PER UN PUGNO DI PALME

A cura di Leonardo Esposito-

Voci si levano! Proteste! Incendi! È la fine del mondo? Peggio: sono le palme in piazza Duomo a Milano. 

Ovviamente non sono uscito di senno, ma, ammettiamolo, questa cosa è un attimo sfuggita di mano. Per chi non lo sapesse, un noto brand americano ha finanziato, in vista dell’apertura del primo store italiano, l’installazione di alcune palme e banani proprio di fronte a la Madunina. Lesti come la folgore si sono levati i commenti di sdegno di diversi milioni di urban designer per passione, ma questo è anche legittimo: le spianate di cemento hanno il loro fascino, e vederle deturpate da delle volgari piante può urtare la sensibilità estetica dei più. Altrettanto celeri sono state proteste e manifestazioni: anche qui nulla di male. Sul serio, non vedo assolutamente nulla di male a protestare per delle palme. Ciò che mi smuove è il fatto che questi poveri alberelli siano stati brutalmente strumentalizzati: banane di gomma gonfiabili in Consiglio comunale, banane vere distribuite per la strada, striscioni, una palma bruciacchiata. Per quanto mi voglia sforzare di credere che tutto questo sdegno sia legato alle palme in quanto tali mi sembra piuttosto che si siano semplicemente usate come rampa di lancio per il solito attacco anti-immigrati. Ideologie a parte, il problema è tutto nel metodo, come soleva dire un mio ex professore, e il tutto si riduce a due questioni fondamentalmente correlate: coerenza e credibilità.

Sotto il primo profilo, deve intendersi l’inerenza tra oggetto della manifestazione e fine della stessa. Non neghiamolo, a Lega e CasaPound non importa assolutamente niente delle palme, ciononostante le hanno prese a simbolo della “africanizzazione” della penisola. È innegabile che sia stato oltrepassato il limite che permette di tollerare le manifestazioni di qualcuno in quanto ragionevolmente manifestanti il loro fine. In parole povere, e come si suol dire in Toscana, l’hanno buttata di fòri. E da qua discende il profilo, ben più rilevante sul piano quotidiano, della credibilità. Perché non è ammissibile che ci si aggrappi veramente a tutto pur di ribadire le proprie opinioni e farne parlare. Perché il principio del “qualsiasi pubblicità è buona pubblicità” non è ammissibile nella politica. Perché è ridicolo che un partito che fa qualche milione di voti protesti per delle palme e dei banani.

Ma forse il problema sta tutto nella mia prospettiva. Forse sono io che sbaglio a credere che mantenere un certo tono rigoroso sia d’obbligo a certi livelli. O magari ho una colpa più grave e imperdonabile: a me quelle palme non dispiacciono.

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