A cura di Elena Mandarà-
22 Marzo 2017, Londra. L’Europa è ancora una volta nel mirino del terrorismo, teatro di guerra.
25 Marzo 2017, Roma. L’Unione Europea festeggia il 60° anniversario della stipulazione dei Trattati che diedero inizio ad un grande progetto politico e culturale, destinato a condizionare da vicino la vita di ciascun cittadino europeo.
Si nega spesso l’idea che il sentimento europeista sia effettivamente penetrato nel cuore della popolazione, perché ciascun Paese non si stanca mai di rivendicare la propria storia, le proprie tradizioni, la propria unicità, rifiutandosi di paragonarsi agli altri, perfettamente conscio delle profonde differenze che li dividono. Questa, a mio parere, è un’analisi superficiale, vera forse solo in riferimento alle generazioni passate, che quest’Europa unita l’hanno vista nascere, ma da cui non sono stati allevati.
Non si può negare che l’Unione Europea abbia avuto la pretesa di unire fra loro realtà con una background culturale e un modo di concepire la vita profondamente diversi, e sarebbe utopistico pensare che secoli di storia vengano cancellati in pochi anni, che basti firmare un accordo per sentirsi uguali. Gli uomini per propria natura hanno a cuore le differenze perché sono queste a farli sentire autentici, e un popolo ha bisogno di credere nelle proprie tradizioni per sentirsi parte di qualcosa.
Questo non implica, però, che l’evoluzione culturale che si è cercato di mettere in atto 60 anni fa non abbia prodotto alcun effetto. Chi, per ragioni strettamente anagrafiche, si è trovato catapultato in questa nuova realtà non è riuscito ad interiorizzare i valori che la caratterizzano semplicemente perché questi non hanno fatto parte della sua formazione come persona. Se da un lato la lungimiranza politica ha visto una possibilità concreta nell’Europa unita, non è stato altrettanto per la popolazione, restia per molti versi a far permeare questo nuovo influsso culturale, ad accettarlo come proprio. Chi, invece, in quest’Europa ci è nato e cresciuto, inevitabilmente la sente un po’ sua.
E’ per questo la guerra in atto spaventa più noi giovani che la classe dirigente. Mentre quest’ultima è atterrita dal dolore, dall’angoscia, dalla rabbia, noi siamo paralizzati dalla paura di veder disgregare tutto ciò in cui ci hanno insegnato a credere. Siamo la generazione Erasmus che muore negli attentati. Siamo la generazione che ha dovuto negare un po’ di fiducia all’Italia e riporla nell’Europa e che adesso la vede agonizzante per gli attacchi, per l’odio che viene strumentalizzato dal populismo, per il terrore che dilaga e inevitabilmente condiziona le scelte e il modo di pensare.
22 Marzo 2017, Londra. L’Europa cade in ginocchio ancora una volta.
25 Marzo 2017, Roma. L’Europa crede ancora in quella che era, è e potrà essere.