A cura di Chiara La Monaca-
Dopo l’ultimo attentato di New York, Rita Katz in un tweet ha svelato che nel giornale dell’Isis Rumiyah era “annunciato” un attacco nella Grande Mela: in una foto compariva un furgone con, sullo sfondo, una scena della parata del Thanksgiving Day. Altro indizio, nello scorso mese di agosto, è comparsa la foto di un sostenitore dell’Isis che mostrava, sul proprio cellulare, una bandiera dello Stato Islamico in piena Manhattan. Ma chi è esattamente Rita Katz? È la fonte di quasi tutto quello che arriva in Occidente, in termini di notizie, sul terrorismo islamico. Il suo terreno di caccia è il Web. Nata a Bassora (Iraq) da una famiglia ebraica, quando aveva cinque anni suo padre fu arrestato dagli scagnozzi di Saddam Hussein con l’accusa di spionaggio in favore di Israele; poi fu torturato e impiccato nella piazza centrale di Baghdad. Per l’occasione, Saddam organizzò pullman gratuiti dalla provincia e allestì accanto alla forca un palco dove si esibivano un gruppo di ballerine. La madre riuscì a fuggire in Israele, dove Rita Katz ha studiato all’università di Tel Aviv e svolto il servizio militare. Parla arabo ed ebraico, e benché da sionista convinta ha più volte dichiarato che un ebreo non deve lasciare Israele, ha poi seguito suo marito negli Stati Uniti. Ed è proprio lì che prima entrò come ricercatrice nell’istituto sul Medio Oriente, e poi si mise in proprio fondando SITE, un’agenzia di analisi del terrorismo, che si occupa di monitorare le attività degli jihadisti online ed è la fonte più autorevole per valutare l’autenticità di forme di propaganda o video dell’Isis. Questi ultimi infatti portano una scritta blu e arancione in alto a sinistra: “SITE“, acronimo di Search for international terrorist entities. In passato si infiltrò in alcune formazioni terroristiche presenti negli Usa e raccolse preziose informazioni che passò all’FBI. Da allora, collabora stabilmente con le autorità investigative e con la Casa Bianca, alla quale consegnò nel 2007 l’ultimo video di Osama Bin Laden. SITE in origine era senza fini di lucro, ora è finanziato dai servizi di intelligence Usa. Nei suoi uffici di Bethesda, a nord-ovest di Washington, scandaglia 24 ore su 24 il Web alla ricerca di post e documenti dei jihadisti. In pratica, tutti i filmati con le minacce fatte dall’Isis, sono passati sui suoi computer prima di essere girati ai media di tutto il mondo. Per questo, c’è chi accusa Rita Katz di fare risonanza mediatica proprio a quel terrorismo che dice di voler combattere, e di creare inutili allarmismi. Accuse alle quali ha risposto così: <<La nostra abilità nel trovare così in fretta i materiali jihadisti non dipende dalla fortuna. Tracciarli è una scienza>>. Rita Katz è anche accusata di essere una spia del Mossad, il servizio segreto israeliano, ma non esistono prove. Da tutto questo può emergere un’immagine ambigua: che una presunta spia del Mossad, retribuita dagli Usa, sia l’unica fonte mediatica sull’Isis, e detti le dinamiche mondiali sul terrorismo. Proprio ora che un canale del social network Telegram legato all’Isis, avrebbe indicato il nostro paese come prossimo obiettivo, occorrerà dotarsi di un proprio organo di filtraggio? Intanto ai giornali italiani basta dire: <<lo dichiara Rita Katz di SITE>>. Una specie di Simon Wiesenthal del XXI secolo o una potente e ambigua arma di propaganda? Forse entrambe le cose.