Riflessioni semiserie sugli scout e la scelta politica
A cura di Giovanni Cioffi–
Oggi è domenica 4 dicembre, è inverno inoltrato e sono le 8.30 di mattina. E io sono già fuori casa, senza giubbotto, vestito alla bene e meglio, con i capelli arruffati e spettinati, di corsa. “Niente di nuovo” chiosereste voi. E sono in fila, una lunga coda così variegata e colorata che sembra il carnevale di Rio. Noto inoltre con piacere di non essere l’unico ad aver avuto problemi con l’armadio. Perdonatemi sto divagando. Dicevo che sono in fila e sono in piedi. No, non sono alle poste e sì, avevo temuto anche io per un attimo di essermi imbucato al concerto di Gigione.
In realtà sono in via Carrara presso la scuola elementare Giuseppe Mazzini in Terni, al seggio numero sei, scala a destra, secondo piano, terza porta a sinistra. Sulla parete campeggia un gigantesco facsimile della scheda elettorale che recita così: “Approvate voi il testo della legge costituzionale concernente ‘Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione’ approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?”. Subito sotto due quadrati con all’interno scritti rispettivamente un “Sì” e un “No”.
Oggi è il grande giorno: si vota per approvare o non approvare il nuovo testo della legge Costituzionale proposta dal Governo Renzi.
No, tra i quesiti non c’è quello di abolire la sveglia delle 7.30 la domenica mattina. Tra l’altro, questa è forse stata l’azione più difficile della giornata dopo la ricerca della tessera elettorale. Maledetta! Si diverte a giocare a nascondino nei miei cassetti.
Mentre riflettevo sulla mia sciagurata scelta di votare all’alba, mi sono sentito come l’italiano medio che si mette in viaggio il 13 agosto sulla Salerno-Reggio. «Ma ti pare che vanno a votare tutti adesso»? Evidentemente sì. Le votazioni intelligenti.
Nel tepore dell’androne assisto ad una scenetta interessante: due scout, un ragazzo ed una ragazza in coda come me, in attesa di esprimere il loro voto. Lui con la camicia sgualcita, i pantaloni di velluto blu ma di un blu strano che sembra nero, sempre con qualche macchia indelebile, un calzino su e un calzino giù; lei, ordinata, con una fluente capigliatura sapientemente raccolta in una coda di cavallo e con quella specie di capo di vestiario che gli addetti ai lavori chiamano coraggiosamente “pantagonna”, sempre di velluto, sempre blu. Parlano con un anziano signore sulla settantina, seduto a pochi metri da loro. Avete presente quei tipi che supervisionano chi supervisiona? Che votano così o cosà perché lo dice il partito? Che pensano che gli scout siano “dei bambini vestiti da cretini, guidati da cretini vestiti da bambini”?
Con fare borioso il tizio, avvicinandoli, li interroga: «Ma cosa ci fate qui? Anche voi ( leggere in tono dispregiativo quasi a voler indicare una lobby di potere) votate? E quale sarebbe la vostra intenzione di voto, di grazia»?
Io sorrido e penso a Lucio Battisti: “Domanda inutile […] mi ci scappa da ridere”. E subito mi perdo nei miei pensieri.
Anche gli scout votano, anche gli scout pensano. Anche gli scout scelgono di scegliere.
Scelgono di scegliere per una cittadinanza attiva, per un impegno civile. Per una scelta consapevole, informata, radicata e responsabile. Scelgono di essere, scelgono di credere, di ragionare per idee e non per imposizioni.
Scelgono di compiere una scelta politica, non partitica. Una scelta luminosa e non colorata.
Sir Robert Baden Powell, ideatore del movimento scout, in proposito, affermava: “… Il movimento scout è apolitico per quanto riguarda la politica di partito (…) E’ al senso dello stato, piuttosto che alla politica di partito, che vogliamo preparare i ragazzi…”.
Nel patto associativo AGESCI inoltre è scritto: “Ci impegniamo ad educare al discernimento e alla scelta, perché una coscienza formata è capace di autentica libertà”.
Esprimere preferenze differenti non è una condanna bensì una risorsa; queste saranno il frutto di un incontro-scontro con chi la pensa diversamente, nel rifiuto di quella tentazione all’omologazione ideologica.
Votare è la risposta personale all’invito di BP, l’opportunità di lasciare il mondo un po’ migliore di come lo abbiamo trovato.
Il movimento scout non plagia, piuttosto è in grado di nutrire la curiosità dei giovani per la realtà che li circonda, mantenendo viva quella capacità di meravigliarsi di fronte alle bellezze del mondo, il θαυμάζειν greco.
Giovani in grado di far valere la propria opinione sempre nel rispetto dell’altro.
«Prendere parte alla vita politica del nostro Paese, senza prendere partito» afferma convinta la giovane scout. «Seguiamo le idee e i valori, non le bandiere» incalza invece lo scout.
Per prendere una posizione ci vuole coraggio. Lo stesso coraggio civile su cui ha scritto l’Unità qualche giorno fa difendendo la scelta di Benigni di esporsi per il referendum.
Partecipare e impegnarsi per convincere ossia vincere insieme nella testimonianza di quei sani principi etici che siano in grado di regolare una società più giusta, di creare una comunità coesa.
Partecipare per dimostrare di voler essere protagonisti del destino del proprio Paese qualunque sia la propria scelta, perché lo scout, come recita la prima parte della promessa scout, manifesta la volontà di “compiere il proprio dovere verso Dio e verso il proprio Paese”. Partecipare al referendum è una testimonianza di attaccamento allo Stato e alle sue radici democratiche.
Fare politica per il movimento scout significa quindi aiutarsi a divenire persone attente e consapevoli, che sappiano discernere, che si mettano in gioco, che si sporchino le mani. Significa imparare a non essere indifferenti.
I giovani scout non ci sono più, l’anziano è tornato a sedersi, ed è il mio turno.
“Buongiorno, sveglia presto oggi eh? E niente, abbiamo finito le schede ”? Ah, la simpatia dello scrutinatore di prima mattina. Svuoto le tasche, prendo la scheda e la matita. Ora tocca a me prendere parte al cambiamento. Mi sento vivo e “chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano”.