A cura di Leonardo Esposito e Francesco Mezzasalma–
Il 5 luglio 2017 la Suprema Corte ha sancito, in una sentenza a Sezioni Unite (16601/2017), un principio di non incompatibilità con l’ordine pubblico di una categoria di danni fino ad oggi radicalmente esclusa nel nostro ordinamento: i danni punitivi. Questi vanno ad aggiungersi al risarcimento cosiddetto compensativo, imponendo in capo all’autore l’obbligo di pagare una somma di danaro a titolo, appunto, di punizione. In tale istituto, già da tempo largamente diffuso nei sistemi di Common Law, è stata infatti rinvenuta una ratio coerente con quanto perseguito dall’ordinamento giuridico dello Stato: viene infatti riconosciuto alla responsabilità civile non solo “il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione”, ma “poiché sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria”, una funzione preventiva della commissione di futuri illeciti.
Il professor Stathis Banakas, docente presso la University of East Anglia a Norwich, nonché uno dei maggiori esperti internazionali in materia di punitive damages, ci ha fornito qualche delucidazione su questo istituto – al momento poco noto nel nostro ordinamento – e delle sue implicazioni nei sistemi di Common Law e di Civil Law.
ESPOSITO E MEZZASALMA: Come definire l’istituto dei danni punitivi, e su quali principi si basa?
BANAKAS: È un risarcimento in danaro, disposto da una corte in caso di un qualche illecito: la vittima ottiene la somma non solo a titolo di risarcimento, ma anche in quanto pena comminata all’autore del danno per aver commesso un illecito. L’istituto si fonda su una punizione, non già fine a se stessa, ma esemplare, cosicché in futuro le persone siano dissuase dalla commissione di illeciti analoghi.
E/M: I danni punitivi vedono la propria origine in sistemi di common law. Quanto è diffuso questo strumento nei paesi europei, e, soprattutto, si basa ovunque sulle stesse rationes?
B: Il punto è che il resto d’Europa segue una tradizione differente, per la quale il giudice civile non può infliggere pene: la pena afflittiva è competenza del giudice penale. Ne discende che, tradizionalmente, in Europa non si ammettono danni punitivi. Negli ultimi tempi il problema si è posto poiché si è sempre più spesso reso necessario riconoscere ed eseguire sentenze straniere, specialmente statunitensi o britanniche, in paesi europei: recentemente, ad esempio, si è verificato il caso di una corte spagnola che ha dovuto riconoscere una sentenza di un giudice texano che aveva comminato dei danni punitivi. Accade sempre più spesso e in questi casi i giudici non possono non affrontare la questione dei danni punitivi. Non possono fare a meno di chiedersi come riconoscerli, e, soprattutto, se il riconoscimento violi i principi giuridici di questi sistemi.
E/M: Secondo lei, su quali criteri andrebbe determinato l’ammontare dei danni punitivi?
B: Non c’è un criterio univoco. C’è chi sostiene che non possano superare di sette volte i danni compensativi, e chi crede che non dovrebbero mai superare l’ammontare del risarcimento (cosicché se si ottiene 1000, non potranno essere comminati danni punitivi per un valore maggiore di altri 1000). Il problema, in realtà, è che è molto difficile individuare regole sulle quali determinare l’ammontare dei danni punitivi. In Europa non accade spesso, ma allorché un giudice debba decidere se riconoscere ed eseguire o meno una sentenza straniera, il problema si pone: potrebbero decidere per una somma che possa considerarsi equa, proporzionata al torto subito dalla vittima.
E/M: È possibile che questo strumento degeneri, diventando addirittura ingiusto? Potrebbe addirittura causare danni ai propri destinatari?
B: In un certo senso, se tu commetti un torto, la legge ne commette uno nei tuoi confronti. I danni punitivi sono per definizione qualcosa di spiacevole per il loro destinatario, e in tal misura questi danneggiano chi deve pagare. Per quanto riguarda l’ingiustizia, probabilmente le legislazioni tenteranno di regolare questo strumento e i casi in cui può venire utilizzato in maniera molto rigida, sicché non si verifichino abusi e soprusi.
E/M: Possiamo aspettarci sviluppi futuri dalla materia dei danni punitivi? Se sì, quali?
B: Un famoso giocatore di baseball americano diceva: “È difficile fare previsioni, specie riguardo al futuro” (ride). Personalmente sospetto che – vivendo in un mondo sempre più globalizzato, soprattutto dal punto di vista del fenomeno finanziario, nel quale il common law ha un’influenza sempre maggiore e tenendo conto che i danni punitivi sono un istituto caratteristico di questo sistema – ci saranno sicuramente degli sviluppi. Probabilmente nel campo dell’ambito applicativo, che ben potrebbe essere sottoposto a precise delimitazioni.