nemici del popolo per gli staliniani, la casta rappresenta i kulaki, gli aristocratici nemici del rivoluzionario popolo russo. Individuare un nemico, bombardarlo e accusarlo di ogni cosa è la strategia più semplice per arrivare al potere e creare consenso. Io non dico che Renzi sia Dio, non sono nemmeno un elettore del Partito Democratico; ma nel frattempo dico che Grillo e Salvini rappresentano l’Agnello d’Oro, l’idolo falso, nefasto, funesto. Per completare questa veloce analisi del fronte del No, analisi che mi rendo conto essere assai superficiale, devo rinnovare i miei più sinceri apprezzamenti a coloro che – pochi – ho incrociato nel mio cammino e davanti ai quali mi sono trovato costretto a chinare il capo per la sincerità d’intenti e per la personalità delle loro affermazioni. Mi riferisco al Fronte del No, e contemporaneamente non posso non ricordare chi, dal fronte del Sì, abbia lanciato vergognosi anatemi contro l’avversario, che tale dovrebbe rimanere e mai tramutarsi in nemico. Alla vigilia della consultazione elettorale che potrebbe cambiare l’Italia, mi sento però in dovere di indicare anche cosa ho visto dall’altra parte del campo di battaglia. È innegabile che anche su questa sponda abbia trovato gente disinformata, o semplicemente innamorata del Presidente del Consiglio, senza coscienza e cognizione di causa. Ma per farvi capire meglio come si sta da questa parte, e che aria tira, preferisco raccontarvi come io stesso sia giunto a questa sponda. Ho vissuto una vita controcorrente. Berlusconiano troppo giovane, ho avuto appena il tempo di capire l’inizio del declino di un uomo che apparteneva già al passato. Per lungo tempo esule della destra sociale, giunto all’università ho iniziato a respirare diversamente, a pieni polmoni. E mi sono reso conto che la mia vita contro, la mia vita oscurantista e conservatrice, non mi stava conducendo da nessuna parte. Antirenziano della prima ora, ho avuto la mia folgorazione nella via che da Damasco portava al referendum sulle trivellazioni. Quella sera, quando Renzi pronunciò il discorso da vincente da Palazzo Chigi, decisi di tornare a sperare. Decisi di smettere di odiare, diciamo che fui un rinunciatario del rancore grillino che mi aveva attanagliato, odio che però coinvolgeva perfino Grillo. E notate, non ho deciso di seguire e sostenere Matteo Renzi, ho deciso di smettere di odiarlo a prescindere. Ho deciso di lasciare ogni mio pregiudizio, ogni mia idea pregressa e di tornare a vedere il mondo per quello che è, senza filtri. Poi ho avuto tutto il tempo di studiare questa riforma, di capirla, e di raggiungere la comprensione che l’Italia ha una sola strada: ripartire. E si riparte come? Pulendo il campo, azzerando il sistema e provando con un’altra soluzione. Ed è stato allora che ho maturato il mio Sì, che poi si è nutrito di un disperato bisogno di cambiare, nonché da un profondo ribrezzo per le ondate di rancorose falsità che provenivano dal fronte opposto. Ho scelto di sperare che per questa Italia ci possa essere un’altra possibilità, un nuovo inizio, una palingenesi il cui primo vagito deve essere accompagnato da un respiro universale, largo, futurista, moderno, europeista. Qualcuno mi ha apostrofato dicendomi che sono solo uno di quelli che a un dato punto della vita diventa di colpo democristiano, perché tutti prima o poi lo fanno. Io dico che queste etichette che vomitano passato vanno accantonate, per guardare avanti, toglierci di dosso la sabbia che ci ha frenato negli ultimi trent’anni e cambiare, una volta per tutte, senza perdere tempo. Io lo so che voi che votate no avete tante buone ragioni. Tante no, dai, almeno qualcuna, ma non riescono a non farmi pensare a quanto questa riforma possa fare di buono per il Nostro Paese. Sto ascoltando il telegiornale, sento Matteo Salvini che denuncia un altissimo rischio di brogli su basi molto più che discutibili. E quello che realizzo, è che io invece sono pronto ad accettare qualsiasi risultato, consapevole del fatto che la democrazia non morirà né con la vittoria del Sì né con quella del No, ma piuttosto trionferà, in tutti i suoi pregi e – per carità – in tutti i suoi difetti – domenica sera, quando un Mentana tenuto sveglio da chissà quale sostanza ci accompagnerà in un’Italia diversa, o perfettamente uguale a questa qua, che ne sappiamo. Vi auguro un buon voto, che sia scevro di influenze estranee alla verità, che sia di cuore e di cervello, non di pancia come qualcuno si auspica, sereno e disinteressato. E – chiaramente – le migliori riflessioni in questo silenzio elettorale che si accinge a cominciare. Ci sentiamo domenica sera!

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