A cura di Giuseppe Muscato-
La Corea del nord, che secondo la sua costituzione è uno Stato socialista con un sistema economico pianificato, è uno dei Paesi con il livello di tutela dei diritti umani più basso al mondo. Infatti, il suo poco più che trentenne dittatore con le sue follie si è macchiato, e continua a macchiarsi, di crimini spietati nei confronti del suo popolo.
Il suo potente, nonché incontrollabile arsenale crea tensioni non indifferenti nei rapporti con gli altri Stati: risale soltanto allo scorso 12 febbraio l’ultimo test missilistico nel corso del quale è stato lanciato un missile balistico, caduto poi nel mar del Giappone, dopo aver percorso 500 km. I numerosi test nucleari condotti dalla Corea hanno portato all’imposizione di pesanti sanzioni internazionali che comportano soprattutto l’isolamento del Paese dagli scambi commerciali. La corretta applicazione di tali sanzioni dipende in maggior misura dal pressing esercitato dalla vicina Cina. Il fiume Yalu, attraversato da un ponte in acciaio che collega la città cinese di Dandong alla città di Sinuiju, segna il confine non solo fra i due Paesi, ma anche fra due mondi diversi. Da un lato del fiume è possibile scorgere gli altissimi e luminosi grattacieli cinesi; dall’altra sponda lo scenario si impoverisce e gli unici segni di vita sono quelli delle guardie di frontiera con il fucile a tracolla e di alcuni pescatori al lavoro. E’ proprio attraverso questo ponte, percorso da treni carichi di merce, che continuano gli scambi commerciali fra i due paesi. Da qualche tempo, inoltre, si pensa alla creazione di una zona economica speciale su due isole nordcoreane alla foce del fiume Yalu, ed è difficile immaginare che Pechino rinunci a guadagnarci qualcosa. Nel frattempo Trump, nonostante la provocazione del nuovo missile recentemente lanciato, ha evitato di pronunciarsi sulla questione “Corea del Nord”. Con una condotta inaspettatamente pacata, si è limitato a confermare il suo appoggio al Giappone, ormai consolidato alleato, che poco prima aveva preannunciato una protesta formale all’Onu contro la violazione sistematica degli obblighi contenuti nelle numerose risoluzioni a carico di Pyongyang. Una storia che sembra non avere un lieto fine, profilandosi ora l’ennesima condanna internazionale, nella speranza che questa volta porti a sviluppi decisivi.