L’urbanistica consensuale, un caso emblematico: stazione Tiburtina

Di Raffaele Russo-

Con la collaborazione del Prof. Paolo Urbani

 

L’elaborato “L’urbanistica consensuale, un caso emblematico: stazione Tiburtina” ha ad oggetto lo studio volto a dimostrare come la Pubblica Amministrazione attua, mediante lo strumento consensuale utilizzato in alternativa al provvedimento, le sue scelte relative all’assetto del territorio. È sempre più comune, cioè, che le modalità di agire ordinarie della PA, caratterizzate dall’autoritatività, siano sostituite da una condotta contraddistinta dall’apertura a negoziare e, conseguentemente, co-determinare con il privato l’esercizio delle potestà urbanistiche. Tale inversione di tendenza si deve, principalmente, alla concretizzazione di quanto previsto dalla L. n.241/1990 e precisamente dall’art.11, secondo il quale “lamministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo”. In conseguenza di ciò, nel gergo ricorrente degli “addetti ai lavori” e della dottrina giuridica, sono emerse le locuzioni “urbanistica contrattata” o “consensuale”, fonti di annose diatribe. La facoltà di applicare la previsione normativa dell’art.11 in ambito urbanistico sarebbe stata, secondo dottrina eccessivamente formalista, apparentemente compromessa dalla lettura congiunta con il successivo art.13 della menzionata legge. Una rigida lettura di tale disposto normativo, infatti, avrebbe determinato l’impossibilita di applicare le norme contenute nel Capo III della L.241/1990 in caso di attività preordinata all’emanazione di “atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione”, ostacolandone del tutto l’applicazione in tale settore. Di contro, perseverante e più avveduta dottrina, ha messo in chiaro che la norma in questione non si risolve in un’assoluta ed incondizionata restrizione per i soggetti pubblici di negoziare con i privati le prescrizioni aventi ad oggetto l’ordinato assetto del territorio, non creando, infatti, alcun ostacolo all’opportunità che possano esser previste delle forme di partecipazione privata, sia in termini ideativi che economici.

Paradigmatico, in tal senso, è il caso del progetto riguardante la stazione di Alta Velocità di Roma Tiburtina e gli accordi alla base della sua realizzazione, i quali hanno avuto come attori principali il comune di Roma e le Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. L’iter realizzativo di tale imponente opera e, in generale, il processo di pianificazione della rete ferroviaria, pone le sue radici negli anni Novanta, fondandosi, infatti, sulla L.15 dicembre 1990 n.396, recante norme in merito a “Interventi per Roma, capitale della Repubblica”. Per mezzo di tale legge e del successivo “Programma di interventi per Roma Capitale” contenuto nel Decreto Ministeriale del 1° marzo 1992, sono state individuate, infatti, “le finalità strategiche legate alla realizzazione di un sistema di trasporto integrato a scala urbana e metropolitana, basato sulle reti di ferro e interconnesso con le direttrici della mobilità nazionale ed internazionale. È stato questo, dunque, il terreno normativo e regolamentare che ha preceduto la sottoscrizione dell’Intesa del 7 febbraio 1994 tra Regione, Provincia, Comune e Ferrovie dello Stato S.p.A. In tale prospettiva, il potenziamento e la riqualificazione di aree come quelle della Tiburtina hanno assunto un valore strategico fondamentale in quanto a portata e centralità dell’opera, dal punto di vista delle risorse impiegate, ma anche da quello della sua localizzazione. Essa, infatti, sorge tra due quartieri romani densamente popolati, Nomentano e Pietralata, da sempre geograficamente separati dalla ferrovia, in una zona direttamente collegata alla viabilità principale e autostradale. I molteplici interventi che hanno avuto ad oggetto la pianificazione delle aree ferroviarie romane (Tiburtina, ma anche Trastevere, Ostiense, Quattro Venti e San Pietro), hanno consentito il recupero di aree di focale importanza, non solo per la città ma anche e soprattutto per chi la popola. Recupero di luoghi abbandonati, talvolta degradati che, a seguito dei progetti di riqualificazione urbana, hanno dato luogo a miglioramenti infrastrutturali (nuove strade, piazze, parcheggi, aree attrezzate a verde pubblico), ma anche nuove costruzioni private dedicate ad attività commerciali, ricettive, direzionali e terziarie. La realizzazione della stazione Tiburtina, principale hub ferroviario romano assieme alla stazione di Roma Termini, si coniuga con una serie complessa di interventi infrastrutturali che, integrando la progettazione del nuovo sistema ferroviario con quello viario, si caratterizza per alcuni tratti salienti:

– in primo luogo, la “Convenzione per la prima attuazione delle previsioni del Piano di Assetto per la riqualificazione urbanistica e funzionale dellarea della stazione Tiburtina di Roma”, stipulata in data 23 dicembre 2005 tra Rete Ferroviaria Italiana e Comune di Roma, principale fonte regolatrice dei rapporti intercorrenti tra i due attori principali, disciplinante i doveri intercorrenti tra le parti ai fini della riqualificazione dell’Atrio Nomentano, dell’Atrio di Pietralata e la costruzione della Piastra Ponte;

– in secondo luogo, l’appalto posto in essere da RFI dell’esecuzione degli interventi disciplinati dagli accordi (il progetto vincitore del concorso internazionale per la realizzazione della nuova stazione alta velocità Tiburtina è stato realizzato dallo studio “ABDR Architetti Associati”, guidato da Paolo Desideri ed è stato proclamato vincitore del premio Eurosolar nella categoria “Architettura e Urbanistica solare”);

– in terzo luogo, infine, la predisposizione di una serie di accordi, redatti dal comune di Roma e Rete Ferroviaria Italiana, aventi il fine di disciplinare il rapporto di scambio tra la vendita gratuita al Comune delle aree ferroviarie di risulta, l’attuazione dei lavori di viabilità a carico della Rete Ferroviaria Italiana e l’assegnazione di diritti edificatori, in variante alle prescrizioni del Piano Regolatore Generale, su territori di proprietà di RFI riservati ad una successiva alienazione. Proprio tali operazioni, portate a termine principalmente nel cuore del rinnovato quadrante est, sono state concluse con BNL Gruppo BNP PARIBAS Real Estate, che ha assicurato all’ente ferroviario il recupero di una quota parte delle somme destinate alla realizzazione degli interventi riguardanti l’area ferroviaria, i servizi e le infrastrutture circostanti di sua competenza (circa il 50% degli interventi effettuati, aventi il valore di ben 155 milioni di euro) consentendo, in tal modo, il conseguimento della valorizzazione immobiliare delle aree non più funzionali all’attività ferroviaria. Mediante l’utilizzo dello strumento del consenso, pertanto, è stato reso possibile lo scambio tra concessione di volumetrie e la realizzazione di infrastrutture pubbliche: le prime allo scopo di favorire l’investimento dei privati, alleggerendo la loro posizione, le seconde al fine di dare soddisfazione al pubblico interesse, garantendo il miglioramento dei luoghi ed un più alto livello di dotazione di servizi pubblici. “Il potere è sempre negoziabile, sempre negoziabile, e non c’è potere più negoziabile di quello della pianificazione del territorio”. Queste le parole con cui il celebre giurista Mario Nigro, redattore della legge 241/1990, chiudeva un convegno negli anni Ottanta del secolo scorso, espressioni che in data odierna appaiono più attuali che mai. L’amministrazione contraente, pertanto, avrà sempre il dovere di improntare la propria azione alla garanzia del rispetto del pubblico interesse nelle singole operazioni frutto dell’incontro di volontà tra soggetto pubblico e privato. Essa, però, non dovrà perdersi, nella misurazione degli interessi in gioco, nell’accanita ricerca della sinallagmaticità dell’operazione posta in essere in quanto dovrà considerare il profitto del privato come un’ulteriore regola del gioco.

 

 

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